LHONG

ห้าสิบ(H̄̂ā s̄ib)

Jeab s'apprestava ad entrare per la terza volta, dall'inizio di quella settimana particolarmente stressante, nella clinica. Sottobraccio una borsa contenete qualche spuntino ed un pigiama appena acquistato. Sapeva benissimo che suo fratello non necessitava di tutti quegli indumenti ma, procurarseli, portarglieli e nascondersi dietro a quelle necessità, la faceva sentire un po' meno fragile davanti ai continui rifiuti del ragazzo di incontrarla.

Inoltre, la ragazza quel giorno custodiva con sé un messaggio rivolto al fratello.

La sera precedente, inaspettatamente, una persona si era presentata a farle visita chiedendole di poter consegnare una lettera a Lhong. La donna, all'inizio, si era dimostrata restia nel portare a termine quell'incarico, la paura che quel pensiero potesse turbare ulteriormente suo fratello aleggiava nel suo cuore.

Jeab non si fidava di nessuno.

Il suo desiderio di proteggere il suo amato Lhong da tutto e da tutti l'aveva già spinta in passato a commettere troppi errori così, dopo averne parlato con P' Kim, si era finalmente decisa a trattare il fratello come un adulto quale era, in grado di prendere da solo le proprie decisioni ma, soprattutto, lasciare che il ragazzo imparasse a difendersi da solo in modo equilibrato e coscienzioso dai dolori del mondo.

In quel momento, la donna, si trovava in quella maledetta sala d'attesa pronta a consegnare il suo affetto al fratello ed in cambio ricevere l'ennesimo rifiuto.

"Sawadee ka" la salutò con un sorriso gentile la donna alla scrivania "Sawadee ka" rispose la ragazza "Sono venuta a portare queste cose a Lhong" continuò porgendo la borsa per permettere all'infermiera l'ispezione. "Ho ottenuto il permesso da P' Kim di fargli avere anche questa" continuò porgendole la lettera debitamente sigillata. Nonostante la curiosità, Jeab si era imposta di non violare la privacy del fratello trattenendosi dal leggerne il contenuto. "Grazie" concluse la giovane nell'atto di andarsene.

"Aspetta" la fermò la donna prendendole delicatamente un braccio "Puoi consegnarglieli tu stessa. Lhong ha dato il consenso. Perché non lo raggiungi? In questo momento dovrebbe trovarsi nella sala comune del primo piano" continuò dolcemente annuendo.

Il cuore di Jeab esplose contemporaneamente alle sue lacrime.

Mettendo da parte l'educazione e le buone maniere si lasciò andare ad un pianto liberatorio e gioioso come non le capitava da tempo. Finalmente avrebbe potuto riabbracciare Lhong, stringerlo a sé mostrargli quanto gli era mancato e quanto lo amasse profondamente e senza riserve.

"Mi scusi" singhiozzò la donna asciugandosi il volto "Mi spiace" continuò cercando di trattenersi.

La donna le si avvicinò catturandola in un abbraccio picchiettandole dolcemente la mano sulla schiena come se fosse una bambina. "Tranquilla tesoro, non ti scusare. Comprendo perfettamente il tuo stato d'animo. Adesso fatti forza, lui ti sta aspettando."

La ragazza si perse per qualche secondo in quell'abbraccio materno di cui necessitava da troppo tempo. Ringraziando l'infermiera per la sua cortesia, cercando di sistemarsi al meglio, si diresse verso l'ascensore con il cuore piangente colmo di felicità.

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Lhong si aggirava sospetto davanti a quell'oggetto in grado di suscitare in lui emozioni così forti e disarmanti.

Avanzava di qualche passo si fermava, ritto e circospetto, con lo sguardo incollato a quei tasselli neri e bianchi che lo chiamavano a loro sussurrandogli dolci suoni.

La caposala li aveva liberati dalla loro prigionia soltanto per lui.

Ora il ragazzo si trovava a pochi passi da quello strumento titubante e spaventato sul da farsi. Non era la prima volta che compiva quei gesti, da qualche giorno la sua routine era sempre la stessa. Passeggiava agitato con le mani infilate nelle tasche dei jeans strappati avanti e indietro davanti allo strumento per poi, dopo qualche minuto di contemplazione, allontanarsi e fuggire il più lontano possibile.