Capitolo 21 - LOUIS

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Detesto Marx. Lo odio. Le parole dei miei appunti e quelle del libro scorrono sotto i miei occhi senza che io riesca a capire nulla. Ho la testa talmente affollata dai miei pensieri che non riesco a ragionare. Meno di ventiquattro ore prima avevo baciato Harry e dire che non lo avevo voluto e non mi era piaciuto sarebbe stata una bugia.

Era la seconda volta che desideravo baciarlo. E questa volta lo avevo fatto sul serio e non ero ubriaco, lui aveva sorriso e aveva ricambiato, ma dopodiché eravamo tornati a ballare e lo avevo perso di vista, nonostante lo avessi cercato fino alle cinque del mattino, quando la discoteca aveva chiuso e noi tornavamo a casa.

Appena oggi mi sono svegliato gli avevo proposto di vederci faccia a faccia per sistemare la situazione o per lo meno chiarirla. Mi aveva praticamente supplicato di farlo per telefono, ma non avevo intenzione di parlargli con un marchingegno elettronico di mezzo. Chiamatemi pure tradizionalista, ma dovevo vederlo a quattrocchi.

Il problema era quel maledetto filosofo che dovevo per forza iniziare quel giorno, siccome appena saremmo rientrati a scuola la nostra professoressa avrebbe interrogato e non c'era bisogno di giocare ad indovina chi per sapere chi era stato il genio a proporsi al primo turno come sempre, fiducioso nelle sue capacità, che lo stanno abbandonando proprio ora.

Sbatto la testa sulla scrivania, imprecando contro quel maledetto barbuto. Non vedevo l'ora che arrivasse Harry per mettere fine al turbinio di pensieri che mi affollavano la testa, così avrei chiarito e forse avrei iniziato a comprendere ciò che io stesso avevo scritto.

Sento bussare e, con la fronte ancora spiaccicata sugli appunti, urlo un "entra".

«Ciao Lou» Harry mi saluta imbarazzato e io ricambio degnandomi solo di girare la testa nella sua direzione, senza alzarla. «Tutto bene?».

«Sono un fallimento» mormoro, mentre le pagine a contatto con la mia guancia si muovono. «Non capisco niente».

«Benvenuto nel mondo dei comuni mortali, classicista» ridacchia Harry e il suo precedente imbarazzo sembra affievolirsi leggermente.

«Ma perché io voglio andare a fare filosofia se non capisco Marx?» dico, pensandolo veramente. Quel filosofo era importantissimo ed era fondamentale che lo capissi e lo spiegassi perfettamente. Ero riuscito a fare Hegel quasi ad occhi chiusi, maledizione!

«Ehi» dice Harry, avvicinandosi a me, quando capisce che sono serio. «Ti basta solo qualche letta in più, non puoi mica pretendere di capire tutto al volo».

«La mia vita è un pendolo che oscilla dalla noia al dolore, Harry, ci scommetto che non lo capirò» borbotto, guardandolo negli occhi, dato che si era accucciato alla mia altezza, che avevo ancora il volto sul libro. Erano verdi e bellissimi, non biasimo il me del passato per aver desiderato baciarlo, Harry era davvero un ragazzo meraviglioso. E la sua personalità unica e dolce lo rendeva talmente speciale, facendolo apparire ancora più bello, se possibile.

«Hai già citato Hegel, sei sano» ridacchia scuotendo la testa e facendo oscillare i ricci da una parte all'altra. Rimango incantato dalla visione, voglio baciarlo, ma questo non mi trattiene dal correggerlo.

«È Schopenhauer» ribatto.

«Visto? Mi hai pure corretto! Vedrai che capirai tutto alla prossima lettura» mi sorride, poi lentamente le sue labbra si rilassano, facendo scomparire le sue fossette con mio grande disappunto. «Non penso che tu mi abbia chiesto di venire qua per filosofia, però».

«No, infatti» dico, alzandomi e sedendomi sul letto, mentre Harry mi imitava.

«È per ieri» annuncio, ma lui mi interrompe.

Standing in the place of you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora