preview: ANTIS

308 25 5
                                    

«Certo signori Kim, manterremo l'assoluto riserbo. Buona serata a voi.»

Fine della chiamata.

«Bella merda» sibilò Sejin, disorientato. Non era stata una conversazione piacevole; in realtà, non era stata affatto una conversazione. I signori Kim avevano telefonato per pura cortesia; dopotutto, a loro dire, quella era una splendida notizia.

Barricati nella camera d'albergo di Hoboek, i manager sfilarono le cuffie. Se qualcuno avesse fatto irruzione li avrebbe scoperti artigliati alle poltrone, le unghie conficcate nei braccioli, a fissarsi come tre artificieri improvvisamente daltonici. Filo rosso o filo verde?

«E adesso che cazzo facciamo?» pigolò Bee, esausta. Solo poche ore prima, lei e Taehyung avevano risolto la faccenda della promozione. Aveva osato sentirsi felice, in tour per l'Europa coi suoi ragazzi, ma evidentemente l'industria del k-pop non concedeva gioie durature.

«Un altro problema, sempre problemi, solo problemi!» Hoboek scaraventò le cuffie contro la parete, imprecò. Per tutta la durata della telefonata si era immaginato spaparanzato sotto al sole dei tropici, al riparo dagli sguardi altezzosi dei signori Kim, ed era giunto alla dolorosa conclusione che no, non lo pagavano abbastanza. Bevve un sorso del soju che avevano stappato in via del tutto preventiva - un'ottima mossa, col senno di poi.

«Avremmo dovuto capirlo, non poteva essere una bella notizia. I signori Kim non telefonano mai» sottolineò Sejin, tracannando direttamente dalla bottiglia. «Mai

«E tu hai deciso di abbandonarci per andare a lavorare con Lenzo Yoon!» mugolò Hoboek, ingollando altro liquore. Il soju gli restituì calore, poiché nonostante i piacevolissimi venticinque gradi di Parigi aveva avvertito una folata siderale intirizzirgli i reni.

Bee corse a tenergli la mano, a tamponargli i sudori freddi con la locandina del concerto che i BTS avevano tenuto solo due giorni prima. «Smettila di frignare, ti ho già detto che il mio ufficio sarà accanto al vostro. Inoltre terrò i ragazzi nel fine settimana e li riaccompagnerò a casa ogni sera» promise lei, costernata.

Sejin scoppiò a ridere, una sigaretta penzoloni tra le labbra. «E queste, signore e signori, sono solo alcune delle ingegnosissime clausole elaborate da quella testa calda di Taehyung. Sai, sono curioso di sentire il resto.»

«Io no!» tuonò Hoboek, livido in volto. «È stato già parecchio disgustoso scoprire che voi due state insieme! Se conosco Taehyung e i suoi occhioni da Casanova le altre clausole saranno degne di un pervertito, quindi archiviamo questa conversazione raccapricciante adesso, grazie.»

Dopo un'intera bottiglia di soju bevuta in dieci minuti di religioso silenzio Sejin parlò, strappandosi la faccia con unghie.

«Dovremmo dirglielo. Confessiamo, tanto è solo questione di tempo» propose, svuotato. «Sentite, io non ce la faccio a guardarlo e fingere che...»

«Facciamolo» tagliò corto Hoboek. «Com'è che si dice? Una botta e via

Bee strabuzzò gli occhi, confusa, stavano perdendo colpi, tutti e tre. «Veramente sarebbe via il dente via il dolore ma va bene, ci siamo capiti.» Dopo una giornata del genere avrebbe solo voluto stravaccarsi nel morbidissimo letto dell'albergo a guardare candid camera, ma quella era davvero una grossa gatta da pelare.

«Glielo diciamo stasera» suggerì Sejin, improvvisamente fomentato. «Avrà due giorni di tempo per riprendersi prima della tappa di Berlino. E poi lui è molto... ordinato, mentalmente. Capirà, se ne farà una ragione, come fa sempre. Giusto?»

Col cazzo. Bee scosse la testa, tirò fuori dal minibar una seconda bottiglia di liquore. Che lui fosse comprensivo e ligio al dovere era un dato appurato, ma metterlo di fronte ad una notizia di quella portata era totalmente diverso. Chiunque avrebbe dato di matto.

About Last NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora