XXIV

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Quella mattina Charlie bevette il suo caffè osservando il vuoto fuori dalla finestra, il silenzio insolito gli permetteva di sentire il suo stesso battito cardiaco e quando sentì finalmente i passi di Bella scendere le scale sperò, con tutto se stesso, che fossero seguiti da un'altro paio di passi.

Ma ciò non accadde.

Ormai erano passate quattro settimane, quasi un mese, da quando Ashley Swan aveva abbandonato la sua casa di infanzia, lasciando indietro la piccola oasi felice che si era costruita.

Charlie cercò di persuaderla, una vana speranza di tenerla con se per ancora un po', fino alla fine della scuola. Ma Ashley non poteva, non voleva, rimanere in un posto che la stava deteriorando ogni giorno di più, costretta a vivere ogni secondo per il resto dei suoi giorno.

Nessun motivo, nessun tipo di persuasione la convinsero a rimanere, spezzando il cuore di Charlie ancora un po'; la sua scusa fu sua madre, un po' banale forse, ma fu l'unica cosa che poteva aver un minimo di senso. Raccontò a Charlie come la chiamò da un ospedale, di come avesse contratto un virus in uno dei suoi viaggi per il mondo e di come doveva vederla, pensando al peggio.

Charlie era troppo buono, la lasciò andare.

Ed è proprio in quel modo che Ashley si ritrovò a guardare la vita notturna che prendeva vita sotto di lei, osservando le strade della città di Londra da un tetto a caso. Nonostante la forte pioggia che cadeva come piccoli proiettili sulle strade, Ashley rimaneva ferma con solo una maglia a maniche lunghe, fradicia dalla testa ai piedi.

I capelli le si incollavano alla faccia ma non riusciva ad importarsene, si sentiva più vuota di prima, quasi dolorante al pensiero di aver lasciato tutto alle sue spalle, come se avesse lasciato un pezzo di se a Forks e forse, dopo tutto, era così.

La sua pace, tuttavia, fu tagliata corta quando sentì un movimento alle sue spalle. Avrebbe dovuto alzarsi, allarmarsi almeno, ma ormai non le importava più, non c'era modo per qualcuno di ferirla anche se la spingessero giù dall'edificio; ciò che la incuriosì, obbligandola a girarsi, fu il fatto che non sentì un un battito, un respiro, o il sangue che scorreva nelle vene di colui che la disturbò.

Quando si girò non vide nessuno inizialmente, ma guardando più attentamente nell'oscurità riuscì a vedere un'alta figura nascosta nel buio. La osservava come lei stava osservando lui, riuscì a notare un cappotto che arrivava fino al ginocchio e ciò che immaginò essere una sciarpa.

"Non ti stai bagnando un po', dolcezza?" chiese lo sconosciuto e Ashley sbuffò, tornando a guardare il panorama della città sotto di lei. "Non siamo molto socievoli devo dire, beh beccato che io lo sia"

La voce dell'uomo era rauca, profonda, e con passi leggeri come una piuma si sedette accanto a lei silenziosamente, decidendo di mantenere comunque una buona distanza.

Ashley ne approfittò per osservare il suo interruttore con la coda dell'occhio; notò subito il suo aspetto un po' trasandato, indicando il fatto che fosse un nomade, come la maggior parte dei vampiri. Solo i Cullen erano un'eccezione alla regola.

"Non ti ho mai vista prima...mi ricorderei di una bellezza come la tua" la sua voce fu come le fusa di un gatto, accarezzando Ashley con le sue parole, ma nonostante le smancerie rimase immobile al suo posto. Sentì l'uomo sbuffare, scuotendo la testa con un sorriso "Non ti fai colpire da semplici parole dolci, eh?"

"Cosa vuoi" rispose secca.

