Capitolo 13 - LOUIS

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«Louis!» mio padre mi chiama e io, dopo aver urlato "un secondo", finendo di scrivere l'ultima frase della versione di latino che dovevo fare per domani, esco velocemente dalla mia stanza raggiungendolo in cucina. Lancio uno sguardo al salotto dove sembra sia scoppiata una bomba: le mie sorelle, giocando, hanno tirato fuori tutte le loro bambole, il castello riciclato e anche i miei vecchi animali e dinosauri di plastica, persino una delle mie vecchie macchinine telecomandate che ormai non funziona più. Quelle che si divertono di più sono le gemelline, ma anche Lottie e Phoebe amano passare del tempo con le più piccole anche se dicono sempre che "siamo grandi, non giochiamo più", sebbene non si lascino scappare neanche un'occasione per assecondare le gemelline.

Ridacchio quando vedo Phoebe prendere una barbie e metterla alla guida della macchinina, per poi, tenendo entrambi i giocattoli con una mano, iniziare a correre e fare sgommare la macchina.

Mio padre mi chiama di nuovo, così mi riscuoto e lo raggiungo.

«Ho ottenuto un aumento!» esclama, con un sorrisone. «Il signor Calder mi ha promosso a caporeparto. Mi ha chiamato e domani aggiorna il mio contratto».

«Papà! È fantastico!» dico a voce alta, sorridendo con lui. «Finalmente quel riccone ha aperto gli occhi!».

«Louis, ha sempre tenuto gli occhi aperti, ma l'azienda ultimamente è stata molto presa con affari internazionali ed esterni, perciò ha tralasciato quello che succedeva all'interno. Non è una persona cattiva, è un bravo capo. Ha tanto a cui pensare anche lui, non credere che si gratti la pancia tutto il giorno» mi rimprovera bonariamente mio padre.

«Sta di fatto che poteva promuoverti prima, con tutti gli straordinari che hai fatto» ribatto.

«Ci sono almeno mille persone che fanno straordinari come me» ridacchia, «non prendertela e pensa che ora puoi smettere di lavorare».

«No, papà. Ti do comunque una mano, mi piace lavorare al bar» dico, categorico. È la verità, dopotutto. Non smanio di certo per andare al lavoro e mi piacerebbe avere i sabati sera liberi, ma il pomeriggio il locale è tranquillo e le mie colleghe sono simpatiche. Mi trovo bene, non me la sentirei di lasciare il bar, anche se potessi.

«Allora riduci i pomeriggi che fai e vai agli allenamenti di calcio. E se vengo a sapere che fai di nuovo delle serate a lavorare invece di uscire con i tuoi amici, giuro che ti faccio licenziare» mi punta l'indice contro, «sei nel periodo più bello della tua vita. Non sprecarlo, okay?».

«Va bene, papà, ma prima vediamo di quanto ti aumenta lo stipendio» gli dico, abbracciandolo.

«Certo, tesoro» mi stringe tra le sue braccia. «Sappi che non devi prendere il posto della mamma e che sono orgoglioso di te. Fammi arrabbiare qualche volta, maledizione! Non essere sempre perfetto» ride e io con lui, anche se una mia lacrima di commozione bagna la sua maglietta all'altezza della spalla, dove avevo appoggiato il viso.

«Prendo quattro in greco ogni due per tre!» gli ricordo.

«Sì, ma hai sempre la media sufficiente, non hai mai avuto l'esame e hai pure nove in filosofia!» scuote la testa, mi lascia e scola la pasta, chiamando le mie sorelline e dicendo loro di mettere tutto a posto.

Alzo gli occhi al cielo, apparecchio la tavola e finalmente vedo uno spiraglio di luce alla fine del tunnel, quella minima possibilità di andare all'università e fare ciò che mi piacerebbe davvero, mi riprometto di non fantasticare troppo, perché non sappiamo se usciremo da questa brutta situazione economica o abbastanza in fretta da permettermi un'università, ma è comunque un inizio.

Sono ormai passate due settimane dal giorno dell'ottima promozione di mio padre. Non siamo diventati improvvisamente ricchi, né posso permettermi di abbandonare il mio lavoro, ma riesco a tenermi libero il sabato sera e il fine settimana, che è già tanto. Ho ripreso ad andare alle partite di calcio e riesco a entrambe gli allenamenti, perché mio padre è a casa qualche ora in più e può tenere le mie sorelline. Finalmente la mia vita sembra aver preso una direzione decente.

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora