Alice
La serata con Edoardo è trascorsa fin troppo in fretta: dopo la cioccolata abbiamo fatto una passeggiata per corso Garibaldi e ci siamo spostati verso Brera fino ad arrivare in Cairoli, al Castello Sforzesco, dove Edoardo ha tirato fuori la macchina fotografica e ha iniziato a scattare diverse fotografie, soprattutto alla sottoscritta, con buona pace della mia timidezza di fronte all'obiettivo. Ho provato più volte a dissuaderlo, a cercare di girarmi per non farmi prendere, ma lui è riuscito a scattare nei momenti giusti, cogliendomi sempre di sorpresa e giustificandosi ogni volta che lo rimproveravo con una semplice scrollata di spalle.
Non ha voluto farmi vedere una sola immagine, sostenendo che dovesse editarle, prima di farmele vedere, ma sono più che certa che invece si sia voluto risparmiare le mie richieste di cancellarle nel caso non mi fossero piaciute. Cosa non così poi improbabile visto il mio rapporto conflittuale con l'obiettivo: timidezza e insicurezza non sono proprio le migliori alleate per stare dall'altra parte della macchina fotografica e quando l'ho fatto notare a Edoardo, lui ha liquidato la questione sbuffando una risata e alzando gli occhi al cielo per poi avvicinarsi a me, stamparmi un bacio a fior di labbra e sussurrarmi, «Vorrei che tu potessi vederti bella come io vedo te in questo momento».
Scontato dire che mi si è annodato lo stomaco e sono arrossita di fronte alla sincerità e semplicità disarmante delle sue parole.
Sono stata così bene con lui che ora che mi sta accompagnando a casa vorrei che la serata non finisse mai, ma io ho un esame tra un paio di giorni e lui deve lavorare domani mattina. Devo essere sincera però, anche se non avessi niente da fare nei prossimi giorni, non so se mi sentirei pronta a invitarlo a restare a casa mia. Nonostante Edoardo sia straordinario e mi abbia più volte dimostrato quanto sia speciale, credo che invitarlo a restare da me sia un passo che non sono ancora pronta a fare. Non so nemmeno bene come dovrei comportarmi, vista la mia inesperienza, e ho paura di farmi una figuraccia a causa di questa cosa. So che Edoardo non mi giudicherebbe, o almeno credo da quello che ho potuto vedere, ma per ora mi sembra un passo molto più lungo della gamba e non voglio affrettare nulla. Credo e spero che, nel momento in cui mi sentirò abbastanza sicura e pronta, la cosa verrà più naturale di quello che penso.
Dio che disagio!
So di avere ventidue anni suonati e di essere ancora una novellina – viste le mie praticamente inesistenti esperienze con l'universo maschile – ma non ho mai trovato qualcuno per cui valesse la pena mettersi in gioco, non ho mai trovato nessuno che mi interessasse a tal punto da approfondire un rapporto e trovarmi nella situazione di volere qualcosa di più fisico. La mia inesperienza non è mai stata un problema, mai, un po' perché non ci vedevo e non ci vedo nulla di male ad aspettare il momento giusto e un po' perché non ho mai capito come molte persone vedano la verginità come qualcosa di cui sbarazzarsi in fretta e furia solo per lo sciocco motivo del «ma come: hai ventidue anni e sei ancora vergine?», come se la propria affettività e sessualità fosse qualcosa da spuntare entro i diciotto anni sulla lista delle cose da fare. Sinceramente devo dire che non ci ho mai pensato e non ho mai pensato che fosse qualcosa di cui imbarazzarmi ed ero sicura che nel momento in cui avrei dovuto trovarmi nella situazione di dire all'ipotetico ragazzo della mia verginità non sarebbe stato poi così imbarazzante.
Ingenua, ingenua, ingenua.
Non perché me ne vergogni, assolutamente, ma perché la mia indole timida e riservata non è proprio in linea con una confessione del genere. Dai, mi imbarazzo per un semplice complimento, come potrei non essere a disagio nel confessare una cosa così intima e privata?
Edoardo nota il mio improvviso turbamento e il silenzio che ne consegue, «Ehi Ali, che succede?», mi chiede fermandosi a pochi passi dal portone d'ingresso di casa mia. Mi fa voltare nella sua direzione, ponendosi di fronte a me, afferrando entrambe le mie mani e iniziando a fare i suoi soliti cerchi sul dorso delle mie mani.
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...