JUNGKOOK
Vedere lo sguardo di quel ragazzo mi aveva stravolto la vita. E non lo dico solo perchè, già dal primo sguardo, mi sono reso conto di quanto bello fosse.
Il punto è che Jimin era così simile a lui che mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo.
Avevano gli stessi occhi (anche se sono ben consapevole che erano solamente delle lenti a contatto), la stessa personalità combattiva e lo stesso modo armonioso di muoversi.Mi è stato così facile iniziare a conversare con lui che sono arrivato al punto che non volevo più smettere. E non parliamo del momento in cui ho scoperto che si era appena trasferito all'appartamento di fronte al mio, perchè, diciamocelo, non ci ho praticamente visto più.
Jimin era riuscito, in un solo giorno, a tirare fuori il "vecchio me", ovvero quello che avevo deciso di nascondere.
Perchè è stata solo colpa di quel "vecchio me" se lui è sparito per sempre...
Ed ecco perchè non volevo ritirarlo fuori di nuovo.
Eppure avevo la sensazione che Jimin ci sarebbe riuscito ancora altre mille volte.*******
Era mercoledì mattina. Ore 8.55.
Ero seduto nella classe di astronomia in attesa dell'inizio della lezione con il classico cappuccio nero a coprirmi il capo.Ma poi lo vidi entrare dalla porta.
Era quasi etereo. Indossava un paio di jeans neri, un maglioncino bordeaux ed aveva i capelli perfettamente in ordine.
E, dio, non riuscivo a smettere di fissarlo...Arrivò vicino ai nostri banchi e si sedette con calma sulla sedia affianco alla mia, rivolgendomi, poi, un sorriso quasi caloroso.
Inutile dire che non appena questo successe mi tolsi il cappuccio praticamente all'istante.
Insomma: che senso aveva tenerlo con lui se lui aveva già visto chi ero veramente?Ormai, dopo che sono stato me stesso il giorno prima, non aveva più senso fingere con Jimin.
"Ma come? L'hai già tolto? Pensavo di dovertelo tirare giù con la forza mentre non guardavi" mi disse lui in tono sorpreso, rivolgendomi un'occhiata divertita.
"Lo rimetto se ti fa sentire meglio" gli risposi io quasi con aria scocciata.
"No, stai meglio così" mormorò lui in risposta, abbassando, solo per un secondo, lo sguardo sulle sue mani posate sul banco.Io rimasi a fissarlo quasi rapito, incontrando i suoi occhi azzurri nel momento in cui rialzò la testa.
Rimanemmo lì a guardarci per qualche secondo in silenzio, non percependo assolutamente quella situazione come imbarazzante.Non lo so, forse avevamo bisogno tutti e due di essere guardati così...
Fu solo dopo qualche secondo che interruppi quel contatto visivo che mi stava facendo tremare le gambe, chiedendogli subito dopo: "Come va nel nuovo appartamento?".
"Mi sono ambientato in fretta. Anche se ho fatto un sogno piuttosto strano stanotte. Ma, sinceramente, spero non sia colpa dell'appartamento" mi rispose lui in tono divertito.
"Che hai sognato?".
"Non mi ricordo tutto, però ho impresso nella memoria il ricordo di me che lavoravo in una pasticceria e mi divertivo a fregare i dolci alla fine del mio turno" mi disse in tono un po' imbarazzato, riabbassando lo sguardo e decidendo di tirare fuori dal suo zaino un blocco appunti ed una penna."Voglio fare anche io sogni del genere. Ti prego, insegnami" gli risposi in tono serio, ottenendo come reazione una risata piuttosto sguaiata da parte sua.
"Non credo di potertelo insegnare, effettivamente. Non controllo i miei sogni".
"Però dicono siano cose che si basano sulla nostra vita, no?".
"Non sai quanto sia vero..." mormorò lui con un po' di malinconia, cercando di togliersi praticamente all'istante quell'espressione dalla faccia."Tu...non hai fatto sempre questo genere di sogni, giusto?" gli domandai allora, non sapendo nemmeno perchè stessi cercando di scavare così a fondo nelle parole di quel ragazzo.
Scosse leggermente la testa, iniziando a torturarsi le mani ancora posate sul tavolo."Ti svegliavi anche tu la notte urlando, eh?" gli domandai allora, avendo già ben intuito dalle sue parole precedenti che fosse così.
"Diciamo che anche io ho i miei scheletri nell'armadio. Esattamente come chiunque altro" mi rispose solamente, rialzando lo sguardo verso di me e rivolgendomi un sorriso di circostanza."Hai proprio ragione..." commentai amaramente, facendo un sospiro poco dopo.
"Sono...i tuoi scheletri nell'armadio che ti hanno fatto diventare...così?" mi chiese lui dopo svariati secondi, indicando il mio cappuccio al termine delle mie parole.
L'unica cosa che riuscii a fare fu annuire ripetutamente, ripensando, per la millesima volta, a quella serata che ha rovinato tutto. O, meglio, in cui ho rovinato tutto...Fu il rumore dei libri sbattuti sulla cattedra che mi fece rinsavire, notando il professor Kang posato con una mano alla sedia retrostante alla cattedra.
Ci salutò ed iniziò a parlare a ruota libera dell'argomento di quel giorno, facendoci appurare, qualche istante dopo, che fosse l'Orsa Maggiore."E, per finire, il vostro primo lavoro da aggiungere al portfolio per l'esame è osservare l'Orsa Maggiore e quella Minore, facendo una relazione aiutandovi con gli appunti di oggi.
Ovviamente dovete fare il tutto con il vostro compagno di corso.
La lezione, per me, è finita. Ci vediamo venerdì, ragazzi" concluse il professore, prendendo rapidamente il suo computer ed i fogli sparsi sulla scrivania ed uscendo dall'aula.Girai lo sguardo alla mia destra e vidi Jimin finire di mettere via le sue cose, alzandosi dalla sedia poco dopo.
L'unica cosa a cui riuscii a pensare in quel momento era che non volevo che se andasse...
E forse fu questo a spingermi a parlare."Per il progetto come ci sentiamo?" chiesi solamente, incontrando i suoi occhi per l'ennesima volta in quella giornata.
"Basta che bussi alla porta di fronte alla tua" mi rispose lui in tono divertito, facendo una risata poco dopo.
"Giusto. Allora busserò" gli dissi in tono un po' imbarazzato, principalmente dovuto al fatto che mi sentivo uno stupido per non aver pensato a questa soluzione da solo.
"Ed io ti aprirò, stai tranquillo. Ci vediamo, Jungkook".Iniziò ad incamminarsi, ma io non riuscii a trattenermi di nuovo.
Chissà cosa mi stava facendo quel ragazzo..."Jimin?".
"Sì?" mi chiese lui in tono sorpreso, rigirandosi di nuovo verso di me.
"Ci vediamo dopo" gli dissi solamente, accennando un mezzo sorriso.Lui annuì, facendomi notare, però, che l'avevo un po' preso in contropiede con quell'affermazione.
Fu solo quando lo vidi uscire dall'aula che mi chiesi una cosa: ci saremmo veramente visti quel giorno?
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•To feel alive {Jikook}•
Hayran KurguCOMPLETATA Jeon Jungkook vive a Seoul da quando è nato, e, fin dal suo primo giorno di liceo, è sempre stato il ragazzo più affabile e desiderato dell'intero istituto. Un giorno, però, le cose cambiarono. Da quella notte e dal giorno di quella perdi...