41.

550 22 48
                                    

Edoardo

I giorni successivi alla giornata trascorsa con Alice sono passati fin troppo in fretta: la domenica e il lunedì sono praticamente volati e il tanto temuto martedì è arrivato prepotente.

Ovviamente questo terribile giorno ha portato l'ingresso di Virginia in ufficio, tutta sorrisi falsi e con un vestito decisamente troppo corto e troppo scollato per essere ritenuta professionale, ma Max non c'è e quindi credo che la sua sia stata una scelta più che voluta per mettermi in difficoltà. Non perché tutta quella pelle esposta possa scatenare qualcosa in me – tutt'altro dal momento che ho in testa da venerdì la grana della pelle di Alice – ma perché questo le permette di sbattermi in faccia il suo seno o giocare con l'orlo del suo vestito, mettendomi decisamente a disagio, soprattutto dal momento che stiamo lavorando fianco a fianco mentre le sto mostrando le fotografie di prova che ho fatto ieri alla Scala per decidere dove posizionare alcuni elementi dell'allestimento.

Virginia è praticamente appoggiata al bracciolo della mia sedia e io sto cercando di starle il più lontano possibile, ma lei non sembra curarsene, mentre le illustro le idee di Max a denti stretti.

«Mmmmm, mi piace questa proposta», pigola facendo schioccare le labbra rosse sistemandosi i lunghi capelli ramati su una spalla per mostrarmi la linea del collo in cerca di una mia reazione.

In tutta risposta alzo gli occhi al cielo e stringo maggiormente i denti sibilando un «Bene» che suona così tanto falso che lei gira il volto nella mia direzione alzando un sopracciglio.

«Edoardo», pronuncia il mio nome arricciando le labbra e facendomi venire il voltastomaco. Il mio nome detto adesso da lei mi sembra così sbagliato e così diverso rispetto al tono dolce che usa Alice ogni volta che mi chiama e io mi chiedo come possa essere stato per tanti anni con la ragazza che ho di fronte in questo momento. «Sembri teso, c'è qualcosa che non va?», mi domanda squadrandomi il viso e appoggiando una mano sul mio interno coscia, decisamente troppo vicino al cavallo dei miei pantaloni il che mi fa alzare di scatto dalla sedia.

«Virginia, Cristo santo!», mi allontano e mi avvicino alla finestra. «La vuoi piantare per favore? Smettila di continuare a toccarmi come se ne avessi il diritto e soprattutto sii professionale, per l'amor del cielo!», la rimprovero senza fiato e lei non fa altro che guardarmi come se non capisse il senso delle mie parole. Ha decisamente sorpassato il limite della decenza e lo sa benissimo, ma Virginia è sempre stata così: ha sempre sfruttato la sua bellezza per piegare chiunque al suo volere e io anni fa ci sono cascato in pieno, credendole e bevendomi tutte le sue moine e i suoi gesti.

«Non so di cosa tu stia parlando», dice facendo spallucce e sistemandosi distrattamente la spallina del vestito che le è scivolata lungo il braccio.

Rilascio una risata sarcastica e alzo gli occhi al cielo, «Oh, invece credo che tu sappia benissimo quello che stai facendo!», ringhio. «Ma notizia flash, non mi interessa, quindi cortesemente copriti perché stai risultando solamente ridicola».

«Ah sì?», domanda alzandosi e facendo qualche passo nella mia direzione con aria da predatrice, il vestito le è risalito pericolosamente lungo le gambe e lei non si cura di sistemarselo. «Un tempo ti piaceva vedere la mia pelle scoperta», sussurra a qualche centimetro dal mio orecchio che mi fa irrigidire e scatena un conato di nausea dovuto al suo profumo troppo dolce.

La afferro saldamente per le spalle e la allontano velocemente da me cercando di mettere le cose in chiaro una volta per tutte, «Hai detto bene: un tempo. Prima che tu decidessi di andare a letto con Francesco. Da quel momento lì, non abbiamo più avuto niente da spartire».

Mi libero dalla posizione aggirandola e avvicinandomi nuovamente alla scrivania, vorrei dirle quanto mi abbia fatto soffrire e quanto mi abbia disgustato, ma non merita nemmeno che io sprechi fiato per lei. Virginia si volta nella mia direzione incrociando le braccia al petto e arricciando le labbra con disappunto, fa poi per dire qualcosa, ma fortunatamente viene interrotta dalla suoneria del mio cellulare. Mi affretto a rispondere senza nemmeno vedere chi è il mittente, grato di questa via di fuga, mentre Virginia non lascia nemmeno per un secondo la mia figura e io mi sento terribilmente infastidito dalla sua insistenza.

IncipitDove le storie prendono vita. Scoprilo ora