ยี่สิบเอ็ด (yi sip et)

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Lhong si allontanò il più velocemente possibile da tutti quegli sguardi giudicanti che lo osservavano allibiti.

Si aggirava come uno yōkai per quella spiaggia deserta, lasciandosi alle spalle le voci gioiose dei propri compagni ormai scordatisi dell'accaduto di poco prima.

Doveva andarsene da quel luogo e dirigendosi in una zona più appartata della spiaggia si maledì per aver ceduto alla tentazione di uno spiraglio di normalità.

Camminava velocemente, tremante e con il respiro affannato, tentando di ristabilire un briciolo di equilibrio nel suo io, quel tanto che gli sarebbe bastato per pensare ad una soluzione efficace.

D'un tratto inciampò in qualcosa o meglio in qualcuno.

"Ehi! Ma che cavolo!" la voce ostile di un ragazzetto lo spinse a guardare in basso, era talmente assorto nella sua disperazione, da non essersi accorto di essere andato a sbattere contro una coppietta intenta a regalarsi qualche istante di piacere reciproco.

"Ma non puoi guardare dove vai?" continuò la ragazza.

Perso il momento romantico e forse tornata lucida, la giovane ne approfittò per scrollarsi di dosso l'adone improvvisato e, dopo essersi alzata e ricomposta con non troppo garbo, si rivolse a quest'ultimo: "Beh senti! Mi sa che non è serata" poi, incerta si incamminò verso le luci della festa.

"Ehi! Ehi! Aspetta Anong dove vai?" il ragazzo si preparò all'inseguimento della sua dolce preda non prima di aver litigato con la cerniera dei jeans. "Dai non fare così, ci stavamo divertendo no?" e rivolgendosi a Lhong con tono irritato esclamò "Grazie tante né! Con tutto il posto che c'era, dovevi venire proprio qui?" poi, sospirando sparì dalla sua vista.

Lhong frastornato non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, si godette quella scena surreale che in un'altra occasione avrebbe definito terribilmente comica per poi posare lo sguardo su qualcosa di luccicante che ne attrasse l'attenzione.

Una bottiglia mezza vuota di Mekhong probabilmente abbandonata dalla giovane coppia, gli si mostrava invitante e tentatrice e lui, senza rifletterci più di tanto, ne accettò l'invito.

In piedi, con lo sguardo perso mentre sorseggiava quel liquore così speziato e rovente che gli scivolava fino in fondo alle viscere e con la mente ancora più annebbiata di prima, sentì finalmente il suo corpo rilassarsi.

Il mare.

Quella massa d'acqua scura illuminata solo dal chiarore lunare. Calmo e sereno pronto a regalargli un'illusione di felicità senza tempo.

Il ragazzo lo guardava in silenzio, mentre le voci dei suoi compagni si facevano sempre più distanti e, quei maledetti versi che gli appartenevano si dissolvevano nella sua mente lasciandola completamente vuota.

Un richiamo.

Un suono proveniente dalle profondità di quello spazio nero e immenso di fronte a lui gli carezzava i timpani.

Il dolce canto di una sirena lontana che, lo spingeva verso gli abissi di quelle acque chete ma allo stesso tempo in subbuglio, che altre non erano che il riflesso del suo io più profondo.

Quell'innocente melodia lo chiamava a sé ed il ragazzo incantato non potette fare altro che cercare di raggiungerla.

Sempre più distante sempre più al largo.

Nemmeno il freddo dell'acqua calma che s'infrangeva contro i suoi piedi lo distolse da quel desiderio.

Avanzare e raggiungere quell'infinito era l'unico suo scopo.

Lì dove non ci sarebbe stato altro che silenzio, solo la pace ed il vuoto.

Niente sogni, niente incubi ne speranze.

E Lhong avanzava lentamente, mentre l'orizzonte gli si presentava davanti agli occhi con un volto di una chimera dallo sguardo maligno simile a quello del ragazzo che aveva ferito.

Lo chiamava a sé, abbracciandolo nelle onde ed incitandolo ad avanzare senza curarsi del gelo che, dai piedi ora passava lentamente alle ginocchia, alla vita ed infine gli carezzava prima il cuore poi le guance.

Lui a quel suono non poteva e non voleva sfuggire. L'udiva esattamente come sentiva il suo corpo intorpidito da quel freddo che l'acqua di metà gennaio gli donava.

Più avanzava, più si inabissava, più tutto il suo dolore spariva ed infine la tanto agognata pace sembrava giungere da quella visione.

"Ancora un passo Lhong, soltanto uno" gli sussurrava l'oscura creatura.

E poi il buio. Anche il mare aveva smesso di parlare.

Nelle orecchie ora vi era solo un silenzio assordante.

Com'era rincuorante tutta quell'armonia, ma allo stesso tempo com'era inquietante tutta quella tranquillità.

A Lhong non restava altro che chiudere gli occhi e godersi quella pace eterna che, lentamente si insinuava nel suo corpo ghiacciato.

Ma il fato dispettoso non era ancora pronto a concedergliela: due braccia esili e spinte dalla forza dell'amore lo strapparono a quell'illusione.

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