Capitolo 14 - HARRY

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Sono a casa di Nick, tra di noi sta andando tutto bene, più o meno. Riesco a conciliare la relazione con tutti gli altri impegni, nonostante viviamo abbastanza distanti e devo per forza prendere il pullman per raggiungerlo, ci vediamo abbastanza spesso. Lo studio durante l'inizio di novembre non è intenso e siamo riusciti a goderci al massimo i pomeriggi passati insieme, in cui le preoccupazioni sono archiviate nelle profondità del cervello, lontane abbastanza da non essere ascoltate.

Ho la testa appoggiata sul suo petto e gli occhi socchiusi, mentre lui mi stringe a sé con il braccio. Vorrei che mi accarezzasse i capelli, ma stiamo insieme da poco più di un mese e non ho ancora preso confidenza abbastanza da fargli richieste che possano fargli pensare che io sia strano. Perciò mi limito a stringermi di più a lui e vedo che si è addormentato.

Alzo gli occhi al cielo. Avevo già capito che non era un genio e che avrei dovuto parlare chiaro, digli ciò che volevo senza mezzi termini, essere diretto. Sinceramente, però, detesto questa schiettezza, vorrei che mi capisse, che mi comprenda e che mi dimostri di essere sulla mia stessa lunghezza d'onda. È tutto meraviglioso, Nick mi piace tantissimo, è carino, dolce e rispettoso, ma non percepisco quell'intesa che avrei tanto voluto.

Questa sorta di incompatibilità si era rivelata anche nei primi momenti di intimità, risalenti pochi giorni fa. Eravamo arrivati a casa sua, deserta, i suoi genitori erano al lavoro e le pareti silenziose della casa pregavano di essere riempite con qualsiasi suono.

Avevamo iniziato a baciarci in modo molto diverso dalle altre volte: era stato un bacio passionale, ardente, che di certo non si sarebbe fermato a un semplice intreccio di lingue. Appena giunti in camera da letto, mi aveva tolto la maglietta di fretta subito dopo il mio cenno di assenso, aveva sbottonato i miei jeans e li aveva calati insieme ai boxer, senza smettere di baciarmi.

Mi ero sdraiato sul letto, mentre Nick si era sistemato a cavalcioni sopra di me, ancora completamente vestito. Gli avevo tolto la maglietta e sfilato la cintura dai passanti dei jeans, ma non ero riuscito a spogliarlo del tutto perché quando la sua lingua aveva iniziato a tracciare il percorso fino ad arrivare alla mia erezione, mi ero bloccato, perso nel piacere.

Nick aveva leccato il mio membro dalla base fino al glande e poi aveva cominciato a succhiare, facendomi gemere rumorosamente. Era la prima volta che ricevevo un pompino e le voci dei ragazzi più grandi di me che dicevano che erano quasi meglio del sesso non avevano tutti i torti.

La bocca di Nick, aiutata dalle mani dove non riusciva ad arrivare, si muoveva esperta sulla mia erezione, come se lo avesse fatto altre centinaia di volte e questo pensiero mi aveva provocato una fitta di gelosia tale da passargli le mani nei capelli per dettare il ritmo dei suoi movimenti.

«Nick, sei-» un gemito proveniente dalla mia bocca aveva interrotto la frase a metà. A quel punto Nick aveva aumentato il ritmo, accogliendo nelle sue labbra il mio membro quasi per tutta la sua lunghezza. Era una delle mie prime esperienze sessuali, non avrei resistito ancora a lungo. Infatti ci erano volute ancora poche spinte, affinché io gli dicessi, tra gli ansimi e i suoni osceni che la sua bocca contro il mio cazzo emetteva, che dovevo venire.

Si era staccato e io lo avevo guardato supplicante, volevo che mi facesse venire così, perché non ero ancora pronto a del vero e proprio sesso, non me la sentivo ancora. Sapevo che avrebbe fatto male e non volevo concedermi a qualcuno che non amavo ancora o di cui non mi fidavo completamente, perché, per quanto mi trovassi bene con Nick, c'era qualcosa che mancava e che speravo sarebbe venuto nei mesi a venire.

«Non-» avevo sospirato, cercando di regolarizzare il respiro. «Non voglio fare già sesso, cioè non quello vero e proprio, quindi fammi venire, ti prego».

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora