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Barbara
L'autostima. Quanti di noi hanno l'autostima e quanti di noi no? Quanti di noi sono sicuri del proprio corpo o del proprio viso e se ne fregano delle imperfezioni? Quante persone credono in loro stessi, quanti credono in quelle loro passioni? Io non lo so, perché non so cosa significa amare se stessi, non so cosa vuol dire la parola Autostima, perché si io come altri ragazzi non mi amo, non ho autostima, non credo in me stessa, quando ci provavo tutti mi prendevano per quella piena di se, vanitosa, che se la crede troppo, ma ero tutto l'opposto e lo sono tutt'ora, non riesco ad accettarmi, non riesco ad accettare le mie imperfezioni che gli altri mi fanno notare costantemente, ci sono persone che dicono di non piacersi ma che fanno di tutto pur di mettersi in mostra, di stare al centro dell'attenzione e fanno di tutto per screditare chi davvero si sente ogni volta uno schifo, che se non copre i suoi brufoli con del trucco non esce di casa, chi non fa foto al mare perché si vergogna del suo fisico sia ragazzi che ragazze. Ma quale sono i veri standard? Beh ve lo dico io; non esiste un canone di bellezza, ognuno é bello a modo suo, ognuno ha quel qualcosa di diverso che lo rende bellissimo, speciale, unico, il fisico perfetto non esiste, non esiste chi non ha un filo di pancia, non esiste chi non ha delle cosce perfette snelle. No non esiste. Noi siamo belli così come siamo che si fottino gli standard, ognuno è libero di fare ciò che vuole con il proprio corpo. 

È passato un mese da quando sono qui dentro, sto migliorando, lo dicono tutti, anche Dylan, ma io sento che qualcosa non va, che questa giornata è iniziata di merda e finirà di merda, me lo sento e forse non sono ancora pronta a tutto ciò, non so il perchè ma sento che sarà una cosa più grande di me, che non riuscirò a gestire, sento che questa cosa mi schiaccerà completamente.
Sono le sensazioni che provo e questa cosa mi sta preoccupando, sono da sola, Dylan è a scuola e oggi non ci sarà per pranzo quindo dovrò vedermela io.
Sento la porta aprirsi e mi affaccio per vedere che è ma rimango scioccata...non possono essere loro, non dinuovo, non ora, non qui, e non oggi.

<c-che ci fate v-voi due qua?> dico io guardando malamente quelli che ad un tempo erano i miei genitori.

<ma come? Non ci vuoi qui? Siamo pursempre i tuoi genitori ci stiamo preoccupando per te>  mi fanno uno sguardo innocente, ma io so che non sono sinceri, loro sono stati la causa in primis della mia malattia.

<no! Dovete andarvene! Io non vi voglio qui, abbiamo chiuso.> dico io, facendomi sempre più piccola nel mio letto guardandoli con terrore, non so cosa possa succedere, noto lo sguardo di quello che un tempo era mio padre e noto tutta la sua rabbia, mentre in quello di mia madre solo cattiveria, la cattiveria di chi non ha sentimenti, cazzo sono sua figlia, mi ha portato in grembo per 9 mesi, mi ha partorito, un legame ci dovrebbe pur essere...invece no. ZERO.

<Amore esci fuori, aspettami in macchina devo fare un discorso con Barbara> no. Non voglio rimanere da sola con un mostro come lui, so cosa intende quando dice la parola "discorso" e non voglio soffrire dinuovo, non oggi, non più, vedo lei andare via prendendo la sua borsa facendo finta di niente.

<bene...siamo rimasti io e te, era da tanto vero che non facevamo le nostre chiacchierate...però ora ne ho bisogno ho tanto bisogno di parlare con te.> Chiusi gli occhi, sapevo quanto male avrei provato, se non il doppio, era arrabbiato si vedeva, ma non per causa mia, ma per i suoi problemi, per la sua vita. Mi faccio indietro e scuoto più volte la testa in segno di disappunto, ho paura, troppo, so che non reggerei.

<ti prego...non farlo, fallo con le parole, ma ti pre-> il primo schiaffo, dritto in faccia, con rabbia, senza un sentimento buono verso di me, nulla.

Il secondo, il terzo. Mi prende per il capelli e mi strattona a terra, non posso reagire, è troppo forte per me, non riesco a reagire, non ci riuscirò mai, il primo calcio...dritto in pancia, come se nulla fosse, come se io fossi un sasso, o un pallone da calcio, come se fossi nulla.
Troppi calci, tanto da sfinire anche se stesso, oltre a me che non riesco a muovermi più e per finire, i pugni, quelli da me più temuti, non so perchè ma mi hanno fatto sempre più paura, quella sensazione di avere quelle mani in faccia mi mettevano ansia. Mi lascia li inerme distesa sul pavimento  gelido, andando via soddisfatto, l'unica cosa che ricordo sono le sue scarpe.

Nel pomeriggio...

Quella sensazione di caldo, quella sensazione di tranquillità, quella sensazione di protezione, questo è quello che sentivo ora, e non so perchè ma mi sentivo bene, solo che non riuscivo ad aprire gli occhi, li sentivo pesanti, e un dolore allucinante a tutto il corpo, emetto un gemito di dolore e sento subito la voce di Dylan.

<piccola mia... ei, sono io> lo sento, è preoccupato e lo percepisco. Mi alzo lentamente e finalmente apro gli occhi anche se con un po di fatica.

<Ti va di raccontarmi?> dice lui, e si lo racconterò, devo liberarmi.

<Mio padre...m-mi ha picchiato...l-lo facev-va sempre quando e-era arrabbiato> dico io sentendo il mio cuore spezzarsi, ormai tutto in frantumi, non so dove aggrapparmi se non a Dylan. Una lacrima scende lungo la mia guancia e lui la raccoglie prontamente.

<bastardo...io-io non so cosa dire, come può? Che merda è? Ma che uomo? Picchiare una donna? Sua figlia... no no Barbara dobbiamo reclamare qualcuno.> dice lui alzandosi e lasciandomi. Lo fermo e scuoto la testa.

<lui è più forte, non c'è via d'uscita, vincerebbe lui a prescindere> dico io sconfitta. Lui mi guarda tristemente e si accoccola dinuovo vicino a me baciando ogni punto del mio viso lesionato, facendo qualche carezza sulla mia pancia.

<mi sono spaventato, ho pensato al peggio, quando sono entrato e ti ho visto li mi sono sentito il mondo crollare addosso, davvero Barbara, non riuscirei a perderti, fai parte di me, e non potrei andare avanti, non più, tu ormai sei la mia ragazza, e voglio solo te.> dice lui guardandomi negli occhi, quel verde pieno di luce, rispetto al mio di azzurro, spento, senza la luce di una volta.
Gli bacio le labbra dolcemente e poi scoppio in un pianto liberatorio bagnando il suo collo e la sua maglia.

Rewrite The Stars||DarbaraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora