LEI
Abbandonai l'ufficio. Aspettai l'ultimo rintocco dell'ora e girai i tacchi senza remore. Volevo tornare a casa. Casa nostra.
Lungo la strada corsi un po': passi celeri e sicuri. Cercando di abbreviare la distanza con fretta. Perché ne avevo eccome di fretta.
Quando raggiunsi il pianerottolo, tirai un sospiro di sollievo. Infilai la chiave nella serratura e senza esitare spalancai la porta.
M'imbattei in una casa che sembrava aver assunto una sembianza del tutto nuova. Il tavolo- che fino a quel momento era apparso inanimato – era posizionato qualche metro più distante dal muro.
Era ben imbandito. Nel bel mezzo c'erano due candele profumate, a giudicare dalla scia che riuscivo ad avvertire. Una sorta di fragranza alla vaniglia.
Ad entrambe le estremità c'erano due piatti, due bicchieri, le posate (per due). E infine, a quell'invitante atmosfera, si aggiungeva una luce soffusa e un'ottima fragranza di cibo provenire dalla piccola cucina.
Mi sporsi un po' e notai Can di spalle, intento a biascicare qualcosa mentre leggeva un foglio bianco adagiato sulla superficie della cucina.
Entrambe le mani impegnate a gestire le stoviglie e i fornelli.
A giudicare dal fatto che non si fosse accorto della mia presenza, capii che probabilmente stesse cercando di preparare la cena seguendo una ricetta alla lettera. Continuava a lanciare sguardi obliqui al foglio, senza dimenticare di prestare attenzione ai fornelli.
Me ne stetti qualche secondo ad osservarlo. Era di spalle. E quella t-shirt blu fasciava perfettamente ogni singolo muscolo contratto dall'impegno.
D'un tratto piegò il foglio e lo infilò nella tasca posteriore dei jeans chiari.
Era difficile confessare a me stessa quanto anche solo osservarlo in cucina riuscisse ad accendere voglie spropositate in me. Voglie azzardate. Voglie che non avrei avuto il coraggio di confessargli.
Sanem smettila!
La mia coscienza, quella piccola flebile voce interiore, riusciva sempre a redarguirmi al momento giusto. O forse al momento meno opportuno. Dovevo ancora deciderlo.
Mi schiarii la voce e vidi Can voltarsi simultaneamente verso me. Mi studiò per qualche istante con sguardo divertito.
LUI
Mi prefissi un intento che sarebbe stato alquanto difficile da portare a termine. Dovevo reggere il piccolo segreto che stavo celando. Solo per posticipare ciò che ritenevo un regalo di fine serata.
Ma gli occhi indagatori di Sanem avevano probabilmente già colto la piccola menzogna riflessa nel mio sguardo.
La fissai per qualche secondo. Chiedendomi come fosse possibile che persino dopo il suo primo giorno lavorativo fosse così impeccabile.
"bentornato amore mio! "le dissi
E cercai di domare i pensieri che iniziavano ad aleggiare dentro di me. "che fai? "chiese con innocenza
"preparo la cena! "ammisi, omettendo un piccolo particolare, l'epilogo che avrei voluto dare a quella cena.
"vado a fare una doccia! "sorrise sin troppo entusiasta "ti aspetto qui! "le dissi mentre si allontanava
Mi presi quei minuti di tempo, per ultimare i dettagli. Cucinai un piatto tipico italiano: spaghetti alla carbonara. Ne assaggiai una manciata prima che fosse in tavola.
Le mie doti culinarie non si smentivano mai. Nemmeno quando navigavo in mari sconosciuti.
Mi accomodai e congiunsi le mani cercando di domare la voglia che avevo di rivederla. La vidi soggiungere dal corridoio. Indossava una maglia beige. Molto larga e corta sin sopra al ginocchio.