Alice
Ho sempre amato le storie d'amore, fin dall'inizio dell'adolescenza ne ho lette, consigliate, rilette e sottolineate un'infinità, immergendomi sempre nelle vicende e nelle vite degli altri.
Insieme ai grandi classici letterari e alla poesia più alta, infatti, mi sono sempre ubriacata di romanzetti rosa, forse da quattro soldi, ma che irrimediabilmente mi hanno sempre catturata e tenuta incollata alla pagina fino alla fine del romanzo.
Ho divorato pagine e pagine di carta, vivendo di volta in volta quegli amori fittizi che, nei miei ventidue anni di vita, non ho mai avuto il coraggio di vivere perché ho sempre creduto che solo nella finzione letteraria si potesse raggiungere quel livello di trasporto e amore totalizzanti, proprio perché nulla è davvero reale, ma tutto è idealizzato e i problemi e le contingenze della vita quotidiana non esistono.
Ho sempre voluto e sognato di vivere una di quelle storie, perché le trovavo perfette e mi assicuravano un lieto fine quasi sempre scontato.
Eppure, a guardare indietro ai mesi appena passati e alla storia che sto costruendo e vivendo con Edoardo, le contingenze della vita reale non mi possono che sembrare necessarie: le tensioni per gli esami, il lavoro di Edoardo, le incomprensioni scatenate dalla sua ex e tutte le piccole cose di una vita normale e per nulla fuori dagli schemi non hanno fatto altro che arricchire quello che c'è tra di noi.
L'esserci l'uno per l'altra, infatti, nei momenti anche di maggiore "realtà" non ha fatto altro che farmi innamorare ancora di più di lui, perché proprio quegli istanti me l'hanno fatto sentire non solo vicino, ma anche irrimediabilmente reale, vivo, umano, cosa che mai nessuna storia mi aveva fatto provare.
Non posso che esserne contenta.
Soprattutto adesso che lo sto guardando, con la pelle intorno agli occhi tirata e uno sguardo afflitto, mentre aspetto che mi dica quello che lo turba – e che posso immaginare – e che ovviamente riguarda quella modella, non posso che pensare a quanto sia fortunata a dividere ansie e preoccupazioni con lui.
Edoardo è silenzioso e sta giocando distrattamente con la tazza di tè che ha in mano facendola ruotare su se stessa; ha il capo abbassato e non incrocia il mio sguardo, come se avesse paura di guardarmi negli occhi e dirmi qualcosa che potrebbe farmi arrabbiare, o, peggio ancora per lui, soffrire.
Ma, se devo essere pienamente sincera, non sono preoccupata, o almeno non sono preoccupata di quello che comporterà quello stupido teatrino. L'unica cosa che mi dà veramente angoscia è ciò che potrebbe dare fastidio a lui.
L'ho letta sul suo viso quella preoccupazione che sembra attanagliargli lo stomaco, l'ho letta nel preciso istante in cui è entrato finalmente dalla porta di casa; mi ha rivolto, infatti, solo un accenno di sorriso tirato che non gli ha illuminato lo sguardo come succede ogni volta che mi sorride e mi si è stretto il cuore quando ha provato ad aprire bocca e gli è uscito quasi un rantolo, come se avesse fatto fatica a trovare le parole giuste, per evitare di urtare i miei sentimenti.
Solo a vederlo così, quasi perso e non sicuro di sé come è di solito, non ha fatto altro che farmi alzare di scatto dal divano, corrergli incontro e stringerlo tra le mie braccia, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo e inspirando a pieni polmoni il suo profumo, mischiato al freddo pungente della sera di febbraio.
Non abbiamo detto nulla, gli ho sfilato il cappotto dalle spalle mentre lui si è tolto le scarpe e poi l'ho portato in cucina mettendo su l'acqua del tè, come fa sempre mia nonna con me quando vede che qualche cosa non va.
"Alice, non c'è niente che un bel tè non possa risolvere", mi ha sempre detto e quindi eccoci qui, seduti ai lati opposti del tavolo: io in attesa, Edoardo alla ricerca delle parole giuste.
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...