6. I like Tae view (you do?)

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Un rumore sinistro si levò dallo stomaco al mio fianco, un brontolio dapprima sommesso, quasi timido, che divenne presto qualcosa di molto simile ad un boato. La mano di Seokjin, candida e affusolata, mi tirava per la manica in cerca di soccorso.

«Manager» sibilò, «è ora di pranzo». Sollevai la testa per incontrare il suo sguardo mangificamente forgiato, schiuso in una espressione implorante, e le labbra rosee sgualcite dal tentativo di intenerirmi. Scoppiai a ridere, mio malgrado: Jin aveva il potere di farmi scompisciare semplicemente con un'occhiata, il repertorio delle sue espressioni facciali era tra le cose che più mi divertivano al mondo. Lui rise a sua volta, singhiozzando in modo caratteristico - come un tergicristalli, per citare Jimin - e i lucidi capelli scuri ondeggiavano a tempo, mentre - come avevo previsto - alle risate si aggiungevano nell'ordine Hoseok e Jungkook.

«Deve essere ora di pranzo» commentò Hoboek, guardandosi attorno, «la ridarella molesta delle pance vuote».

«D'accordo ragazzi, vi siete meritati una bella pausa pranzo» annunciò Sejin, battendo le mani. Ci unimmo tutti all'applauso prima di abbandonare le postazioni. Tra schiene scricchiolanti, stiracchiamenti, finti pugni e sbadigli, mi domandai se per caso potessimo trovare maggiore comfort in sedie con lo schienale e in un tavolo rotondo. Stavo per proporlo a Namjoon quando il signor Song, il portinaio, annunciò l'arrivo del pranzo.

«FINALMENTE!» urlò Yoongi, lanciandosi di corsa verso la porta. Suga non correva spesso, non amava muoversi più dello stretto necessario e senza ombra di dubbio non era un grande sportivo, e vedere i suoi capelli corvini ondeggiare ad ogni saltello era uno spettacolo buffo. Era pallido come il marmo del pavimento su cui camminava scalzo, le ciabatte verde scuro abbandonate ai piedi dello sgabello. Yoongi aveva un fascino esclusivo, qualcosa di misterioso e trascendente, quasi inavvicinabile, una bellezza pericolosa. Forse erano i suoi occhi, così taglienti, a farlo sembrare inusuale, ma gli bastava sorridere per ribaltare ogni pensiero tetro: Yoongi era tenebra e luce in una sola persona.

«E se mangiassimo fuori?» propose Jimin, speranzoso. I suoi splendidi occhi - gli occhi più dolci che avessi mai visto - brillavano all'idea di aver avuto una buona idea. Mi si avvicinò e, portando indietro i capelli chiari come la luna, giunse le mani.

«Manager, ti va di pranzare all'aperto? Abbiamo una vista spettacolare» continuò, e il suo sorriso simmetrico, quasi dipinto, mi corruppe. «Ma certo» balbettai, e lui mi abbracciò, esultante. Jimin era di poco più alto di me, ma la sua figura era così perfettamente delineata da farlo sembrare statuario.

«E sia, ragazzi, le avete tolte le foglie marce dalla veranda? O pranzeremo in un vivaio?» domandò Hoboek, tirando fuori una tovaglia da un cassetto.

«Se sono foglie morte sarà un mortaio» suggerì Jin, scoppiando a ridere con i suoi hyung.

«Vieni» mi invitò una voce inconfodibile, «ti faccio vedere la veranda».

Taehyung mi prese per mano, facendomi morire e poi rinascere due volte. La sua pelle era morbida, e pulita, e aveva quel sottotono ambrato che spesso con il trucco svaniva, ma Taehyung era praticamente forgiato nell'oro. Mi trascinò fino alla finestra senza suscitare particolare interesse in nessuno dei presenti, perché loro - lui - erano fatti così. Un carattere molto fisico, estremamente affettuoso, senza troppi filtri. Sapevo bene che V, al contrario di Namjoon e molto più similmente a Jimin, era diretto e smaliziato nei gesti.

«Anche il tuo appartamento non è male, ma qui siamo al settimo piano, e questa è la zona della casa che da sulla città» annunciò, con un sorriso - il suo sorriso, quel sorriso inconfondibile - mentre faceva scorrere i vetri.

«Ta-dan!».

Lentamente, lo raggiunsi fuori. Hannam si spandeva sotto di noi come un acquerello. Il cielo denso di Seul lasciava poco spazio ai raggi del sole, ma quel giorno l'aria era buona, e frizzante. Tutto era fresco, e piacevole, tutto era nuovo e magico, come in un sogno cucito apposta per noi. Inspirai.

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