LUI
Sbattei le palpebre per permettere ai miei occhi di abituarsi al buio.
Forse avevo dormito per un paio d'ore. Giusto il tempo di recuperare le energie dissipate nel fare l'amore con Sanem.
La mia Sanem.
Mi girai su un fianco. E la vidi. Dormiva di spalle.
Doveva essere davvero stanca. Erano giorni intensi per lei. Aveva imparato così in fretta ad essere la donna che era.
Dopo lo stage aveva cercato di recuperare alcuni esami. E aveva studiato praticamente ogni attimo libero. Ne aveva approfittato ad ogni pisolino di Bianca, ad ogni incursione di qualche ospite che badasse a lei.
Ma di notte non dormiva molto.
E di giorno perlopiù studiava, cucinava e si preoccupava per noi. Per la casa. E per tutto ciò che fosse doveroso.
Aveva dimenticato la vita sociale.
Ricordavo perfettamente la piccola Sanem. La migliore amica di mio fratello. Era sempre stata una bambina solare e dedita alla vita sociale.
Amava i suoi amici. Amava le strade del suo quartiere. Amava persino cimentarsi in giochi non appropriati ad una bambina della sua età.
Di colpo ricordai qualcosa che la mia mente nel tempo aveva rimosso.
Ero seduto sull'ultimo dei gradini di casa. Avevo affrontato un'ennesima lite con mio padre. E la remissività di mia madre non aveva giocato a mio favore.
Me ne stavo seduto in preda alla rabbia.
Osservavo quel gruppo di bambini nel mio cortile. Cercando di trovare calma all'ira che ribolliva dentro il mio animo.
Eric giocava in cortile con alcuni suoi amici. E c'era anche lei. L'unica bambina.
Sanem.
Mi venne incontro e si accomodò accanto a me. Proprio sull'ultimo di quei gradini.
Mi chiese se ci fosse qualcosa in me che non andava. E d'un tratto ricordavo perfettamente la fiducia riposta in lei. Non era sembrata troppo piccola per affidarle un mio cruccio. Non era sembrata troppo piccola per tirarmi su il morale.
L'avevo guardata e avevo riconosciuto nei suoi occhi la bontà dei suoi genitori. Erano occhi dolci e profondi. E grandi, incantevolmente grandi, per un viso di una bambina di soli cinque anni.
Mio padre mi fa arrabbiare le avevo detto, confessandole la verità.
Perché? Mi aveva chiesto, scrutandomi con uno sguardo sicuro oltre le sue ciglia lunghe.
Mi taglia fuori dalla sua vita, avevo ammesso senza alcun minimo imbarazzo.
Parlare con una bambina forse era facile. O forse i suoi occhi buoni erano così dolci da invogliarmi a fidarmi di lei.
Mi aveva risposto con un ampio sorriso.
Anche Eric e i suoi amici mi tagliano fuori, ma lo fanno per me, temono che mi possa fra male. Loro giocano sempre a calcio ed io sono una femmina e non posso farlo. O almeno così mi dice Eric. Aveva confessato senza nascondere un po' di malinconia.
Era riuscita a farmi affiorare un sorriso. La sua genuinità. Ma poi aveva parlato ancora.
Mi arrabbio, ma poi lo perdono, in fondo gli voglio bene.
Aveva concluso prima di battere ancora le sue ciglia e continuare a scrutarmi. Come se il suo sguardo potesse davvero giungere nelle profondità del mio animo e curarlo.