Taehyung p.6

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Mi mancava.

Jungkook era tanto impegnato, lo sapevo benissimo, ma egoisticamente volevo che pensasse un po' anche a me, non mi bastavano quei rari messaggi che ci scambiavamo, mi mancava il suo sorriso, mi mancava guardarlo negli occhi, mi mancava.

Ogni tanto vedevo qualche vecchio amico, scambiavamo due chiacchiere,mandavamo giù qualche bicchiere e poi tornavo a casa, al mio divano, ai miei pensieri.
Passavo ore intere da solo in giro per Seul, coperto dalla testa ai piedi per passare inosservato, con una vecchia polaroid appesa al collo e la testa che vagava, per non pensare a niente.
Mi ero creato una routine anche nel mio vagare, mi svegliavo ogni mattina alle 10.00, facevo una doccia, mangiavo la colazione e scendevo di casa sempre alle 11.00. Avevo preparato un elenco dei quartieri da visitare, e ogni giorno chiamato un taxi mi ci facevo portare. Camminavo per ore fotografando soggetti a caso, poi compravo qualcosa da mangiare, e continuavo a camminare fino alle 18.00, poi richiamavo il taxi, e mi facevo portare a casa, ordinavo la cena, sceglievo un film triste, mi deprimevo sul divano e a all'una andavo a dormire.

Andai avanti così per un mese, fin quando non finì l'elenco dei quartieri da visitare e passai la mattina a guardare le foto che avevo scattato, avevo catturato solo persone felici, che paradosso pensai.

Un giorno a caso di inizio dicembre, uscii la mia auto dal garage e cominciai a guidare, era l'unica idea che mi era venuta, mi era sempre piaciuto guidare. Mi ritrovai al volante senza meta ... poi un po' per nostalgia, un po' abitudine, l'auto mi portò sotto il palazzo della BigHit o Hybe come si chiamava ora, in fondo continuavo ad essere uno degli artisti di questa casa discografica pensai. Parcheggiai nel garage sotterraneo, entrai in ascensore e tra gli sguardi sorpresi dei dipendenti, finì in sala ballo.
Era vuota, io non ci ero più andato da quando ci eravamo separati, mi guardai attorno per un po', non era cambiato nulla, poi la porta si aprì e la figura slanciata di un Namjoon trafelato, entrò dalla porta.

Namjoon aveva preso in mano le redini della Hybe da un paio di mesi, ma non mi era ancora capitato di incontrarlo in tale ruolo.
"Taehyung, che ci fai qui?" mi guardò un po' preoccupato, lui capiva sempre tutto.
"Niente un po' di nostalgia dei vecchi tempi, tutto qui." Mentii
"Certo è evidente, dai andiamo nel mio ufficio che parliamo un po' ti va?" mi disse, io chinai il capo e lo seguii per quei corridoi tanto familiari.
Si capiva che quello era il suo ufficio, con le pareti piene di quadri e le sculture ad inquadrare gli spazi, si sedette su una delle poltrone e mi fece segno di accomodarmi.

"E' bello vederti Tae, è da prima dell'estate che non ci incontravamo, sono felice che tu sia qui." Era sempre lui, il mio fratello maggiore, lui che non mi faceva mai sentire fuori posto.
"Già ho avuto tante cose da fare, è stato un periodo complicato. E' bello anche per me rivederti."
"E il periodo ora com'è invece, come stai Tae?" Già il periodo ora. Come stava il piccolo Tae?!?
"Non è un bel periodo, infatti ho ricominciato a scrivere canzoni." Non lo stavo guardando negli occhi, e solo che dovevo dirlo a qualcuno, non potevo continuare a tenermi dentro sempre tutto.
"E' solo che mi manca lui." Mi sfiorò appena il dorso della mano con la sua per farmi alzare lo sguardo, era preoccupato, lui si preoccupava sempre per me, e lo stava facendo ancora, non mi avrebbe giudicato.

"Mi sento così stupido Namjoon, sembro un ragazzino, ma mi manca Jungkook, mi manca la sua voce, a stento mi scrive e io mi sento morire." Gli dissi.
"Non sei mai stato stupido Taehyung, lui è parte di te, lo capisco che ti manca. Ma ora credo sia in un momento particolare della sua vita, e bisogna dargli modo di adattarsi e capire cosa vuole farne." Aveva la mano stretta nella mia e mi parlava piano, come ad un bambino, ma era meglio così. Io non parlavo gli feci solo un cenno del capo.
Lui continò: "Dobbiamo dargli un po' di tempo Tae, il nostro piccolo ha spiccato il volo, grazie a te, e ora deve capire come volare senza cadere." "Hai sempre vegliato su di lui da lontano, devi continuare a farlo, a tempo debito si farà sentire, sono certo che manchi anche a lui." La sua saggezza era qualcosa che ristorava e io ero felice di aver guidato fino a qui. Avevo le lacrime agli occhi, ma le ricacciai indietro: "Ci proverò" Mi uscì in un sussurro.

Kim Art Gallery  - TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora