Capitolo 29 - LOUIS

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Harry mi sta accarezzando i capelli e il venticello leggero percepibile sul tetto mi culla mentre mi dispero mentalmente per trovare un modo di motivare quello che avevo detto a mio padre riguardo a Harry.

Oggi è stato un errore, ho perso le staffe di fronte a lui, non potevo permetterlo, però mi è sembrato tanto dolce e determinato ad aiutarmi. Alla fine mi ero arreso, mi ero mostrato fragile e lo avevo odiato. Sono sempre stato abituato a mantenere il controllo sulle mie emozioni: al lavoro se ero irritato non lo davo a vedere, mascherando lo stress dietro ad un sorriso, ingoiavo un grido di frustrazione tutte le volte che i professori mi dicevano che potevo impegnarmi di più, nascondevo dietro a un bacio sulla guancia un pesante sospiro quando le mie sorelle richiedevano la mia attenzione e lasciavo scivolare dalle mie labbra sempre un "sì, certo" invece di far notare che ero stanco alle richieste di mio padre.

Invece, con Harry, non avevo sepolto un singhiozzo con un bacio, ma li avevo lasciati uscire tutti, insieme alla frustrazione, l'irritazione, la stanchezza, mostrandomi più nudo di fronte a lui di quanto lo ero stato la notte del suo compleanno.

«Devo dirlo a mio papà» dico, mentre fisso il cielo con la testa appoggiata alla sua spalla.

«Più che altro devi spiegargli perché non gliel'hai detto prima» mormora Harry.

«Quello che mi spaventa non è quello, non gliel'ho detto perché cercavo di capire quale fosse il mio orientamento sessuale» sospiro. «Non voglio che pensi che sono confuso».

«Tu hai trovato un termine per definirti?» mi chiede cautamente Harry.

«Non credo» gli rispondo sinceramente. «Mi piace gay, ma come termine a ombrello. Il problema è che lui sapeva che sono stato con El, dirgli di non darmi un'etichetta è difficile, posso dirlo a voi, ma con gli adulti, per quanta mentalità aperta possano avere, è diverso. Loro necessitano un'etichetta dove posizionarti».

«Spesso succede anche con i ragazzi» mi stringe di più a sé, girandosi verso di me. «Sii sincero e vedrai che andrà tutto bene».

Gli sorrido e lo bacio. Ha ragione o almeno lo spero.

La sera inizia a calare e il freddo diventa un po' troppo per restare in felpa all'esterno, perciò decidiamo di rientrare.

Scendo dal tetto aiutato da Harry e lo abbraccio, tenendolo stretto a lungo subito dopo essere rientrati in camera sua dalla finestra. Spero di poter ritardare all'infinito il momento in cui dovrò tornare a casa, vorrei davvero evitare mio padre e restare da Harry fino alla fine dei miei giorni, ma credo di aver capito che evitare la gente non è il metodo per risolvere i problemi.

Harry capisce al volo che sto procrastinando. «Lou, non ti preoccupare, capirà».

«Lo spero» mi mordicchio il labbro.

«Almeno così non mi vorrà più uccidere» aggiunge Harry.

«Che?» domando confuso.

«L'altro giorno mi ha chiesto gentilmente di sparire dalla tua vita a tempo indeterminato per evitare stress. È rimasto al fatto che mi dai ripetizioni» mi spiega grattandosi la nuca.

Scoppio a ridere. «Davvero? Questo fa di noi una sorta di Romeo e Giulietta, solo con in mezzo un libro invece del balcone?».

«Oh, Romeo, Romeo perché sei un genio e io uno scemo?» ridacchia Harry allargando le braccia.

«È stata una delle frasi più cringe che io abbia mai sentito» rido, nascondendomi la faccia tra le mani.

«Oh, sta' zitto, classicista» esclama Harry tirandomi a sé con un braccio per baciarmi di nuovo.

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora