Edoardo
Alice è impallidita improvvisamente, ha gli occhi spalancati e il labbro inferiore le trema leggermente quando alza il viso nella mia direzione. Corrugo la fronte e mi affretto a raggiungerla per posarle una mano sul braccio, ma lei si allontana come se avesse appena preso la scossa, «Non toccarmi», sussurra con un filo di voce avvicinandosi alla porta. «Non ci posso credere, che sciocca che sono stata», dice poi a se stessa, scuotendo la testa.
«Cosa succede?», le chiedo preoccupato di fronte a questo repentino cambio d'umore. Non capisco cosa sia successo in questi pochi minuti, un attimo fa era spensierata e felice e adesso è sull'orlo delle lacrime.
«Mi chiedi che cosa succede, Edoardo?», dice con voce rotta scuotendo la testa, apre poi la porta ed esce velocemente, dirigendosi a grandi passi verso gli ascensori.
Lancio uno sguardo allo schermo del pc e rimango di sasso capendo che cosa abbia scatenato la reazione di Alice. Rimango un attimo interdetto di fronte alla fotografia che campeggia sul monitor: non è assolutamente lo screensaver che avevo prima di pranzo, proprio per niente, anche perché prima c'era lo skyline di Parigi, della sera in cui io e Alice siamo usciti a cena. Lo scatto che c'è adesso risale almeno a quattro anni fa e sono sicuro che non sia mai stato presente tra i file del mio computer di lavoro, tanto più che tutte le fotografie che ho fatto a Virginia o le fotografie che ho con lei sono su un hard disk che non è nemmeno qui a Milano, ma in un cassetto di camera mia a Como. La prima cosa che ho fatto quando l'ho lasciata è stata rimuovere qualsiasi scatto dal mio computer, per non aver mai la tentazione di andare a riguardarle e sentirmi ancora peggio di come non stessi già.
Per questo, alla vista di questo sfondo, non posso che imprecare mentalmente ripromettendomi di strozzare Virginia che non solo si è permessa di mettere mano al mio computer, ma ha anche pensato che potesse scatenare qualcosa in me, nonostante le abbia detto forte e chiaro che non mi interessa per niente. Tutti questi pensieri però non mi impediscono di correre dietro ad Alice che sta chiamando l'ascensore schiacciando i tasti con foga, sotto lo sguardo confuso di Carla.
«Ali», le afferro un polso, facendola voltare nella mia direzione e il mio cuore si sgretola in mille pezzi nel momento in cui vedo i suoi occhi lucidi e una lacrima solitaria solcarle il volto. Ha lo sguardo afflitto e non ho mai visto questa espressione su di lei: sembra affranta e un dolore mal celato le vela gli occhi. Mi si blocca il respiro in gola a vederla così, ma devo dirle che è tutto un malinteso e che nulla di quello che ha appena visto è vero. Niente è realmente vero nella mia vita se non lei e solo in questo momento mi rendo conto di essere stato uno sciocco a non parlarle della mia ex, perché se adesso Alice avesse saputo tutta la storia sicuramente non avrebbe avuto questa reazione.
«Posso spiegarti», inizio a parlare, ma lei abbassa lo sguardo e scuote la testa, come se non volesse sentire le mie ragioni. «No, Ali davvero, è tutto un malinteso», le alzo il viso con la mano e purtroppo noto che le lacrime ormai stanno scorrendo sul suo viso. Come se non bastasse tutto ciò, le porte dell'ascensore si aprono rivelando la figura dell'ultima persona che voglio vedere in questo momento, ovvero Virginia, che, nel momento in cui vede la scena, sorride melliflua sistemandosi i lunghi capelli ramati e facendo saettare lo sguardo tra me e lei.
«Oh, Eddie», mi chiama usando il nomignolo con cui mi ha sempre chiamato e che non ho mai davvero amato. «Hai risolto la faccenda fastidiosa di pranzo?», mi chiede sbattendo le palpebre e stringendomi l'avambraccio per poi voltarsi verso Alice che ha un'espressione di puro dolore in viso: i suoi occhi scuri sono spalancati e posso percepire il rumore dei suoi pensieri mentre collega il volto di Virginia a quello della fotografia.
«Non è il momento», sibilo guardandola con disprezzo e giuro che se potessi la prenderei a testate, ma lei scrolla le spalle come se la questione non la toccasse, anzi si sta palesemente godendo la scena.
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...