Edoardo
Sono in ritardo per il lavoro. Non è mai capitato e speravo che non mi capitasse mai. Infatti, Max, il mio capo, è un maniaco della puntualità e non tollera neanche un ritardo di pochi minuti.
Giuro che appena vedo Matteo lo ammazzo! Lui e le sue brillanti idee del cazzo.
Trafelato entro nell'edificio della sede principale di Cardelli photography: è uno studio che si occupa di fotografia di moda. L'imponente ingresso è fatto completamente di vetro nero, una scritta elegante in argento è l'unico elemento che decora la facciata. La prima volta che l'ho visto sono rimasto impressionato dall'imponenza della struttura che si inserisce in maniera armoniosa all'interno del quartiere, nonostante la sua evidente differenza di stile rispetto ai palazzi storici dell'isolato.
Non posso ancora credere di essere stato preso in questo studio: la fotografia è sempre stata la mia passione, soprattutto quella paesaggistica, ma l'opportunità di iniziare a lavorare presso un nome così famoso è un'occasione che non potevo lasciarmi scappare.
Le collaborazioni con qualsiasi tipo di rivista sono tantissime. Un bel trampolino di lancio se i tuoi lavori piacciono a Max, perché nonostante l'aria burbera e lo sguardo corrucciato, è pronto ad aiutarti e scrivere straordinarie lettere di referenza.
Certo, per ora, faccio l'assistente personale, o meglio il galoppino, di Max però almeno posso assistere ai servizi fotografici e vedere come si muove o quali attrezzature usa.
Non faccio in tempo ad affacciarmi al suo studio che il mio capo mi rimprovera, «Sei in ritardo! Sai benissimo che non tollero i ritardi», mi fa notare glaciale mentre entro nel suo ufficio. Il suo sguardo arrabbiato mi trafigge mentre scocciato tamburella le dita sulla sua scrivania di cristallo.
La gigantografia alle sue spalle mi incute ancora più timore: lo sguardo che ha nell'immagine sembra essere di rimprovero e potrei giurare che una volta ho visto gli occhi seguirmi. Scrollo le spalle al ricordo e penso che solo un fotografo di moda possa mettere nel suo ufficio un suo ritratto formato gigante.
«Mi scusi, ho avuto un problema in metropolitana. Non capiterà mai più!», mi scuso, sono davvero mortificato.
«Lo sai che un sacco di persone ucciderebbero per il tuo posto?», mi guarda altero sistemandosi la barba, «Per tua fortuna sei in gamba, quindi per questa volta non interrompo il tuo contratto. Ma sappi che non sarò così clemente la prossima volta. E adesso muoviti e prepara tutta l'attrezzatura che tra cinque minuti dobbiamo uscire».
Esco rinnovando le mie scuse e inizio a preparare tutta l'attrezzatura per il servizio di oggi: Max fotograferà alcune modelle insieme a un cantante britannico molto noto per l'editoriale di Gucci su Vogue. Il set si trova in una zona abbastanza distante dal centro di Milano per questioni di sicurezza e privacy. A quanto pare il cantante ha un seguito enorme e le sue fan riescono sempre a trovarlo e, vista l'importanza del servizio, la casa di moda ha richiesto espressamente che il servizio si svolgesse in un luogo poco raggiungibile.
Finisco di sistemare le varie macchine fotografiche e raggiungo nuovamente Max nel suo ufficio. Sta parlando al telefono, probabilmente per chiamare il suo autista personale. Una volta chiusa la telefonata si rivolge a me, «Edoardo, hai tutto il materiale pronto?». Annuisco e gli mostro la sacca. «Perfetto, la macchina è qui sotto».
Nonostante il mio ritardo, arriviamo sul set con un'ora abbondante di anticipo. Sono tutti all'opera: costumisti, truccatori e modelle stanno correndo da una parte all'altra dell'openspace dove si svolgerà il servizio. Al centro della stanza un imponente divano in pelle rossa è circondato un'infinità di fiori, di qualsiasi forma e colore, che va a riprendere il tema principale della campagna. La nuova collezione di Gucci, infatti, è tutta incentrata sui motivi floreali e, a quanto pare, il cantante che fotograferà oggi Max indosserà, per il suo tour mondiale, abiti pensati e creati per lui con parte di questo tema.
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...