L'uomo girò la testa di scatto verso di lei e lei fece lo sbaglio di fare lo stesso, guardando negli occhi, occhi rossi come i suoi. Portava i capelli abbastanza lunghi per un uomo, leggermente più lunghi di quelli di Jasper e più scuri, quasi neri. Una leggera barba gli avvolgeva il volto e, nonostante tutto, doveva ammettere avesse un bel aspetto per qualcuno che sembrasse essere uscito da un cassonetto.

"Oh, ma quindi abbiamo una voce mia cara" si sistemò per lasciare una gamba a penzoloni giù dal detto e girando il corpo verso di lei "Beh, ero solo curioso se mi permetti. In questa zona non ci sono molti vampiri, qui a Londra intendo, e il fatto che abbia trovato qualche corpo ben nascosto nei vicoli della città ha preso la mia attenzione"

"Tuttavia" continuò l'uomo "La mia curiosità nasce dal fatto che nessuno si ferma troppo qui, nomadi vengono e vanno, però la tua presenza è rimasta ferma abbastanza da farsi notare. Ora dimmi, che ci fa una bella ragazza come te qua? Da sola? E soprattutto sotto la pioggia indossando poco e niente"

Ashley distolse lo sguardo, non più preoccupata dall'intenzioni di quell'uomo; sembrava docile, con una parlantina da far venire i nervi e solo curioso. "Non è come se potessi ammalarmi"

L'uomo accanto a lei batté la lingua contro i denti, annuendo leggermente. "Capisco, capisco" una pausa seguì la sua risposta "Ho come l'impressione che tu sia nuova in questo mondo, nel nostro mondo"

Lei annuì leggermente, non avendo altro da aggiungere. Avrebbe voluto alzarsi e andare via, tornare a Forks o scappare ancora più lontano, eppure la sua compagnia la calmò quasi; non parlava con qualcuno da quando aveva lasciato Forks, evitando le interazione con le persone il più possibile per non farsi notare.

"E' difficile adattarsi, lo so, specialmente se non è stata una tua scelta" l'uomo riprese a parlare "Ma se guardi il lato positivo-"

"Non c'è un lato positivo" disse a denti stretti Ashley alzandosi dal cornicione e iniziando a camminare, alzando gli occhi quando tornò in strada e lo sentì dietro di lei prendere il suo stesso passo.

Ashley era stanca, non aveva le forse per mandarlo via o cercare di seminarlo in una città che sembrava conoscere molto meglio di lei. Il suo comportamento però la straniva, specialmente quando sentì un materiale pesante appoggiarsi sulle sua spalle. "Non posso permettere ad una signorina di rimanere sotto la pioggia"

"Non ho bisogno del tuo aiuto"

"Però hai bisogno di compagnia" insisté "So cosa significa essere da soli, io sono il primo a preferire la solitudine in questi casi ma...certe volte dobbiamo accettare la realtà e capire che abbiamo bisogno di aiuto, no? E per tua fortuna io sono disposto a dartelo"

"Ma che gentiluomo" rispose sarcasticamente.

"Sempre. Ma in ogni caso, non mi hai ancora detto il tuo nome miss..." continuarono a camminare per le strade di Londra, la città quasi deserta a causa del forte aumento di pioggia e i pochi passati si stringevano sotto un ombrello occorrevano al riparo.

"Non me l'hai chiesto"

L'uomo alzò gli occhi al cielo e svoltò in un vicolo, Ashley lo seguì a ruota fidandosi per qualche strano motivo. "Beh, allora perdonami. Qual è il tuo nome miss?"

Ashley lo guardò, notando per la prima volta quanto fosse più alto di lei, quasi quanto...non era importante, scosse il pensiero dalla sua testa e riprese a camminare. "Ashley"

"Bene miss Ashley, il piacere è tutto mio" le mise un braccio intorno alle spalle, stringendola a se come un fratello farebbe. "Saremo un ottimo team"

"Non mi hai detto il tuo nome" disse dopo qualche minuto in cui camminarono in silenzio e l'uomo ghignò sotto i baffi notando come avesse usato la sua stessa frase di poco prima.

"Mi chiamo Garrett"

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