43. Fino al giorno in cui ci rivedremo

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"Ci sarà sempre
un'altra opportunità;
un'altra amicizia
un altro amore
una nuova forza.
Per ogni fine c'è sempre
un nuovo inizio"
{Il Piccolo Principe}



Vattene, vattene vattene.

Taehyung si concentrava sugli oggetti, il naso premuto contro le vetrine dei negozi. Studiava borse, scarpe e cappelli, ma nel riflesso ingannatore generato dalle luci scorgeva cose indesiderate; fantasmi, illusioni, l'amore della sua vita che tornava.

Vattene, vattene vattene.

Si chinò ad esaminare il prezzo di un videogioco, ma in un guizzo colorato lei gli apparve accanto. Sussultò, si fece indietro, riprese fiato; aveva perso il conto, ormai. Bee continuava a sbucare come un fiore dal cemento, tra i regali preincartati e le grandi offerte solo per oggi; era il fantasma del Natale - già, ma di quale? Taehyung non avrebbe saputo dirlo; di certo, però, diffidava dal futuro.

Vattene, per favore per favore per favore per favore per favore per favore per favore per favore per fa -

«Ti senti bene?».

Hoseok gli mise una mano sulla spalla. Un cenno e ripresero a camminare, camuffati nel viavai che affollava Dongdaemun; il distretto dello shopping era stipato, si muovevano a rilento tra i passanti, intabarrati nei cappotti e nelle mascherine.

La rivide dopo cento metri, allungata come un'ombra sul dorso di un tostapane. Strabuzzò gli occhi, li stropicciò, provò a riaprirli. Svanita. Altri cinquanta metri e rieccola, così nitida e precisa che pareva fotografata.

«Porca puttana!»

Contro ogni previsione, Namjoon imprecò. Alle loro spalle, ingabbiata in una moltitudine di televisiori, Bee sorrideva. E non era una maledetta allucinazione, no; era il notiziario della sera.

«Cazzo, hyung, vieni a sentire!»

Jungkook spinse via qualche curioso, Bee galleggiava tra i cartelli scritti a mano - dieci comode rate mensili, prendi tre paghi due, il regalo perfetto per tutta la famiglia. Il maknae sfilò il paraorecchi, incollò la faccia alla vetrina sporca, mentre il mondo proseguiva la sua inarrestabile corsa.

«È lei, cazzo! Jimin, fagli alzare il volume!»

Jimin schizzò come un razzo nel negozio di elettrodomestici, costrinse il banconista ad abbandonare la nullafacenza in cui era immerso, l'audio sparato al massimo sull'inutile fragore generato dai passanti.

«È stato condannato a dodici anni di reclusione l'amministratore delegato di una nota etichetta discografica giapponese, Yoshi Sakurada. Grazie alla testimonianza delle vittime, tutte donne, l'uomo  - già noto alle autorità giudiziare per crimini quali truffa, frode, falso in bilancio - è stato condannato per favoreggiamento della prostituzione, abuso di potere ed estorsione. Il tribunale ha disposto un lauto risarcimento a favore delle compagnie danneggiate dall'imputato, tra le quali spicca la nostrana HYBE, che ha deciso di non commentare l'accaduto. Secondo indiscrezioni una former manager dell'etichetta di bandiera ha dato il via al processo rintracciando altre collaboratrici e convincendole a testimoniare contro Sakurada... »

*

Bang Si-hyuk sfilò gli occhiali. Li guardò come se li vedesse per la prima volta, li rigirò tra le mani. Attese. Lasciò che il ragazzo recuperasse il fiato, che la sua rabbia si posasse come neve su quel calmo mattino. Poi, quando fu certo di avvertire bonaccia nell'animo tempestoso del più giovane, parlò.

«Taehyung» scandì, adagio. «Io non ho licenziato la signorina Lee».

A poche ora della Vigilia, il signor Bang aveva accettato di riceverlo. Nessun accenno di fastidio, nemmeno una timida protesta. Al contrario, aveva risposto alla telefonata con la condiscendenza di un vecchio latitante. Taehyung non poteva saperlo, ma in cuor suo Si-hyuk aveva lungamente desiderato di poterlo incontrare. Così, quando i satelliti avevano bombardato i notiziari col volto amabile e coraggioso della signorina Lee, l'amministratore delegato di HYBE aveva stretto il cellulare e si era messo ad aspettare.

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