23 - Disperata

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Sanem

Ho iniziato a mettere ordine nella mia vita e sento il bisogno di affrontare anche il mondo all'esterno di questo angolo di paradiso fuori dal tempo e dallo spazio che è la tenuta di Mihriban.

E' ora di riprendere contatto con le persone che mi vogliono bene, che ho fatto inconsapevolmente soffrire a causa della mia improvvisa "assenza", penso a Ayhan, Osman, Cey Ceye anche Deren che alla fine è diventata una cara amica per entrambi.
Recupero il telefono che da più di sei mesi non ho sentito il bisogno di accendere, rimango stupita dalla valanga di notifiche che arrivano, alcune sono vecchissime, sono di poco tempo dopo la partenza di Can.
Mi ha cercato Yigit, ha lasciato diversi messaggio vocali chiedendo dove fossi finita e di essere ricontattato.

Non mi sono fatta più viva con lui, mi sento in colpa per quel che gli è successo a causa mia e sento il bisogno di vederlo. Layla mi ha detto che per fortuna non è sulla sedia a rotelle, come ci aveva detto Huma quella notte terribile in ospedale, ma per camminare necessita del supporto di un bastone. Ha trasferito la casa editrice altrove,  mi ha dato il nuovo indirizzo che conosce perché da quando anche il piano inferiore   è occupato dagli uffici della Fikri Harika, è lei che si preoccupa di reindirizzare la posta che arriva nella nuova sede.

Preferisco andare di persona da lui piuttosto che telefonare, chiedo a Bulut di accompagnarmi alla stazione dei taxi più vicina e prendo un taxi che mi porta dall'altra parte della città.
La casa editrice si è trasferita in un edificio decisamente fatiscente rispetto a quello che la ospitava al piano inferiore della Fikri Harika.
Entro nella palazzina e trovo un cartello che indica che la casa editrice  si trova al terzo piano, non c'è ascensore e  nelle condizioni di Yigit non deve essere agevole andare in ufficio ogni giorno, sono perplessa.
Arrivata al piano entro da una porta a vetri, davanti a me c'è una scrivania con una segretaria, mi avvicino e faccio appena in tempo a chiedere di parlare con Yigit  che lo vedo passare diretto verso gli uffici sull'altro lato del corridoio.
Rimango di stucco, non posso credere ai miei occhi. Chiedo alla signorina che è al telefono e probabilmente sta provando a chiamare Yigit che chiaramente non può rispondere.
- Il Sig. Yigit non ha più bisogno di usare il bastone? Ne sono felice! -
Mi guarda interrogativa.
- Il bastone? Non capisco, non ha mai usato un bastone -
La guardo stupita.
- Come? Non ha avuto bisogno del bastone dopo l'incidente che ha subito sette mesi fa? - 
Ora è lei a guardarmi sempre più stupita
- Quale incidente? Lavoro con lui e vedo il Sig. Yigit ogni giorno da oltre 8 mesi e non si è mai assentato per un incidente nè ha mai avuto bisogno di usare un bastone -

Mi si gela il sangue nelle vene, non posso credere a quello che mi sta dicendo questa donna. Scuoto la testa e indietreggio verso la porta, la signorina mi chiede se intendo ancora incontrare il sig. Yigit, le rispondo distrattamente che tornerò, giro sui tacchi e lascio di corsa lo stabile.

Ho il fiato corto e mi manca il respiro, non riesco ad elaborare quello che ho appena appreso, come in trance alzo la mano a chiamare un taxi che sta passando in quel momento, non mi rendo conto neanche del traffico terribile in cui rimaniamo imbottigliati per non so quanto tempo, arrivo alla tenuta che ormai è buio. 
Pago la corsa e scendo, non voglio vedere nessuno in questo momento, sono confusa ed ho bisogno di capire e metabolizzare quello che ho appreso oggi.
Mi  dirigo direttamente verso il luogo che mi calma di più, vado direttamente al mio molo, lo percorro lentamente senza a riuscire a vedere, i miei occhi sono accecati dalle  lacrime.
Mi sento annientata, ho fatto un torto tremendo a Can, l'ho incolpato di tutto, non gli ho creduto, a causa mia se n'è andato, ho difeso quell'uomo dando la colpa a lui.
A questo punto sono più che sicura che sia stato Yigit a bruciare il diario, la sua accusa era tutta una bugia come quella dell'infortunio.
Huma lo ha sostenuto in questa messinscena per dividermi da Can, sua madre ha preferito veder partire il figlio purché non stesse insieme a me.
Sono devastata, non mi rendo conto di dove sto camminando finché all'improvviso il piede finisce  in parte oltre il bordo del pontile e mi ritrovo nell'acqua gelida del Bosforo.
Il respiro si blocca nell'impatto, il peso dei vestiti mi porta a fondo, i miei polmoni bruciano ma non fanno più male delle lame che sento conficcate nel cuore al pensiero che ho perso l'uomo della mia vita a causa della mia stupidità, della mia ingenuità.

Ti ho perso amore mio... dove sei adesso?
Ti ho perso per sempre.... mi sento andare sempre più giù, sono persa, sono disperata, è tutta colpa mia, il silenzio del mare mi circonda... forse in questo modo potrei trovare pace...
Vorrei vederlo solo un'ultima volta come nei sogni che mi hanno cullato in questi mesi... era così bello sentirsi stringere tra le sue braccia, sentire la sua carezza tra i capelli.
Lui era tutto per me ed ora non c'è più... per colpa mia... è tutta colpa mia.... mi sto lasciando andare.... vado sempre più giù...

Quando ormai mi sento di perdere i sensi e comincio a pensare che sia finita sento una stretta decisa che mi prende la mano, mi sento tirare con forza.

Sto sognando?

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