Taehyung p.5

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Tornai in Corea lasciando Jungkook dall'altra parte del mondo, in fondo avevo tenuto fede al patto che mi ero fatto da ragazzo, aiutarlo e stargli vicino da amico ... ora dovevo solo continuare ad amarlo da lontano, era semplice no.

Appena rientrato fui sommerso dal lavoro, eventi, concerti e interviste rimandate di mesi, tutti volevano sapere cosa avessi fatto, ma io gli dissi solo che avevo avuto bisogno di una pausa per problemi fisici e nessuno continuò più a far domande.
Per loro,  la cosa essenziale era che tenessi fede agli impegni e così feci, anche se avevo la mente altrove, occupata mio malgrado a chiedersi se i preparativi per il debutto di Jungkook andassero secondo i piani.
Avevo fatto il possibile per far si che lui potesse essere felice, perché tornasse a credere nel suo talento e speravo che andasse tutto bene.

Il suo disco sarebbe uscito il Primo Marzo, preceduto il 14 febbraio da un singolo, e quando mi chiamò pochi minuti prima del lancio per condividere con me il momento, finì a urlare con lui per la gioia che aveva addosso e negli occhi, per i giudizi positivi che i fan gli lasciavano e le critiche positive che riceveva da tutti.
lo non avevo mai avuto dubbi sul suo talento, ma i giudizi degli altri lo ripagavano dei sacrifici fatti e rendevano me fiero di lui.

Qualche giorno dopo arrivò un pacco al mio appartamento, io incuriosito lo scartai... e finì in ginocchio a piangere per quello che avevo tra le mani.

Un cd con la copertina rigorosamente nera e il volto serio di Jungkook.
Il suo nome in nero, che si intravedeva appena.

E poi una tela, poco più grande di un quaderno che ritraeva me, appoggiato ad un muretto ad osservare il mare.

Quando girai la tela e vidi ciò che aveva scritto, le mie mani strinsero quel pezzo di tessuto e legno così forte, che pensai di averlo rotto.
Semplici parole che mi fecero tremare il cuore.

Al mio Tae, per avermi reso ciò che sono.

Provai a calmare il respiro e stringendo al petto il quadro, scartai il cd.
All'interno, scoprì un foglio ripiegato e un piccolo post it che indicava il mio nome in cima ai ringraziamenti...

Il mio Grazie più grande va a Kim Tae Hyung, senza il suo sostegno e la sua fiducia in me, non sarei qui a condividere la mia musica, questo album esiste grazie a lui.

Quel dannato ragazzino, sta provando ad uccidermi, dissi a me stesso mentre le lacrime continuavano a bagnarmi il volto.
Aprì tremante il foglio ripiegato e lessi:

Caro Tae,
è la prima lettera che ti scrivo, ma il mio grazie era difficile da dire a voce.
Senza di te, io non sarei quello che sono, se non ci fossi stato tu al mio fianco io mi sarei perso tante volte. Grazie per esserti preso cura di me, non solo negli ultimi mesi, ma da sempre. Volevo che fossi il primo ad ascoltare il mio cd, perché è soprattutto il tuo.
Spero che il mio lavoro possa renderti orgoglioso di me.
Grazie per esserci sempre, mi manchi già.
Jk

Ps. Spero anche che non ti dispiaccia se quel giorno mentre eri impegnato a guardare il mare, ho deciso di dipingerti, eri così perfetto che sentivo il bisogno di imprimerti nella memoria del tempo.

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Io ero già orgoglioso di lui.

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L'uscita dell'album di Jungkook fu un successo tale, che la casa discografica andò in overbooking, non si aspettava di finire sommersa dalle richieste nel giro di poche ore, ma in fondo era Jungkook e io non mi aspettavo nulla di meno.
Saperlo apprezzato mi rincuorava, volevo che fosse felice e il suo manager e Susan lo avrebbero tutelato, lui era nato per essere una stella e ora poteva brillare.

Intanto io in Corea avevo un'infinità di cose da fare. Per tutta la primavera e l'estate avevano organizzato per me un tour di tutta l'Asia e per affrontarlo al meglio avevo decine di di prove da fare. Ero un po' fuori allenamento e mi toccava lavorare il doppio per rimettermi in pari. Anche se avevo optato per poche coreografie e tanti stage fissi, visto anche il taglio nostalgico emozionale che avevano le mie canzoni.

Quando il tour cominciò, il tempo libero che mi rimase fu quasi nullo, riuscivo a stento a chiamare i miei, mangiare, e raramente sentire gli amici e soprattutto Jungkook, lui che era in piena promozione del suo album e come me si trovava ogni giorno in una città diversa.
Mi mancava parlare con lui e a causa del fuso e dei continui spostamenti le chiamate duravano pochi minuti e finivano con i nostri sorrisi tristi e la speranza di avere più tempo.

Quando ad agosto Jungkook tornò in Corea dai suoi, io ero in pieno Tour in Giappone, avrei lasciato volentieri tutto anche solo per un abbraccio, ma il mio manager mi disse che non potevo spostare di nuovo le date o i miei  fan sarebbero rimasti delusi e quindi rimasi lì.
Durante quei giorni, una videochiamata di Namjoon mi accolse appena tornato in camerino, quando l'aprì c'erano Yoongi, Hobi, Jimin e Jungkook attorno ad un tavolo pieno di bottiglie che mi salutavano, agitai la mano come un cretino per salutarli e con gli occhi un po' lucidi gli dissi che mi mancavano tutti, erano stati la mia famiglia per tanto tempo, a volte mi capitava di incontrarli uno per volta, ma i ricordi che condividevo con loro erano qualcosa difficile da spiegare. Gli promisi che la volta dopo ci sarei  stato e con le lacrime agli occhi tornai in albergo.

Per il suo compleanno Jungkook era ancora in Corea, lo chiamai per fargli gli auguri, era in cucina con sua madre, a preparare una torta, sembrava così felice, non volevo disturbarli oltre, così salutai entrambi e tornai a fare il sound check.
Avrei voluto fare qualcosa di eccezionale, come Jungkook aveva fatto per me, ma non potevo, gli avevo solo mandato uno stupido regalo a casa, era una fotocamera Leica come quella che avevo da ragazzo, con cui lui mi scattava sempre le foto, l'avevamo
rotta durante un viaggio e rimpianta per tanto tempo.
Quando gliela spedii c'era solo una foto già scattata, era la mia con in mano il suo quadro, il me razionale si pentì di averla scattata, subito dopo, ma quello egoista e stupido rimise la fotocamera nel suo fodero, preparò il pacco per la spedizione e aspettò il corriere. Era l'unica cosa che potevo fare per lui e per me.

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Il tour finì due settimane dopo e dopo mesi tornai finalmente a casa.
Un paio di giorni prima aveva ricevuto un messaggio da Jungkook in cui mi ringraziava per il regalo, ne avrebbe approfittato per riprendere a scattare foto, ma dopo non lo avevo più sentito.
Sapevo che ora era lui quello che doveva preparare un tour e sicuramente avrebbe dato sangue e sudore per farlo al meglio.
Ci saremmo sentiti appena avrebbe avuto tempo.

Ma forse, Jungkook non aveva più tempo per me, a parte qualche messaggio e una chiamata di pochi minuti, non riuscivo più a parlare con lui, mi sentivo egoista, ma aveva cominciato a mancarmi il suono della sua voce. 
Quella mancanza aveva cominciato a corrodermi e quando non rispondeva alle mie chiamate mettevo il suo cd e con un quaderno nero tra le mani avevo ricominciato a scrivere le mie emozioni.
I miei impegni erano diminuiti e il tempo di restare da solo con la mia testa era aumentato.

... to be continued

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