9. Miss Right

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Due mesi dopo

Mi guardai allo specchio e ciò che vidi mi emozionò al punto che dovetti ricacciare indietro le lacrime, o avrei rovinato mascara e blush in un colpo solo. Quello sarebbe stato il mio primo giorno da manager titolare. Già, perché il giorno prima, a due mesi dall'inizio di quella follia, il signor Bang mi aveva convocata nel suo ufficio per comunicarmi che avevo superato il periodo di prova regolarmente previsto dal nuovo incarico.

Sulla scrivania, accanto ai moodboard che avremmo utilizzato per gli outfit del winter package, il mio cellulare iniziò a trillare. Lo schermo venne invaso da notifiche a cascata di messaggi nel gruppo della band.

JK: capo capo capo capo

V: manager??

JM: manaageeeeer

RM: manager, dove sei?

SG: stiamo aspettando

JIN: sei in ritardo!!!

JH: e dire che il planning lo fai tu!!

Assalita dal panico, guardai l'orologio appeso sulla porta dell'ufficio che avrei iniziato a condividere con Hoboek per una metà, e con Kaki e Rho per l'altra. La riunione non sarebbe cominciata prima delle otto, ed erano ancora le sette e un quarto. Sicuramente mi stavano facendo uno scherzo. Risposi che erano in anticipo, ma che se avevano bisogno di qualcosa mi avrebbero trovata in ufficio, e che avrei preparato il caffé. Fu la chiamata di Hoboek a farmi trasalire.

«Non voglio ammorbarti, ma credo che tu sia davvero in ritardo» esordì il mio collega, imperscrutabile come al solito, «la riunione è stata anticipata alle 7. Come sarebbe a dire che non ne sapevi nulla? Beh, forse non hai controllato bene la posta. Guarda Bee, non credo che Yoongi si sia svegliato in anticipo per errore».

Chiusi la chiamata, afferrai le mie cose e mi precipitai fuori, diretta alla sala riunioni nell'edificio accanto. I corridoi dell'azienda erano popolati da membri dello staff e trainee, idol e addetti alle pulizie, indice del fatto che solo la nostra riunione era stata anticipata. Già, ma da chi? Cercando di non inciampare ricontrollai la posta in entrata, lo spam, il cestino, e non trovai niente di niente. Un sentimento sgradevole si presentò alla bocca del mio stomaco e fu felice di non aver fatto colazione in anticipo. La porta della sala riunioni mi si parò davanti, chiusa. Avvicinai la mano al pomello domandandomi come ci si sentisse ad essere in ritardo, ad interrompere il lavoro altrui, perché non mi era mai capitato in tanti anni di lavoro, e un senso incontrollabile di mortificazione s'impadronì di me. Oh, fanculo, pensai, sentendo il freddo del metallo incontrare la mia mano, e la porta si aprì.

«CONGRATULAZIONI, MANAGER!».

Dovetti chiudere gli occhi perché centinaia e centinaia di coriandoli mi vennero sparati addosso come morbidi proiettili, mentre il suono dei fischietti mi invadeva le orecchie, e per poco non inciampavo in una caterva di palloncini colorati. Grida festose e applausi invadevano l'aria, sovrastando a malapena la canzone in sottofondo che riconobbi essere Miss Right. Aprì gli occhi nel frastuono e quello che vidi mi sconvolse, perché non poteva essere vero.

La sala riunioni era stata addobbata con palloncini, stelle filanti e un enorme festone che recitava CONGRATULAZIONI BEE. Sull'enorme tavolo rettangolare, generalmente invaso da programmi, foto concept e proiettori, le portate della colazione erano state disposte in modo da somigliare ad un cuore, al centro del quale troneggiava una enorme torta di riso tinta di viola. Ma la cosa più emozionante fu vederli li, loro, schierati davanti a me, belli come il sole e dolci come un cielo di zucchero a velo, che cantavano. I miei ragazzi.

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