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Alice

La luce dell'alba filtra dalle finestre e illumina debolmente il mio volto. Il timido sole di gennaio fa capolino tra le nuvole e strizzo appena gli occhi per adattarli alla luce mentre le dita di Edoardo continuano pigramente a tracciare cerchi immaginari sulla pelle nuda della mia schiena, come hanno fatto da quando è tornato nel letto con me. 

Da quel momento non abbiamo chiuso occhio, non siamo riusciti a tenere le mani a posto per troppo tempo, desiderosi di avere un qualsiasi contatto tra i nostri corpi.

Un senso di felicità e appagamento pervade il mio corpo da diverse ore ormai, mi sento in una bolla di pura pace che non vorrei abbandonare mai. Non vorrei mai più vestirmi, uscire da questo letto e separami dal corpo caldo di Edoardo sul quale sono appoggiata, ma dalla luce che arriva dalla finestra è più che chiaro il fatto che a breve dovrà alzarsi e andare al lavoro.

So di essere un po' egoista, ma vorrei tanto che lui oggi non andasse in ufficio e restasse tutto il giorno con me, in questo letto o in qualsiasi posto voglia. Non credo di essere pronta a separarmi da lui, non voglio lasciarlo andare soprattutto per la forte connessione che sembra legarci dopo quello che è successo stanotte.

Stanotte.

Dio mio, un brivido mi percorre la schiena e mi si colorano le guance se ripenso alle sensazioni che ho provato, se penso ai gesti di Edoardo, ai suoi baci, alle sue carezze, al suo corpo premuto contro al mio.

Mi stringo maggiormente a lui e poso un bacio delicato sul suo stomaco nudo; ieri abbiamo pensato che non fosse una buona idea rimettersi qualche capo di biancheria, troppo fastidioso dopo che abbiamo provato davvero cosa significasse essere pelle contro pelle.

Adesso che ho visto com'è sotto alla maglietta, dovrò avere tutto l'autocontrollo di questo mondo per fare la brava e tenere le mani al loro posto, evitando di infilarle al di sotto del suo maglione.

Tutti questi pensieri non fanno altro che far ribollire il sangue nelle mie vene, facendomi sentire improvvisamente caldo e facendomi sistemare meglio sul suo corpo.

«A cosa stai pensando?».

La domanda di Edoardo è appena un sussurro, ma il suo tono di voce roco si riverbera in me fino alla punta delle dita dei piedi. Alzo il viso verso la sua direzione e la prima cosa che vedo è il suo sorriso sghembo e i suoi occhi verdi che sembrano quasi avere una sfumatura ambrata alla luce arancione proveniente dalla finestra.

Studio il suo volto per qualche secondo, beandomi dei suoi tratti cesellati, delle sue labbra piene pigramente distese in attesa di una mia risposta.

«A te. A stanotte».

I suoi occhi si illuminano e vi leggo un pizzico di malizia, soprattutto quando alza un sopracciglio, «Ah sì?».

Le sue mani abbandonano la mia schiena e scendono più in basso fino al mio fondoschiena stringendolo tra le dita e facendo pressione per incitarmi a scorrere più in su, fino a quando i nostri visi non sono alla stessa altezza.

Cattura poi le sue labbra con le mie, in un bacio lento, ma pieno di desiderio che mi fa arricciare le dita dei piedi e mi fa nascere la pelle d'oca sulle braccia.

Il silenzio della stanza viene riempito dagli schiocchi delle nostre labbra e dai nostri respiri che si fanno sempre più pesanti.

«Se continui così, non credo che avrò mai la forza di alzarmi e uscire da questa stanza lasciandoti qui», mi confessa tra un bacio e l'altro e io non posso che maledire nuovamente il fatto che oggi debba lavorare.

«Non andare», mugugno pigramente passando le dita tra le sue ciocche scure e rivolgendogli un sorriso furbo.

Non lo penso davvero, so che deve andare a lavorare, ma una parte di me non solo lo desidera, ma lo brama.

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