Capitolo 9 - LOUIS

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Maledetto Louis, maledetto, maledetto! Sei un cretino! Mi ripeto nella testa insulti verso me stesso fino allo sfinimento. Perché diamine ho acconsentito a fare ripetizioni a Harry? Se dovesse chiedermi una mano più avanti, magari per tutto l'anno? Cosa dico a Stefano? Avrei un lavoro da fare, non posso stare dietro ad un ragazzo che non capisce nulla di una materia e pensare di spiegargliela costantemente intervallata da entrate di clienti o rimproveri del mio capo.

Per non parlare del fatto che sono pieno di verifiche questa settimana e dovrei studiare le mie di materie. So benissimo cosa mi ha fatto dire di sì e no, non sono stati gli occhioni verdi di un ragazzo disperato, ma la tentazione di poter avere un assaggio del lavoro che vorrei tanto svolgere e, maledizione, mi è piaciuto da matti. Avere la possibilità di spiegare tutti quei ragionamenti contorti e la soddisfazione nell'aver fatto capire a qualcuno quello che mi piace tanto è stato qualcosa di assolutamente meraviglioso, ho i brividi solo a pensarci.

Un'altra cosa da brividi è la conversazione che sta procedendo sul muro del bagno, tecnicamente è ancora guasto, ma io e la ragazza che scrive riusciamo ad entrare grazie all'uso di una moneta, dato che mi ha risposto, con lo stesso tentativo per indovinare la classe che avevo fatto io, ovvero "classico A". Avevo scritto "Sbagliato, Linguistico A?" e ora tutto ciò che devo fare è aspettare per la risposta. Ci sono otto classi tra classico e linguistico, basterà andare in ordine.

Adesso sono appena fuori dal portone della nostra scuola e sto aspettando Harry che esca dalla classe per poi andare a mangiare qualcosa e dargli ripetizioni, spero solo che non me le chieda anche per argomenti successivi, altrimenti sarò costretto a dirgli di no. Non voglio dire a qualcuno che conosco appena che lavoro tutti i pomeriggi e i finesettimana perché sono povero per via di una brutta situazione economica in casa, non voglio avere su di me uno sguardo di pietà. Non ci faccio niente con la pietà.

Harry mi raggiunge fuori dall'istituto dopo appena due minuti che lo aspetto e così andiamo a pranzare in una panetteria vicino al bar dove lavoro.  Lui si prende un trancio di pizza e io ordino la cosa meno costosa senza neanche sapere cosa sia, ma sembra abbastanza buona.

«Andiamo direttamente al bar?» gli propongo «Devo essere lì un po' prima, ma tu puoi sederti e mangiare in tranquillità».

«Sì, certo» acconsente.

Durante il breve tragitto, Harry mi dice: «Comunque non ti ringrazierò mai abbastanza, sei stato davvero una benedizione, dovresti fare il prof di filosofia».

Ridacchio un po', ma dentro di me cerco di non prendere troppo sul serio quelle parole e non intenderle come un incentivo per fare ciò che vorrei. Non posso andare all'università, non posso essere un professore, non montarti la testa. Mi ripeto queste parole in testa come un mantra, sperando che cancellino ciò che Harry mi ha confessato, ma non ci riescono.

«Mi piace la materia e basta» scrollo la testa, cercando di farla sembrare una cosa di poca importanza. «Ieri non ti ho chiesto chi hai come professoressa».

«Ho la Ruggero» mi risponde.

Rimango a bocca aperta. «Ma come? È bravissima a spiegare». È praticamente la mia professoressa preferita, spiega i concetti in modo strabiliante, lineare e chiaramente, è davvero difficile a non capire qualcosa con lei, ma capirlo con me.

«A quanto pare non quanto te, ti giuro che non capisco niente quando spiega» si stringe nelle spalle.

«Non posso essere più bravo di una prof, Harry» dico scuotendo la testa.

«Però ho capito con te e non con lei» ride.

«Sei strano, linguista, fattelo dire» gli rispondo con un sorriso. Nel frattempo, siamo arrivati nel retro del bar, dove c'è lo spazio per il personale. Ci sediamo ad un tavolo chiacchierando del più e del meno, mentre mangiamo. Il mio turno non inizierà prima delle 15 e abbiamo ancora un'ora e mezza. La parte che gli ho spiegato ieri era abbastanza semplice, un'ora e mezza era bastata, ma temo che ci vorrà molto di più per quella restante, di gran lunga più complessa.

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora