Capitolo 8 - HARRY

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«Allora, solito bar oggi?» mi chiede El, mentre siamo in fila alle macchinette della scuola per prendere il caffè. Quel pomeriggio io ed El saremmo rimasti in città per un pomeriggio, per sistemare un po' gli appunti e scambiarci ciò che ci mancava. Era l'ultimo giorno prima di iniziare la sessione di studio intenso per filosofia, storia dell'arte e matematica. La morte. Manca una settimana all'inizio delle interrogazioni di filosofia e alla verifica di matematica, mentre dieci giorni a quella di storia dell'arte, ma quella secchiona di El ha già iniziato a studiare tutte e tre. Devo ancora capire come si studia matematica, in ogni caso.

«Sì, ovvio» confermo. «Sei andata a vedere in bagno la conversazione come procede?».

«No, vado dopo, guarda che coda che c'è per prendere il caffè. Bisogna correre subito, appena suona la campanella» sbuffa. «Ehi, guarda, sono Bebe e Maya» dice indicando le due ragazze al primo posto della fila.

Quest'ultima, sentendo il suo nome, si gira e ci rivolge un sorriso, accompagnato da un gesto che ci invita a raggiungerle. Saltiamo la fila e se Eleanor è a posto con questa cosa, io mi sento un po' in colpa per superare tutta quella gente.

Ci salutiamo e, dopo che El ha preso il suo caffè, restiamo accanto al calorifero per chiacchierare un po'. Scopriamo che sono nella stessa classe di Louis e anche di Josh e Stan, i famosi saccheggiatori di macchinette del nostro istituto.

«Stan, prendimi una Kinder Delice, per favore» urla Bebe diretta verso il suo compagno di classe, che annuisce e, dopo qualche spallata al distributore, riesce ad ottenere la merendina per poi lanciarla a Bebe che la prende al volo ridacchiando.

«Sei la solita scroccona» la rimprovera Maya.

«Oh, zitta primina» ribatte Bebe mentre addenta la brioche.

«Primina?» chiedo confuso.

«Sarebbe in quarta, ma ha anticipato di un anno» ci spiega la ragazza con la bocca piena.

«Ehi, non bullizzarla, anche noi siamo in quarta» dice El.

«Voi siete nell'anno giusto, lei ha voluto far la furba, vero?», a questa affermazione dell'amica Maya alza gli occhi al cielo esasperata e le dà una gomitata, rischiando di farle andare di traverso la merendina.

«Povera Maya», El abbraccia la ragazza fingendo di stare piangendo in un modo talmente carino e buffo che persino Bebe si scioglie in una risata.

La campanella di fine intervallo suona e torniamo tutti nelle rispettive classi, ma prima El va in bagno per controllare la conversazione con il ragazzo o la ragazza misteriosa.

Cerco di seguire la lezione di spagnolo, ma appena El rientra e si becca la ramanzina perché l'ora era già iniziata da cinque minuti, vedo che è abbastanza pallida. Le manca il suo solito tipico colorito roseo sulle guance. Non le do neanche il tempo per sedersi, che le chiedo cosa è successo.

«Allora? Tutto bene? Sembri un fantasma» le domando e cerco di non far trapelare la mia impazienza e curiosità, fallendo miseramente.

«Ehm, mi sa che ancora poco e siamo al capolinea» risponde in un sussurro.

«So che adori le metafore, ma ti prego, sii chiara stavolta» la supplico.

«Ha chiesto di fare un gioco in cui dobbiamo indovinare la sua classe e lui la nostra, c'era scritto "classico A"», la mia amica si gira verso di me e vedo un luccichio nei suoi occhi. «Che dobbiamo fare?».

«Tentare, ovviamente» mormoro. «Che c'è El? Il tuo spirito da ragazza romantica si tira indietro proprio al momento della verità?».

«No è che...», scuote la testa «È stato troppo semplice».

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora