28. Più felici di così

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Il fansign ebbe un successo stratosferico.
Più glorioso di un muster, più spericolato di un open, ogni singolo dettaglio, dalle luci al make-up passando per il soundcheck e i gadget, poteva definirsi perfetto.

Il sole era calato da un pezzo quando finalmente le porte dell'anfiteatro del Lotte World si chiusero, restituendo alla realtà un'orda di fan in visibilio, persone che avevano appena vissuto il giorno più incredibile della loro vita. I ragazzi applaudirono così forte da far tremare le luci, e tutto lo staff sì unì al fragore, nessuno escluso. Bravissimi, grazie a tutti, fenomenali! Persino i più asettici e silenziosi piansero di nascosto, persino Hoboek non riuscì a darsi un contegno. Continuava a tirarmi pacche sulla spalla, gli occhi lucidi e gonfi, è andata bene ripeteva come un disco rotto, è andata proprio bene.
«Siamo in trending su 4 piattaforme! 12 milioni di like su twitter, 4 milioni e mezzo di retweet!». Sujizu, il silenzioso nerd che si occupava dello share, fece sentire la sua voce per la prima volta dopo mesi in cui avevamo creduto che avesse perso il dono della parola, generando boati entusiasti sul sipario. I fan stavano spargendo quell'incontenibile felicità online, inviandola ovunque nel mondo. La stampa non smetteva di parlarne, le piattaforme social erano letteralmente intasate di foto, video, post.

Io mi sentivo come se avessi appena inghiottito una stella.

Nel fragore degli applausi, Taehyung si tolse le scarpe. Vidi la carne bianca e tesa, il collo magro e la pianta affusolata, erano i piedi più belli che avessi mai guardato, così stanchi e liberi, erano i piedi dell'uomo che amavo. Sorrisi, avrei voluto toccarli, alleviare la fatica di quella giornata, stringerli al petto e baciarli, addormentarmi vicino a lui ancora vestito e pettinato, scalzo come un mendicante e bello come un dio. Lui si accorse dei miei occhi insistenti e con la mano nascose una piccola ferita, il tallone deturpato dalle scarpe nuove tenute troppo a lungo.

Il signor Bang telefonò per piagnucolare di gioia nella cornetta. I ragazzi si divertirono a prenderlo in giro mentre Namjoon fuggiva alla loro molestia, in cerca di un riparo in cui potesse ascoltare la voce del capo. Si scambiarono qualche battuta, Namjoon si commosse e mi raggiunse.

«Manager, è il capo! Vuole te». Mi strinse la spalla e schiaffò il telefono sudato sulla mia guancia, il sorriso in festa come farfalle in volo.

«Ragazza d'oro» gracchiò l'altoparlante, la voce rotta dall'orgoglio, «congratulazioni. Hai letto? Il primo fansign che sembra organizzato da un'ARMY».

«Ma io sono un'ARMY, capo».

Lui rise, facendo vibrare il cellulare che non smetteva più di trillare all'arrivo di milioni di notifiche.

«Questo è sotto gli occhi di tutti, signorina Lee».

Raccolsi la voce, sfoggiai il tono più professionale del mio repertorio, ma con Hoseok e Jimin appesi al mio collo era davvero complicato rimanere lucidi.

«Capo, cioè Signor Bang, io... grazie, davvero» fu tutto ciò che riuscì ad articolare, quand'ecco che la voce del signor Bang si fece seria, concitata.

«Bee, non so di preciso cosa tu stia facendo né come lo stia facendo ma ti prego, non smettere».

Riconobbi il passo incerato di Lenzo Yoon ancor prima di voltarmi, il volto integerrimo ammaccato dalla sconfitta, illuminato dall'ammirazione. Era venuto a congratularsi.

«Ti ho mancato di rispetto, e mi dispiace. Non mi scuserò mai abbastanza».

«Sei stato cauto, com'è giusto che sia».

Lenzo rise, chinò il capo grondante sudore dopo quelle dodici ore infernali e totalizzanti.

«Cauto? Sono stato uno stronzo mentre tu sei stata ambiziosa, ed è così che dovrebbe essere».

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