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Alice

Sto andando letteralmente a fuoco: la pelle mi formicola e sento caldo, tantissimo caldo, decisamente troppo caldo.

Come diavolo posso concentrarmi su qualcosa che non sia il ragazzo seduto al mio fianco, illuminato appena dalla luce fioca che proviene dal palco se ho ancora marchiate in testa le sue parole di poco fa?

Come pensa che possa prestare attenzione a una tra le mie opere preferite – che inizierà a breve – se continua a cercare un qualsiasi contatto con la mia pelle o abbia appena deciso di posare una delle sue mani su un mio ginocchio e le sue dita abbiano appena iniziato a compiere cerchi immaginari sulla stoffa leggera che lo ricopre?

Sono talmente presa da lui che non mi sono nemmeno goduta appieno il mio ingresso nella sala del teatro, tutto mi è sembrato quasi accessorio: nonostante abbia guardato la sala che mi circondava fino a quando non ci siamo accomodati in platea, non credo di averla vista davvero. Non mi sono soffermata quanto avrei voluto sugli spessi tendoni di velluto rosso, sui fregi dorati che adornano i vari piani della sala e nemmeno sull'imponente lampadario in cristallo che pende dal soffitto.

Come avrei solo potuto distrarmi dalla mano di Edoardo premuta sulla mia schiena scoperta che delicatamente mi incitava a procedere fino ai posti a noi assegnati?

E adesso con le luci che si sono abbassate, l'elettricità che pervade il mio corpo dalla sua dichiarazione di poco fa sembra essersi amplificata. Mi sistemo meglio sulla poltrona cercando di trovare una posizione più comoda ed espiro provando a tenere a bada il battito del mio cuore e il sangue che mi ribolle nelle arterie.

«Tutto bene?», mi sussurra Edoardo, avvicinandosi di nuovo pericolosamente al mio lobo con le sue labbra. Lo sta facendo palesemente apposta perché appena mi volto nella sua direzione un sorriso furbo si dipinge sulle sue labbra e i suoi occhi brillano maliziosi, nonostante le luci siano già spente. Sa perfettamente quello che sta facendo, glielo leggo nello sguardo che si posa velocemente sulle mie guance rosse – in questo momento credo che siano rosse come non lo sono mai state – e sulle mie labbra. Deglutisco e poi apro la bocca per dire qualcosa, ma tutto quello che ne esce è un flebile suono indistinto dovuto al fatto che i miei pensieri sono decisamente ingarbugliati in questo preciso istante.

Edoardo in tutta risposta intreccia le nostre dita e si bagna con la punta della lingua il labbro inferiore, mandandomi ancora più in confusione di poco fa. In questo momento sono completamente catturata da lui, non sento niente se non la sua pelle a contatto con la mia, non sento il brusio delle chiacchiere delle persone vicino a noi, non mi accorgo quasi dell'arrivo del capo di Edoardo, accompagnato da una donna bionda, fino a quando Max non si schiarisce la voce facendomi sbattere le palpebre e ritornare alla realtà.

«Edoardo non distrarmi Alice dall'opera!», lo rimprovera bonariamente prendendo posto accanto a lui. «Rimanda le cose sconce a stanotte!», scoppia a ridere e io non posso che arrossire, sciogliere le nostre mani intrecciate e allontanarmi un po' da Edoardo, rendendomi conto di quanto fossi sporta nella sua direzione.

Edoardo scuote la testa, alza gli occhi al cielo e si volta nella direzione del suo capo che continua, «Scusalo Alice, questo qui non si controlla quando ci sei tu nei paraggi», mi sorride facendomi arrossire ancora di più.

Ottimo, sembrerò un peperone in questo momento!

«Miss GattaMorta non si è ancora fatta vedere?», chiede una volta accomodatosi al fianco di Edoardo e io immediatamente mi irrigidisco alla sola menzione di Bellatrix Lestrange, così candidamente soprannominata dalle mie coinquiline dopo quello che è successo dieci giorni fa.

Edoardo assume la mia stessa posizione rigida e mi lancia uno sguardo in tralice, come a controllare che io non abbia una qualche reazione strana, e io di rimando gli stringo leggermente l'avambraccio per tranquillizzarlo. Ero pienamente consapevole che stasera ci sarebbe stata anche lei, ma spero con tutta me stessa di non doverla incrociare o parlarle. Non voglio creare drammi o darle la soddisfazione di farmi trovare impreparata al suo ingresso trionfale e saprei già perfettamente come gestirla a differenza di quanto è successo la volta scorsa. Sono disposta a tirare fuori unghie e denti per rimetterla al suo posto.

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