Capitolo 3

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"Se c'è un progetto di coppia, tu finirai sempre con l'ultima persona al mondo con cui vorresti condividere anche il tuo Kinder Bueno."


È il terzo giorno di università ed io non ne posso già più di svegliarmi alle otto del mattino.

Se c'è una cosa che proprio mi rende felice è dormire e svegliarmi riposata.

Non amo stare a letto fino a tardi, perché la mattina è il momento della giornata che più preferisco, ma svegliarsi troppo presto è una vera tortura!

Mi dirigo con passo lento in aula F, fregandomene se la professoressa ha già iniziato la lezione. Almeno so che Em è già in classe e mi ha sicuramente tenuto un posto a sedere vicino a lei.

Quando entro, però, rimango spiazzata.

Emma è vicino ad un'altra ragazza che non conosco ed io mi acciglio cercando di capire cosa posso aver fatto per essere messa così in disparte.

La professoressa non è nemmeno in aula, ma cosa più assurda Patrick mi fa un cenno con la mano di andare a sedersi vicino a lui.

Mi chiedo in quale bizzarro universo sia stata catapultata, poi ricordo: il lavoro di gruppo

Sbuffo tra me e me, e prima di dirigermi verso il mio acerrimo nemico faccio un cenno di saluto ad Afro che ricambia con un ghigno divertito.

Alzo gli occhi al cielo in tutta risposta, aspettando che i ragazzi si alzino per farmi arretrare verso Patrick.

Mi siedo con un tonfo e apro lo zainetto per mettermi gli occhiali da vista.

«Buongiorno anche a te, principessa».

Patrick si sporge appena verso di me e il suo profumo invade il mio spazio personale.

«Mantieni le dovute distanze», mi affretto a dire, un po' disorientata.

«Scusami, hai ragione. Ora prendo un trapano e divido i banchi», mi prende per il culo. «Se magari togliessi lo zaino potremmo stare tutti un po' più larghi, sai?»

«Io il mio zaino lo tengo dove mi pare», sibilo, riducendo gli occhi a due fessure.

«Comunque...», riprendo, cercando di calmarmi, «perché dobbiamo fare questa stronzata anche a scuola? Già è troppo dover venire a casa tua».

Vorrei controllarmi, ma la sua vicinanza e il suo odore mi fanno sentire un po' su di giri.

Mi ha sempre fatto questo effetto e non so perché, visto che con me è sempre stato uno stronzo patentato. Vorrei davvero provare indifferenza, ma non ci riesco proprio.

Sembro ancora la bambina di cinque anni che aveva una cotta per il suo bellissimo vicino di casa.

E lui nemmeno ora mi rende le cose facili, stuzzicandomi con le sue battutine.

«La professoressa ha detto che avrebbe ritardato, quindi di iniziare a conoscere il compagno con cui siamo stati messi in coppia per il progetto».

Il mio viso assume un aspetto ironico e le mie labbra si arricciano. «Giustissima idea», scuoto la testa, «se non fosse per il fatto che già ti conosco».

A questo punto Patrick alza il sopracciglio con fare curioso. «Tu mi conosci, eh?»

Lo guardo come se fosse un marziano, poi capisco cosa intende e sospiro.

«Hai ragione, io e te non ci conosciamo per davvero, ma continuiamo così, che stiamo facendo un ottimo lavoro».

Lui fa un fischio, fingendosi offeso. È rilassato sulla sedia, con le braccia incrociate sul grembo e un'espressione divertita in volto. È strano vederlo così, perché in tutti questi anni ci siamo sempre rivolti delle espressioni piuttosto accigliate.

Sarà lui la volta buona?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora