สามสิบเจ็ด (S̄āms̄ib cĕd)

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"Puoi usare le mie ciabatte, tanto io preferisco restare scalzo" disse Lhong entrando in casa e porgendo i suoi calzari al più piccolo. Si guardò attorno sicuro che a quell'ora del tardo pomeriggio non ci sarebbe stato nessuno a disturbarli. Ancora non si capacitava del perché Kao fosse lì con lui sulla soglia di casa sua pronto ad invadere il suo mondo.

Dopo aver parlato, essersi chiariti e concordato di modificare il loro status in "ci stiamo frequentando", preso dall'eccitazione del momento aveva proposto al Nong di lasciare l'università per andare a casa sua col fine e la scusa di organizzare al meglio la restituzione prevista per l'indomani del famoso progetto di Composizione Musicale.

Inutile sottolineare su quanto quell'invito fosse risultato troppo allettante per il più piccolo, non poteva certo farsi sfuggire un'occasione del genere.

La sua curiosità su P' Lhong, sulla sua famiglia ed in generale sulla sua vita galoppava così sfrenatamente da mettere in secondo piano tutti i dubbi e le incongruenze della situazione appena vissuta.

Ecco perché all'alba delle cinque del pomeriggio, con il cuore colmo di eccitazione ed un briciolo di paura si trovava davanti alla porta della camera di P' Lhong pronto per scoprirlo e studiarlo neanche fosse l'ultimo esemplare di una specie aliena.

La stanza del P' si presentò ai suoi occhi sterile e priva di calore.

Le pareti di un colore beige lasciavano spazio ad un lettino stretto e lungo, ancora sfatto dalla mattina precedente, vestiti abbandonati sul pavimento, una scrivania totalmente spoglia, quasi a suggerirne l'utilizzo sporadico era sprovvista di qualsiasi elemento che ne sottolineasse la vivacità del proprietario. Lo schermo di un PC piuttosto costoso, una sedia da ufficio e giusto un porta penne.

Per il resto vi era solo il vuoto più totale.

Pareti nude e prive di personalità, non una foto che ritraesse amici, parenti conoscenti o idoli del momento, insomma nulla che potesse fare pensare che quella stanza appartenesse ad un diciannovenne. Mentre Kao si guardava attorno incuriosito Lhong, scusatosi per il disordine raccolse gli abiti per poi accatastarli senza troppa importanza nell'angolo vicino alla porta.

Fu allora che lo sguardo del Nong si soffermò su un oggetto che stonava in quell'ambiente, regalando l'illusione di una vivacità apparente.

Un bellissimo pianoforte a muro sovrastava con il suo colore nero lucido il bianco opprimente di quel luogo. Kao non potette fare a meno di avvicinarsi per osservarlo meglio. Nessuno spartito, nessun segno apparente che qualcuno ne avesse accarezzato i tasti da tempo, quel meraviglioso strumento se ne restava in attesa, dormiente nell'angolo più luminoso della stanza, o forse era proprio lui ad infondere un calore concreto a quel luogo.

"È davvero bello" si scoprì ad esclamare Kao mantenendo gli occhi fissi su quello strumento pieno di fascino e mistero.

Lhong incuriosito da quell'affermazione voltò lo sguardo verso Kao pronto a dare voce al pianoforte.

"No!" non fu un grido, bensì un esclamazione sofferta "Non suonarlo per favore" continuò, poi avvicinandosi al ragazzo riabbassò delicatamente il coperchio nascondendo i tasti al suoi occhi.

Guardarlo per Lhong era troppo doloroso, sentirne la voce l'avrebbe spezzato definitivamente.

Kao osservò il giovane porgere un rispetto quasi reverenziale nei confronti di quell'oggetto. Nel suo sguardo vi era solo una sofferenza immensa ed insanabile.

"Non sapevo che suonassi il pianoforte" disse Kao dolcemente stringendogli il braccio in segno d'affetto.

"Infatti non lo suono" rispose Lhong poi, correggendosi aggiunse "Non posso più farlo".

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