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Edoardo

La mattina dopo mi alzo di buon'ora per essere in ufficio prima che Max arrivi. Ieri sera, dopo aver salutato Alice e aver fatto una lunga doccia per calmare i bollenti spiriti – dio, se penso ancora alle sue labbra e ai suoi sospiri il sangue mi va alla testa – ho concluso il lavoro per Guillaume rifinendo i dettagli del brief dell'agenzia parigina. Una volta uscito dalla metropolitana mi fermo a prendere due cappuccini da asporto per me e il mio capo, in modo tale da farglielo trovare sulla scrivania. Ho notato che è sempre di buon umore dopo un po' di caffeina, come succede a buona parte degli esseri viventi; il che gioca a mio favore perché so come quietarlo nei momenti di più estremo nervosismo.

Entro nel bar all'angolo dello studio e un piacevole odore di brioche calde mi investe non appena metto piede nel locale. Mi avvicino al bancone per fare la mia richiesta al barista e un forte profumo floreale mi invade le narici. Mi irrigidisco istintivamente perché questo profumo, così forte e che non ho mai davvero apprezzato, non può che essere di una persona.

Virginia.

No, non è possibile: lei non può essere qui a Milano, ha sempre odiato questa città insieme alla sua frenesia e velocità; e poi, anche se fosse qui, quante probabilità ci potrebbero essere che si trovi proprio qui, in questo bar? La sola idea mi crea un moto di irritazione e fastidio, oltre che  a una piccola dose di sofferenza e spero vivamente di non incontrarla mai più, soprattutto dopo tutto il dolore che mi ha arrecato. Non voglio più avere niente a che fare con la mia ex, mi ha tradito nel peggiore dei modi e ho sofferto tantissimo per lei, e ho paura di vedere come reagirei nel vedermela davanti. Spero con tutto il cuore che non succeda mai.

Vengo risvegliato dai miei pensieri da Giacomo, il barista che di solito mi serve, che si volta nella mia direzione interpellandomi, «Sempre il solito Ed?», mi domanda già pronto a montare il latte per la schiuma del cappuccino. Gli rivolgo un cenno del capo e poi controllo il telefono che ha appena vibrato nella mia tasca.

Un sorriso spontaneo mi si apre sul volto quando vedo che il destinatario è Alice: una foto del Duomo accompagna il contenuto del messaggio, «Non posso fare altro che pensare a te ogni volta che passo per di qua. Come se poi non fossi al centro dei miei pensieri ultimamente».

Ovviamente i battiti del mio cuore accelerano immediatamente anche di fronte a queste poche parole, soprattutto vista la naturale ritrosia di Alice nello sbilanciarsi riguardo ai suoi sentimenti. Sono però felice che pian piano sia sempre più spontanea con me, senza pensare troppo o ponderare qualsiasi cosa debba dire o fare. Dopo questo primo messaggio, me ne arriva un secondo che mi informa sul programma della sua giornata, ovvero andare dalla sua compagna di università Giulia per ripassare per l'esame che avrà a breve.

Un sorriso spontaneo si apre sulle mie labbra mentre le rispondo, promettendole di chiamarla in serata. Vorrei anche invitarla alla serata a cui io e Max parteciperemo: è un evento alla Scala di Milano, porteranno in scena una rivisitazione del Don Giovanni e spero che possa farle piacere venire, visto il suo interesse generale per la cultura e l'arte. E poi vorrei averla lì con me, magari con un bel vestito addosso – nonostante non si senta mai a suo agio con qualcosa che non siano i suoi grossi maglioni – per poterle scattare qualche fotografia di nascosto, come ho fatto ieri sera, quando era particolarmente intenta ad ammirare l'imponente fontana di fronte al Castello Sforzesco.

Ieri, una volta rincasato e dopo aver finito il lavoro per Max, ho iniziato a editarle, scegliendo le migliori da stampare e da appendere al muro di camera mia. Una in particolare è la mia preferita: Alice è di profilo, con il viso alzato verso la fontana, i lunghi capelli scuri sciolti a incorniciarle il viso e un sorriso spensierato a distenderle le sue belle labbra piene. 

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