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Edoardo

La giornata di oggi sembra non finire più: mi sembra di star lavorando da ottocento ore e sono irrequieto. Probabilmente tutta questa mia insofferenza è dovuta al fatto che non vedo l'ora di andare a casa da Alice e parlarle, dirle tutto quello che mi ha detto Max e togliermi un po' di questo peso che sento sullo stomaco.

Non sono riuscito a buttare giù nemmeno un morso del panino che mi ha portato Carla durante la pausa pranzo e a niente sono servite le sue rassicurazioni o sorrisi gentili nei miei confronti. Sento nelle ossa che questa cosa con la modella non porterà a niente di buono. Non ho fatto altro che rimuginare e rimuginare sui possibili scenari che potrebbero mandare a puttane la mia relazione con Alice, che, tra l'altro, non è nemmeno iniziata ufficialmente!

Dio, nelle prossime settimane dovrò anche organizzarmi con Giulia e Harry per far sì che tutto fili liscio: Alice non deve intuire nulla, voglio che resti senza fiato.

Sempre che la tua relazione con lei sopravviva alle prossime due settimane! non fa che ricordarmi una vocina nella mia testa, la stessa che non ha fatto altro che blaterare a ruota libera.

«Porca puttana!», sibilo tra i denti sbattendo il mouse sulla scrivania e prendendomi la testa tra le mani.

Sento la necessità di andare a casa.

Adesso.

E stare con Alice, perdermi in lei e non pensare a qualsiasi cosa mi possa aspettare da sabato.

Che merda di situazione, chissà per quanto tempo della giornata sarò impegnato, quanto sarà professionale quella modella.

Probabilmente pochissimo visto il suo comportamento di ieri sera, viscido, languido e decisamente scortese nei confronti di tutti, di Alice in particolare. Ho visto come l'ha squadrata nonostante facesse di tutto per non farsi vedere: ha studiato la vicinanza dei nostri corpi, il mio fare protettivo nei suoi confronti, cercando di capire cosa ci legasse.

L'avrei presa per i capelli – e io non sono per niente un tipo violento – per come ha guardato con sufficienza la bellissima ragazza al mio fianco, come se avesse in testa di avere vita facile, dal momento che probabilmente non rientra nei suoi canoni di bellezza.

Che nervi!

Non posso stare un attimo di più in questo ufficio: devo uscire e, convinto di tutto ciò, spengo il computer, mi alzo dalla sedia e recupero velocemente la tracolla e il cappotto.

Esco di gran carriera dalla stanza e mi dirigo verso gli ascensori, ma la mia fuga viene interrotta dalla voce di Carla che mi richiama con un tono tra l'incerto e l'urgente.

Mi irrigidisco e mi fermo, voltandomi controvoglia nella direzione della segretaria: ha uno sguardo preoccupato dietro alle spesse lenti degli occhiali rossi e un sorriso tirato sulle labbra.

«Dimmi Carla», assumo un tono educato anche se vorrei urlare e voltarmi per andarmene. Povera Carla, non ha nessuna colpa in tutta questa faccenda e deve sorbirsi il mio comportamento scontroso.

«S-scusami Edoardo, so che vorresti andare a casa», dice incerta sistemandosi la spessa montatura sul ponte del naso.

Oh, non immagini quanto, Carla.

«Ma Max mi ha appena chiamata e mi ha detto chiesto, anzi mi ha pregato, di dirti di aspettarlo perché sta arrivando con la modella».

Sbuffo dal naso e stringo i pugni sentendo un moto d'ira montarmi dentro, ma poi mi rendo conto che non ha senso arrabbiarsi con la povera Carla che mi sta guardando con occhi preoccupati.

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