Alice
«Ali, ci sei? Sei pronta?», mi chiede Marta dal salotto mentre sto chiudendo a fatica la valigia. Sto lottando per chiuderla da dieci minuti buoni: ci sono seduta sopra e sto tirando le cerniere che stanno implorando pietà; non mi stupirei se mi rimanessero in mano. Soffio via una ciocca di capelli e mi sistemo gli occhiali che continuano a scivolarmi sulla punta del naso.
«Sì, ci sono quasi», le rispondo e finalmente la zip supera l'angolo della valigia.
Sia lode al cielo!
«Era tanto difficile?», borbotto mentre la tiro su. Peserà circa una tonnellata a causa di tutti i libri che mi servono per preparare gli esami di gennaio, che mi fanno venire male al solo pensiero.
Ma perché ho deciso di iscrivermi all'università? penso sconsolata di fronte ai due mesi che mi aspettano. Mi piace studiare, questo è vero, ma soffro da morire di ansia che, in ogni santa sessione, si ripropone come una vecchia amica e mi attanaglia lo stomaco.
La nota positiva della fine delle lezioni però è che io e le mie coinquiline passeremo le vacanze di Natale a casa – il che implica una buona dose di zuccheri e una marea di coccole al mio gatto – ma, se da una parte sono contenta di tornare e godermi un po' di tempo in famiglia, dall'altra mi dispiace non essere qui a Milano e la ragione è principalmente una: Edoardo. Arrossisco al solo pensiero e un nugolo di farfalle si scatena nel mio stomaco: l'ormai noto sorrisino felice fa capolino sulle mie labbra e un senso di pura gioia mi pervade completamente, anche al solo minimo pensiero su di lui. Non che sia stato difficile pensarlo, anche perché, dopo la telefonata di un paio di giorni fa, non ha mai mancato di telefonarmi o mandarmi qualche fotografia di Parigi, con qualche citazione di Notre-Dame de Paris che, a quanto pare, ha iniziato a leggere. Gli scorci che mi manda hanno sempre a che fare con qualcosa di cui abbiamo parlato o che, come sostiene, gli ricordano me: dalle lucine di Natale, a un fiore trovato su qualche tela del Louvre a un qualsiasi piccolo dettaglio istoriato su qualche volta dello studio parigino di Guillaume.
Ogni volta che una sua notifica mi illumina il cellulare è una sorpresa e i battiti del mio cuore accelerano a tal punto che mi sembra che il cuore mi stia per scoppiare. Tendenzialmente il tutto è accompagnato anche dal calore che mi risale lungo la gola e si posa sulle mie guance, dettaglio che puntualmente mi fa notare Arianna prendendomi scherzosamente in giro.
Scuoto la testa e sistemo le ultime cose che mi servono per tornare a casa facendo un ultimo controllo veloce; afferro la valigia e vado in sala dove le altre, già pronte, mi stanno aspettando.
«Certo che l'amore non ti sta facendo così bene, Alice», tuona Chiara alzando lo sguardo dal cellulare su cui sta guardando le fotografie del servizio di Dior che Aurora, tramite Guillaume, è riuscita a farle vedere facendosi ripromettere di non divulgarle per nessun motivo. Sono giorni che ci assilla sulla borsa che «DEVE assolutamente farsi regalare, non appena sarà uscita» ed è arrivata a un punto di ossessione tale che ha già iniziato creare un gruppo con tutti i suoi contatti per suggerir loro, non proprio velatamente, che sa già il regalo che vuole per il suo compleanno.
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, «Tralasciando il fatto che qui nessuno è innamorato, sono perfettamente in orario. Il pullman parte tra più di un'ora», ribatto sulla difensiva, trascinandomi dietro la valigia e infilandomi il cappotto. Non posso dire di essere innamorata perché chi mai potrebbe parlare d'amore dopo così poco tempo? Non siamo in un libro e io voglio prendermi il mio tempo per conoscere davvero Edoardo prima di sbilanciarmi, o almeno è quello che continuo a ripetermi.
«Ma guardatela», ghigna Arianna. «Sei di nuovo arrossita. Aaaah, che bello! Erano secoli che aspettavo questo momento».
Alzo gli occhi al cielo per l'ennesima volta in pochi minuti, le scocco un sorriso e alzo le mani in segno di resa, «Non ribatto neanche più».
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...