Alice
Sono talmente persa nei miei pensieri che mi dimentico di scendere alla mia fermata e mi ritrovo al capolinea. La mia testa probabilmente è ancora sotto al Duomo e per questo non mi sono accorta delle fermate che si susseguivano tra loro. Scendo e decido di andare verso casa a piedi, alla fine non è molto distante dall'ultima fermata della metropolitana e ho bisogno di fare due passi. Mi stringo la sciarpa intorno al collo e salgo i gradini a due a due. Guardo sul telefonino la direzione che devo seguire e mi incammino. L'aria fredda della sera mi punge il naso e le guance, affondo le mani nelle tasche per cercare di scaldarmi le mani.
Decido di ascoltare un po' di musica per escludere il traffico di Milano che prepotente richiama la mia attenzione, ma io ho la testa da tutt'altra parte. Sento ancora gli occhi di Edoardo addosso e la strana sensazione che mi hanno provocato. Non saprei descriverla, non trovo le parole per dire quello che ho sentito in quel momento e non so nemmeno se ho il coraggio di provare a definirlo. Mi sono sentita esposta e vulnerabile, cosa che mi capita spesso quando lo sguardo di uno sconosciuto si posa su di me, ma questa volta era diverso. Diverso. E non saprei dire se in modo positivo o negativo.
L'insegna della farmacia mi informa che sono praticamente a casa. Imbocco la mia via e apro il portone digitando il codice d'accesso; non prendo l'ascensore e decido di salire le scale. Arrivo in cima con il fiatone, dettaglio che mi ricorda che dovrei fare più attività sportiva, e infilo le chiavi nella toppa, ma sento urlare da dentro un «Arrivo» e dei passi concitati che si avvicinano alla porta.
Tre paia di occhi mi squadrano dalla testa ai piedi, traboccano di curiosità e di un pizzico di malizia. Assottiglio lo sguardo rimanendo ferma fuori dalla porta.
«Non dovevamo vederci circa due ore fa in piazza Duomo per vedere insieme l'albero?», chiedo retorica allargando le braccia e posando le mani sui fianchi.
Sul volto di Arianna si apre un sorriso sornione e un po' troppo furbo, «Chi? Noi? Non mi sembra».
Scuoto la testa esasperata e entro in casa dirigendomi verso lo sgabuzzino per posare la giacca e le scarpe. Infilo le ciabatte e faccio per dirigermi verso camera mia, ma Marta mi afferra un polso e mi invita a sedermi sul divano dove hanno già preso posto le altre.
«Ali non devi dirci niente?», domanda la mia amica con un'espressione angelica in volto, di solito le si addice con quegli occhi azzurri e i lunghi capelli biondi, ma non ora, proprio per niente. Dal momento che lei, insieme alle altre due mie coinquiline, ha complottato alle mie spalle.
Replico indifferente, stringendomi nelle spalle «Dovrei?».
Non mi va di parlarne, non sono dell'umore giusto. Ho per la testa mille pensieri e ho lo stomaco in subbuglio. Non ho voglia di raccontare di come mi sono sentita perché mi spaventa. Mi spaventa formulare a parole quello che ho sentito e ho provato, soprattutto la sensazione piacevole della mano calda di Edoardo sul mio viso.
So di non averle convinte perché continuano a guardarmi, in attesa di un mio resoconto su quello che è successo in Duomo. Marta e Arianna sono in silenzio, pazienti, in attesa che trovi le parole per parlare. Chiara, invece, che non è mai stata paziente a causa del suo carattere da peperino, tuona, «E che cazzo Alice! Non fare la finta tonta e dicci come è andata! Dopo tutta la fatica che ci è costato questo teatrino vogliamo sapere cosa è successo!».
Mi irrito e non so nemmeno bene il perché. Nessuno ha chiesto loro di improvvisare questo "teatrino", anzi. Avevo chiesto loro di non contattare nessuno e invece eccomi qua a cercare di capire come mi sono sentita e per questo sbotto irritata, «È successo che vi stavo aspettando come una cretina dove c'eravamo date appuntamento e poi improvvisamente dal nulla parte Perfect di Ed Sheeran. In quel momento ho pensato che tutto fosse perfetto: le luci, l'albero, i mercatini; ero persa nei miei pensieri felici finché una voce calda e profonda alle mie spalle mi ha invitata a ballare. Abbiamo ballato, è stato strano e imbarazzante. L'ho ringraziato e me ne sono andata, anzi sono praticamente scappata. Ma cosa vi è saltato in mente?».
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Incipit
RomanceAmava le storie di carta, quelle in cui inevitabilmente c'era il lieto fine. Ne era sopraffatta. Vi si immergeva vivendo la vita di mille personaggi, non avendo mai il coraggio di vivere la propria, troppo spaventata dal finale incerto. Era convita...