8.

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Edoardo

Credo di essere pallido come un lenzuolo mentre fisso Max come un cervo abbagliato dai fari. Il volantino con la mia faccia pende dalla sua mano.

So che sente nell'aria la mia paura, sembra un predatore pronto a balzare.

E adesso cosa mi invento?

«Ecco, io... cioè è una storia complicata. È tutta opera del mio coinquilino», cerco di giustificarmi. Mi passo una mano tra i capelli con fare nervoso. Sono decisamente fregato. Sono certo che Max mi licenzierà in tronco e farà in modo che nessuna rivista mi chiami mai per lavorare. Un senso di sconforto si impossessa di me. Guardo il mio capo che continua a mantenere un'espressione indecifrabile, i suoi occhi sono fissi nei miei.

Tuttavia, dopo un paio di minuti interminabili, Max scoppia a ridere. «Ah, di sicuro, non ho minimamente pensato che potessi essere stato tu!», mi scocca uno sguardo furbo. «Sei troppo riservato per una cosa del genere! E poi, dai, vogliamo parlare dell'editing di questa foto? Pessimo! Se fossi stato tu, l'avresti fatto meglio».

Lo guardo allibito e credo di aver perso almeno dieci anni di vita. Pian piano sento tornare il sangue in circolo e tiro un sospiro di sollievo.

Il mio capo, però, sembra incuriosito dalla faccenda perché continua a guardare il volantino, «Però adesso sono curioso. Cosa c'è dietro?».

Non sono sicuro di volergli spiegare la storia, alla fine Max è il mio capo e non mi sembra professionale raccontargli una parte della mia vita privata. Soprattutto dal momento che, lui stesso, più di una volta, mi ha ricordato che il mondo in cui lavoriamo è estremamente pettegolo e pronto a ubriacarsi di scandali. Insomma, meno fai trasparire di te, meglio è.

Lo guardo incerto, ma lui mi fa un cenno di incoraggiamento, «Lo so che ti ho detto di non parlare mai di te o della tua vita privata, ma ti prometto che non racconterò niente in giro. Tanto cosa c'è di più palese di questo volantino?».

Effettivamente ha più che ragione, «Ecco, non è niente di che. Ho incontrato una ragazza su un treno e poi l'ho rivista per caso diverse volte, senza mai parlarle. Il mio coinquilino è venuto a saperlo e questo è il risultato», cerco di tagliare corto, liquidando in parte la faccenda. Cerco di fare il vago, non voglio che sappia che in realtà tutti questi incontri mi hanno molto colpito e che sono disposto a mettermi in gioco per questa ragazza.

Lo sguardo di Max si accende e si fa più curioso, sembra volerne sapere di più.

Hai capito il fotografo? Siamo un po' ficcanaso, eh?

Sta per aprire bocca mentre io cerco una scusa più che plausibile per evitare di raccontargli altro. Per mia fortuna, veniamo interrotti dall'arrivo del direttore creativo e della modella incaricata di accendere le luci dell'albero e posare per il servizio.

«Salvato in calcio d'angolo», ammicca Max. «Continueremo il discorso un'altra volta».

Stupendo, davvero stupendo.

Alice

Esco da una lezione che sembrava interminabile. Fortunatamente, il mio mal di testa si è un po' attenuato. Sono le cinque del pomeriggio e il sole che sta tramontando crea dei giochi di luce tra i chiostri dell'università. Mi fermo un attimo a osservare l'ambiente che mi circonda: sono ormai pochi gli studenti che si aggirano nei dintorni. Quasi nessun corso dura fino a quest'ora, quindi è normale trovare l'università quasi deserta.

Qualcuno, sfidando il freddo di inizio dicembre, sta leggendo seduto sui muretti che circondano le aiuole centrali. Ogni tanto mi fermo anche io, tra una lezione e l'altra, con un buon libro alla mano. L'atmosfera che c'è in determinate ore, soprattutto la mattina presto, è magica. In primavera poi, la luce che batte sulle colonne dona al cortile un colore aranciato, caldo e accogliente. Fermarsi a leggere qualcosa nei momenti di pausa è quasi d'obbligo.

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