1. Di pessime idee e tragici sviluppi

944 59 25
                                    

«È una pessima idea.»

L'uomo smise di scrivere. La penna che impugnava rimase incollata al foglio per qualche istante, sospesa. Era un oggetto meraviglioso, una Montblanc stilografica in legno e platino, la stessa penna che un paio d'anni prima aveva siglato ogni pagina del mio contratto d'assunzione. Ricordavo bene il suo inchiostro deciso, il tratto magico che aveva trasformato la mia vita in una favola. Almeno fino ad allora.

«Credo di non aver sentito bene.»

La penna cadde emettendo un rumore insignificante, appena udibile, ma che nel mio cuore risuonò come un boato. Bang Si-hyuk - Hitman Bang, il mio capo - lasciò che la mano ora libera gli scivolasse tra i corti capelli corvini. Dopo di che, dinanzi al mio ostinato silenzio, sfilò gli occhiali e si stropicciò le palpebre.

«Sejin, puoi concederci un momento, per favore?»

Riluttante, incontrai lo sguardo di Sejin, il mio più caro collega - il mio mentore, a dirla tutta - che nel giro di pochi istanti aveva abbandonato il suo sorriso radioso per trasformarsi in una maschera di mortificazione e incredulità.

«Certo, capo.»

Fece in tempo a sollevare le sopracciglia così tanto da farmi sentire davvero una merda, prima di abbandonare la stanza.

«Signorina Lee, lei crede che io abbia avuto una pessima idea?»

Ahia! Avevo infranto la prima regola della BigHit, ovvero non parlare male del capo - e comunque mai con il capo davanti.

«No, cioè sì, davvero una brutta idea, ma non deve prendersela, capita anche ai migliori di non vederci chiaro, e io e lei magari non so, vede le cose dall'esterno e io invece le vedo...»

«Dall'interno?» completò lui, improvvisamente divertito. Di male in peggio.

«Dall'internissimo. Le garantisco che va bene così com'è, sia per me che per... loro.»

Il signor Bang continuò a sorridere mentre le dita tozze gli massaggiavano il viso. Erano solo le otto del mattino e lui pareva già esausto. Probabilmente la causa del suo sfinimento ero io - con tutti i miei ripensamenti.

«Bee, lascia che ti dia del tu, vuoi? Bene, se io fossi un uomo di pessime idee probabilmente noi non saremmo qui, adesso» incalzò, allargando le braccia mentre il suo piccolo corpo sprofondava nella poltrona di pelle. Inchiodati al candido muro alle sue spalle, un quantitativo esorbitante di premi e notizie incorniciate ridevano di me e della mia sfrontatezza, e per un istante mi sentì davvero - e intendo davvero - stupida e incompetente, oltre che ingrata.

«Signore, io non volevo dire questo. Mi scuso se l'ho offesa.»

«Scuse accettate. Per questa volta.» Il signor Bang sorrise, malizioso.

Aveva vinto.

«Ora, se davvero non volevi dire quello che hai detto e le tue scuse sono sincere, penso andremo d'accordo. Ci tengo molto, Bee. E so che ci tieni anche tu, più di quanto potrei mai immaginare. Ora vai, Sejin ti accompagnerà. Ci aggiorneremo nel pomeriggio.»

E maledicendo la sera in cui, a cena con Sejin e altri colleghi mezzi sbronzi, avevo inviato la mia candidatura interna per quella posizione, abbandonai l'ufficio del signor Bang.

*

Poche ore dopo, camminavo con Sejin nel braccio Ovest del palazzo, diretti alla Sala V. Si trattava di una stanza di dimensioni incredibili, capace di contenere un corpo di ballo al completo più tutte le crew accessorie: registi, cameramen, truccatori e paramedici. C'era anche - e ovviamente - un ampio spazio per il buffet. Entrai cauta, felice di vedere così tanta gente tra la quale perdermi e passare inosservata il più a lungo possibile.

About Last NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora