epilogo: le promesse che manteniamo

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"Il fiore che nasce nelle avversità
è il più raro e il più bello
di tutti."

Tre mesi dopo, Parigi.

C'è un agrumeto, oltre le peonie. Fiorisce di nascosto, impasta l'aria col suo nettare dolce, odoroso di miele. È li che stanno andando. Attorno a loro la primavera, prati morbidi come carezze e cascate di petali colorati.

Taehyung conosce il giardino, ci è stato da ragazzo. È più bello di come lo ricorda, ma forse è lei a inondarlo di luce.

«Amore, fai attenzione a dove metti i piedi».

Con la brezza a spazzolarle i capelli, Bee risplende più che mai; sorride alle camelie, le iridi brune screziate d'innocenza. Taehyung perde il controllo, ha sete di baci. Si tengono per mano e lui barcolla, ignora le fronde dei biancospini e le radici degli alberi anziani, inciampa e ruzzola senza ritegno.

«Se cado me lo dai, un bacetto sulle ferite?» Adesso ripensa ai loro corpi tra le lenzuola, allo strofinio primitivo che li anima al mattino. Ha la bocca riarsa dal sesso, sulla lingua l'aroma del caffè che Bee ha bevuto, nuda e preziosa, tra le sue gambe aperte. «Prima però devi succhiare via il sangue, altrimenti s'infetta.»

Lei arrossisce, schiude le labbra martoriate dai morsi; quel ragazzo è immorale, ha il pudore di un branco di satanassi ma oggi è biondo come un angelo, resistergli è impossibile. Si strofinano, sono un'ape col suo fiore. Lui le bacia il palmo aperto, il dorso della mano sempre sporca di penna.

Di questo passo ci metteranno una vita; Taehyung non ha fretta, se il mattino ha l'oro in bocca allora lui ci vuole Bee. Il loro è un pellegrinaggio scostante, camminano piano e si baciano forte, sono turisti del loro amore.

Oltre le siepi, Parigi si spoglia dei languori notturni. Sprigiona una calda fragranza di pane, l'aroma burroso dei croissant appena sfornati. È il vivace risveglio delle rues, divora l'ansito violento di Seul.

Poco più avanti una radura di fiordalisi. Bee ripensa all'occhio meccanico della cinepresa - due, tre, quattro retake - a quando tutto era blu. Zoom su Taehyung e Bee lo ricorda, lui era blu come quei timidi fiori, come le ali di una farfalla. Un blu eccessivo, prepotente, ma lei lo avrebbe amato di qualsiasi colore.

Si baciano ancora, stavolta con più foga, col mondo fuori e la burrasca nel cuore. Dopotutto, Taehyung non ha comprato l'esclusiva dei giardini del Lussemburgo per niente.

«Si può sapere quanto cavolo ti è costato questo appuntamento?» domanda lei, allargando le braccia per incamerare quanti più ettari di terra possibile.

Taehyung getta indietro la testa, davvero non gl'importa dei turisti incavolati né tantomeno del denaro, per una volta vuole prendersi qualcosa e donargliela. Le afferra la nuca, coi capelli tagliati alle spalle la signorina Lee ha risvegliato in lui una debolezza primitiva, quella per il suo collo flessuoso. «Accetta e basta, per favore» sussurra. «Io voglio solo stare con te.»

È il gracchiare di un megafono a spaventarli a morte. E con loro, ovviamente.

A bordo di un golf cart pericolosamente instabile, Jungkook, Namjoon e Hoseok scorazzano per il giardino, seguiti a ruota da Jin e Jimin, complici e ribelli come due vecchie comari. Al centro del prato Yoongi sonnecchia, sordo al baccano.

«Voi due, prendetevi una stanza, ci sono minorenni in zona!» strilla Hoseok, sfiorando per un pelo la statua iraconda di Diana cacciatrice.

Sghignazzano come una banda di scolaretti e per dispetto Taehyung lecca Bee sulla guancia; Jungkook accelera, disgustato, si lascia dietro una scia di devastazione.

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