LEI
Sbuffai.
"va bene, va bene ... posso farcela!"mi ripetei Ero ferma qualche passo prima della porta.
Stavo per allontanarmi per la prima volta da Bianca.
Era giunto il momento che iniziassi a lavorare. E nonostante avessi esperienza, questa volta era diverso.
Al primo stage Bianca era sempre con me. Nel mio grembo. Ora invece ero costretta a fare una scelta. E la cosa non mi piaceva. Avrei solo voluto portare Bianca con me.
Non riuscivo a mettere a tacere le mie preoccupazioni. Ma in fondo avevo una consolazione.
Sarebbe stato solo per poco. Il tempo di racimolare i soldi perduti. Il tempo di riuscire a raccogliere un gruzzolo di soldi che potesse permetterci di sposarci e saldare i debiti per le ristrutturazioni.
Nelle ultime ventiquattro ore non avevo fatto altro che pensare al traguardo e non al percorso.
E così focalizzai nella mia mente, la navata che avrei percorso. Me, vestita di bianco.
Can, vestito da sposo. Attraente. Bellissimo. E con il suo sguardo innamorato. La marcia nuziale. I miei genitori emozionati. E la mia piccola Bianca testimone dell'unione dei suoi genitori.
Il matrimonio. Era il mio traguardo.
Can non avrebbe di certo continuato a spaccarsi la schiena per lavorare. Volevo trascorrere più tempo con lui. E per tale ragione, non ebbi scelta.
Varcai l'uscio di casa. Tirai un sospiro.
Non ci fu bisogno che aspettassi il taxi. Era già lì ad aspettare me. Opera di Can, pensai.
Giunsi in quell'azienda con pochi minuti di anticipo.
Firmai molti più moduli di quanto mi aspettassi. Apportai un numero indefinito di firme. E in tanto la mia mente affollata mi suggeriva di telefonare casa.
Ero davvero una mamma apprensiva?
Firmai alla svelta e anche un po' svogliatamente.
Subito dopo, un uomo basso, con dei baffetti neri come la pece, mi condusse al mio nuovo ufficio.
Provò a spiegarmi le direttive. Lo liquidai, ricordandogli che sapevo già cosa fare. Si congedò e ne approfittai per telefonare.
Mia madre era rimasta a casa con Bianca. Mentre mio padre era già di nuovo a lavoro.
La reazione dei miei genitori, dinanzi ad un ristorante nuovo e già fruibile, fu impagabile.
Ringraziai Can per aver reso la mia famiglia fiera di lui.
Lo ringraziai nello stesso modo in cui avevamo inaugurato il ristorante. Il parquet. Le scale. Il bagno.
Arrossii al solo ricordo.
Dopo essermi accertata che mia figlia stesse bene, telefonai anche a Can. Prima di riagganciare, lo salutai appellandolo futuro marito.
Non rispose sin da subito. Emise un risolino malizioso.
Non provocarmi, rispose poi e scoppiai a ridere.
In quell'istante lo stesso uomo di prima fece irruzione nel mio ufficio, accompagnato da un uomo alto e ben vestito.
Riagganciai alla svelta.
Proprio quando riagganciai mi resi conto che avevo finalmente il coraggio di ammettere, ad alta voce, quanto fossimo vicini al nostro matrimonio.