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Edoardo

La vibrazione incessante del mio telefono distrae la mia attenzione da Alice che è ancora seduta sul tavolo dove l'ho appoggiata. Non mi allontanerei se non fosse che è la decima volta che il cellulare sta vibrando. Sciolgo le mani dalla sua schiena e la guardo negli occhi che sono particolarmente brillanti questa mattina. I suoi lunghi capelli scuri, leggermente arruffati per la nottata trascorsa sul divano, le scendono morbidi lungo le spalle e uno dei boccoli acconciati le si arriccia all'altezza della gola, adornata da un leggero filo di perle. Glielo scosto con l'indice e traccio con i polpastrelli la linea sinuosa della clavicola, lasciata scoperta dallo scollo del vestito. Il suo corpo reagisce immediatamente al mio e un sottile strato di pelle d'oca si forma dove ho fatto scorrere le dita.

Dio, quanto è bella in questo momento!

Nonostante il trucco leggermente colato, è bellissima: un sorriso accennato le adorna il volto e trattengo l'istinto di posare ancora una volta le mie labbra sulle sue. Credo davvero a quello che le ho detto poco fa: la cioccolata, adesso che l'ho assaggiata su di lei, non avrà di sicuro più lo stesso sapore. Mi concedo ancora qualche secondo per guardarla, per godere della curva dolce del mento, degli zigomi leggermente arrossati, dell'arco delle sopracciglia. Ringrazio mentalmente la luce che proviene dalle finestre in questo momento perché le fa brillare la pelle e crea dei riflessi ramati sulla sua lunga chioma.

«Resta esattamente dove sei. Non ho ancora finito con te», le sussurro facendo scorrere ancora una volta il mio naso sulla sua guancia e posandovi un ultimo bacio. Avvampa quando le rivolgo un occhiolino e le scocco un sorriso sghembo, costringendomi ad allontanarmi per vedere chi diavolo mi sta chiamando la mattina del primo dell'anno. Probabilmente sarà Max: mi immagino già la sua faccia contrariata per l'attesa nella risposta al telefono, cosa che mi fa alzare gli occhi al cielo. 

Ma quell'uomo si prende mai un giorno di vacanza?

Sono già pronto a sentire un rimprovero sulla linea di «Edoardo, il mondo della moda non si ferma mai! Bisogna sempre essere reperibili», quando devo ricredermi perché il mittente non è il mio capo, ma Matteo. Corrugo la fronte quando sblocco il telefono e noto una cosa come dieci chiamate perse; compongo velocemente il numero, ma il mio amico mi batte sul tempo perché il telefono vibra di nuovo. Non faccio in tempo ad accettare e portarmi l'orecchio al telefono che Matteo urla, «Ce l'hai fatta finalmente! Ho capito che non riesci a togliere le mani di dosso dalla tua bella brunetta, ma potresti anche staccare una mano per rispondere!».

Alzo gli occhi al cielo e non commento nemmeno, «Si può sapere perché mi stai chiamando, anziché fare le scale e parlarmi a voce?», gli chiedo anche se non sono così stupito dalla sua pigrizia.

«Perché non sono a casa, genio!», sbuffa esasperato e nell'istante in cui lo sta dicendo qualcuno gli urla di fare in fretta con fare perentorio. Sbianco di colpo e guardo allarmato nella direzione di Alice che vedendomi preoccupato scende prontamente dal tavolo e mi si avvicina.

«Matteo dove sei?», chiedo d'un fiato, trattenendo il respiro e chiudendo gli occhi.

«Ecco, sono in questura...», ammette colpevole e io me lo vedo in questo momento, con il ciuffo biondo scompigliato che si rosicchia nervosamente le pellicine del pollice.

«Cosa?!», esclamo strabuzzando gli occhi.

«E con me c'è anche Aurora», continua e io non posso fare altro che sbattermi un palmo in faccia. Non voglio nemmeno pensare a cosa abbia combinato per finire in questura.

«Potresti venire a prendermi, per favore?», chiede sottile trattenendo il fiato subito dopo, in attesa di una mia risposta. Sono letteralmente scioccato, una miriade di domande e una serie di parolacce vorticano nella mia testa. Come è finito lì? Cosa ha combinato? Perché? Vorrei insultarlo e rivolgergli un rimprovero con i fiocchi, ma mi trattengo da tutto ciò rilasciando un sospiro teso. Mi sfrego gli occhi con l'indice e il pollice e poi mi pinzo il ponte del naso, contando mentalmente fino a dieci. «Dammi il tempo di farmi una doccia e arrivo», gli dico prima di chiudere la telefonata e rivolgere la mia attenzione verso Alice che, preoccupata, si è seduta sul bordo del divano in attesa di una mia spiegazione. I suoi occhi scuri sono spalancati e i suoi tratti sono tesi, si sta rosicchiando nervosamente l'unghia del pollice.

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