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Alice

Una ragazza con la macchina fotografica in mano si avvicina e mi chiede scusa, «Mi dispiace di avervi disturbato, ma eravate bellissimi. Le luci di Natale vi illuminavano i volti e non ho saputo resistere! Ecco guarda tu stessa», dice con un sorriso mostrandomi lo schermo. «Sembrate molto innamorati, state insieme da molto?».

Ritorno bruscamente alla realtà: sono in piazza Duomo, tra le braccia di uno sconosciuto e totalmente distaccata da qualsiasi cosa mi stia circondando.

Guardo stralunata gli occhi chiari della fotografa, «Ecco», non riesco ancora a formulare un pensiero coerente. «In realtà non ci conosciamo, io non sono fidanzata e non ho bisogno di tutto questo», gesticolo in preda all'ansia. Mi allontano ancora di qualche passo da Edoardo che finalmente distoglie lo sguardo dal mio.

Non so cosa mi sia successo, non sono una ragazza che si lascia abbindolare facilmente. Di solito ho sempre la situazione sotto controllo e riesco a razionalizzare tutto. E invece eccomi qui come una cretina con lo sguardo perso in quei pozzi chiari che sembrano carichi di chissà quali promesse future.

Noto lo sguardo dispiaciuto della ragazza e sento Edoardo intervenire. «Non preoccuparti», si rivolge a lei con un sorriso dolcissimo e imbarazzato. «Non potevi saperlo. Grazie comunque per la fotografia, è molto bella».

«Se mi lasci il contatto Facebook te la mando volentieri».

Edoardo sembra essere preso il contropiede. «Oh certo, cerca Edoardo Stigliani».

Rimango a guardarli senza più proferire parola, vorrei scappare in questo momento. Sento un leggero senso di nausea e mi manca un po' l'aria. Mi guardo intorno e cerco di allontanarmi un po', ma la mano calda di Edoardo non lascia la mia. Non mi ero nemmeno accorta che fossero ancora incastrate tra di loro e adesso non riesco a capire se la sensazione sia piacevole o meno. Tutti i suoni che prima mi sembravano distanti e ovattati sono tornati a impossessarmi dei miei sensi. Sento il freddo che mi punge le guance e le chiacchiere rumorose delle persone che passeggiano per la piazza.

Dopo qualche scambio di battute con Edoardo e alcune scuse proferite nei miei confronti, la ragazza della fotografia si allontana.

Due occhi chiari si rivolgono subito nella mia direzione. Non riesco a leggervi le emozioni che si susseguono come un tumulto e, ancora una volta, mi sento troppo esposta. La stretta della sua mano si allenta e stranamente non sento il sollievo che avrei pensato di provare una volta liberata da quella calda pressione.

Non so davvero cosa dire in questo momento e nemmeno Edoardo sembra trovare le parole giuste. Credo che stia cercando una maniera per non farmi andare via, cosa che in questo momento voglio fare con tutta me stessa. Ho vissuto per qualche istante una favola, ma ora è bene che io ritorni alla realtà. Non ho il coraggio di continuare a viverla, nonostante una parte di me mi stia urlando di provarci. Sono troppo spaventata all'idea di affidarmi a qualcuno e lasciargli carta bianca. Voglio essere io a scrivere la mia storia, voglio essere io a impugnare la penna e a scrivere il mio finale.

Prendo un respiro profondo, mi avvicino al volto del ragazzo e gli lascio un delicato bacio sulla guancia. «Grazie», sussurro appena. Lo guardo ancora una volta negli occhi e mi volto per andarmene. Non fa niente per trattenermi e io, da buona codarda, non mi giro per incrociare ancora una volta i suoi occhi. Scendo le scale della metropolitana in uno stato di trance e ringrazio il cielo notando il vagone già pronto a portarmi a casa.

Edoardo

Cazzo.

Guardo Alice che si allontana senza riuscire a muovere un muscolo. Si sta dirigendo velocemente verso le scale della metropolitana, un lembo della sua sciarpa pende sulla sua spalla e la vedo mentre cerca di sistemarsela meglio intorno al collo. Non si gira nemmeno una volta e io continuo a essere fermo sotto l'albero di Natale con il segno delle sue labbra sulla mia guancia. Il suo profumo aleggia ancora introno a me e mi sento un emerito imbecille.

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