Capitolo 26 - HARRY

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Sto mordicchiando il tappo di una penna, incastrato sul retro di essa mentre leggo e rileggo le frasi del libro di filosofia cercando di capirci qualcosa e ricordare la spiegazione della Ruggero, ma la mia mente ha preso la via per la tangente. Il pensiero di Louis deluso e ferito e le sue parole mi martellano nella testa incessantemente. Ormai lui è un chiodo fisso da quando il piccolo regista ha preso posto nella mia mente, tanto che, appena giro la testa verso la porta spalancata della mia camera, sembra che sia lì.

«Harry» la visione di Louis parla.

Da quando le visioni parlano? penso. Mi stropiccio gli occhi e vedo che non se ne va, anzi, mi si avvicina e ripete il mio nome.

«Ti devo parlare» dice, mi tocca una spalla e mi rendo conto in questo istante che è reale. Louis è davvero di fronte a me.

«Dimmi» sussurro, mi alzo e incrocio le braccia al petto, cercando di mostrare irritazione per la sua presenza, quando in realtà vorrei solo rifugiarmi in un suo abbraccio. Sono ancora arrabbiato, devo essere arrabbiato. Ha preteso di comprendere i miei gesti e ha fatto pure lo stronzo l'ultima volta che ho provato a farmi perdonare.

«Non avevo capito tutto il ragionamento di Eleanor» ammette scuotendo la testa.

Lo guardo scettico e quello sguardo dispiaciuto è una pugnalata al cuore. Ma non ho intenzione di cedere, non mi basta. «Se ci avessi lasciato spiegare, magari avresti capito subito».

«Lo so, ma ero arrabbiato e pensavo-».

«Pensavi cosa? Che avrei mai potuto obbligare El a mollarti solo perché ero cotto di te? Ho fatto l'esatto opposto» esclamo.

«L'ho pensato, sì» annuisce e allarga le braccia. «Ma sono qui a chiederti scusa, mezz'ora fa c'era Eleanor al Centro e mi ha spiegato tutto. Scusami».

Lo guardo, ma non faccio nulla mentre ripete "Scusa, scusa, scusa" come se fosse un mantra.

«Sono stato impulsivo, un coglione, lo ammetto, ma cerca solo di metterti nei miei panni: anche tu eri saltato a conclusioni affrettate quando ero uscito con Eleanor. È facile interpretare male i gesti e le parole, per favore Harry. Mi dispiace, non so come dirtelo in un altro modo».

«C'è un altro modo in cui me lo puoi dire» borbotto, mentre fisso il pavimento.

«Ovvero?» chiede stupito, con le sopracciglia alzate e la bocca leggermente aperta. I suoi occhi azzurri sono spalancati e si intravede chiaramente la sfumatura del blu delle sue iridi che circonda la pupilla. È bellissimo.

Fanculo, non riesco a rimanere arrabbiato con lui.

«Fammi i grattini e nessuno si farà male» dico, con un tono di voce che vuole essere minaccioso. Sento lo sguardo di Louis che scorre su di me mentre fisso il pavimento. Poi, con la cosa dell'occhio, lo vedo avvicinarsi a me. Mi prende le mani e china il capo per incrociare il mio sguardo. Alzo immediatamente la testa.

«Allora tutto a posto?» domanda esitante.

«Devi ancora farmi i grattini» borbotto buttandomi sul letto. «Poi forse sarà tutto a posto».

Louis scoppia in una risata e mi raggiunge. Saltando su di me. Letteralmente.

«Ahia!» urlo, «ma sarai scemo!». Mi massaggio il fianco indolenzito su cui si era lanciato.

«Non fare la checca, linguista» ride mentre si posiziona dietro di me e mi abbraccia stretto.

«Vaffanculo, così mi ammazzi» ridacchio, «non li voglio più i grattini» cerco di divincolarmi ma le sue braccia non mi mollano e, nel cercare di liberarmi dalla sua presa, finisco con il volto a due centimetri dal suo. Mi fermo immediatamente perdendomi nella bellezza del suo sorriso, delle piccole rughe a lato degli occhi, le labbra sottili curvate all'insù e gli occhi scintillanti, con una strana ombra di furbizia, tipica dell'infanzia, che lui non ha mai perso.

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora