36. Film Out

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The words you whisper, the resonance

Wander aimlessly around the room

The fragrance I smell, the warmth I feel

As long as it lasts, as long as it lasts


Il sangue viene via facilmente.

Basta scivolare sotto l'acqua corrente per vederlo svanire. Da rosso cremisi a rosa, evanescente come un sortilegio, finché il getto torna limpido come un ruscello.

È tutto il resto a rimanere incrostato.

«Taehyung?».

La voce di Namjoon lo raggiunse, superò l'azzurro ospedaliero delle tendine; fu come una carezza sul cuore. Taehyung si voltò, cercò gli occhi del suo hyung oltre il camice immacolato del dottor Park. Taehyung, ti ho sempre creduto un mascalzone. Taehyung, sei una testa calda. Namjoon gliele aveva sempre dette, quelle cose, e lui aveva messo in croce la propria anima perché se le rimangiasse. Perché voleva essere degno di lui, del suo affetto rinfrancante. Il viso contrito di Namjoon s'illuminò.

«Stai bene?».

Taehyung levò in aria la mano ingessata e sorrise.

«Sano come un pesce».

«Come un pesce che non potrà nuotare per un paio di settimane» precisò il dottor Park con un sospiro, riguardando le radiografie controluce. Sentendosi tremendamente in colpa, Taehyung portò il braccio al petto, ma Namjoon gli sorrise con più calore.

«Aspetteremo, allora. Il mare non evapora in due settimane».

E forse Taehyung avrebbe voluto che Namjoon lo rimproverasse, che gli dicesse che era davvero un idiota. Avrebbe voluto dire che la vista gli si era offuscata, che era impazzito, che aveva perso il controllo. Ma la verità era che non era mai stato più lucido, concentrato, furioso, e che ricordava ogni fotogramma di quei minuti, ogni scricchiolio, ogni goccia di sangue, le ferite che si aprivano sulla pelle.

Aveva mirato al muro.

A quel pugno sospeso a mezz'aria Yoshi aveva tentennato, gli occhi chiusi per prepararsi all'impatto, i denti serrati.

Ma Taehyung non l'aveva colpito. Aveva mirato al muro, fratturandosi la mano.

Se lo avesse colpito gli avrebbe fatto del male, tanto male. La tentazione aveva accompagnato il colpo per tutta la traiettoria, e se la sua vita fosse stata diversa certamente l'avrebbe picchiato fino a farlo svenire, fino a fargli rimpiangere ogni singolo singhiozzo nel petto di Bee. Beeatrix. Sorrise alla fasciatura, alle bende che stringevano il gesso.

«Non le ho mai nemmeno chiesto il suo nome per intero».

Namjoon sedette sul bordo del letto, lo sguardo assorto. Gli posò una mano sulla spalla, gli occhi pregni di conforto.

«È scritto sul suo badge, Taehyung. Ce l'ha sempre appuntato al petto».

«Eppure io non l'ho visto. Non ho visto molte cose».

«Ma hai visto l'essenziale, Taehyung. A volte sembra poco, ma è davvero tutto quello che conta».

Rimasero in silenzio a contemplare quella verità, ma Taehyung continuava ad avvertire le fauci di un dolore misterioso flagellargli lo stomaco. Una paura ingiustificata eppure reale, il sentore di una tragedia silenziosa, come una valanga che borbotta sotto la neve.

«E poi non è colpa tua» aggiunse Namjoon, grave. «Abbiamo tutti ferite che non vogliamo mostrare».

E Taehyung pensò che forse era vero, o forse no. Avrebbe dovuto insistere, spogliarla dei suoi segreti e farsi mostrare ogni cosa, perquisirle il cuore. Invece l'aveva desiderata come la notte di Natale, con la gioia smodata dei bambini, senza preoccuparsi di curarla come lei aveva fatto con lui, dal primo istante.

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