XXII

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Nulla era come prima.

Questa fu una conclusione a cui Ashley arrivò immediatamente, nel momento stesso in cui aprì gli occhi per la prima volta dopo aver provato il dolore più agonizzante di tutta la sua esistenza.

Non provava nulla, non sentiva dolore, eppure il ricordo di quel bruciore intenso si era inciso nella sua memoria.

Si svegliò da sola, in una casa che conosceva fin troppo bene ma che allo stesso tempo era completamente diversa; il disordine presente nel soggiorno, la polvere che riusciva a vedere sui mobili che non aveva mai notato ma specialmente un atroce odore di cane.

Rimase seduta sul bordò del tavolo ad osservare il vuoto, sentendosi vuota lei stessa. Sentiva tutto e niente allo stesso tempo, mille odori e rumori che scomparivano nella sua ente pochi secondi dopo.

Il rumore della corrente del fiumiciattolo a centinaia di metri da casa di Sam, le macchine che passavano a tutta velocità al bordo della foresta dove l'autostrada si trovava, le ali che sbattevano degli uccelli fra gli alberi.

Gli odori del bosco, dei fiori di Emily nel giardino, dell'acqua che inumidiva il muschio, il legno di cui la casa era fatta, la fragranza di Sam che riusciva a malapena a coprire quel forte odore pungente di cui ancora non sapeva la provenienza.

Ma la cosa che la fece sentire ancora più vuota, morta, fu la mancanza di un battito. Non riusciva ad andare nel panico perchè all'interno di lei il cuore non batteva, i polmoni non si costringevano bloccandole l'entrata d'aria, gli occhi non lacrimavano per quanto avrebbe voluto piangere fino allo svenimento.

Non sbatteva nemmeno le palpebre. Non respirava. Non viveva.

Era morta.

Chiuse gli occhi nella speranza di non risvegliarsi, o di svegliarsi nel suo letto dopo un brutto sogno, ma le uniche cose che vide quando chiuse gli occhi furono gli avvenimenti di qualche giorno prima.

Isabella, il bosco, il precipizio, la donna dai capelli rossi e infine il dolore.

Un dolore che col passare dei secondi tornò nella sua bocca, anche se sotto un'altro aspetto. Sentì quello stesso bruciore invaderle la gola, stringendogliela a costringendola ad aprire gli occhi, spaventata dall'idea di subire di nuovo una tortura del genere.

Tuttavia, questa volta, il dolore non la fece stare male o meglio, si, ma come se fosse un avviso.

Si rese conto di essere assetata e per quanto avrebbe voluto fingere di non sapere di cosa avesse sete sapeva perfettamente di ciò che avrebbe voluto bisogno, ma cercò di far finta di niente, alzandosi il più lentamente possibile dal tavolo e dirigendosi verso il lavandino.

I suoi tentativi furono vani però, ritrovandosi davanti al lavandino in una frazione di millisecondo, costringendola a reggersi al bordo per stabilizzarsi. Avrebbe voluto prendere un bel respiro, calmarsi, consolarsi, ma quando ci provò non sentì nulla, non riuscì a far entrare l'aria nei suoi polmoni per quanto ci provasse.

Si chinò sul lavandino, aprendo l'acqua e quando ne prese un sorso, ingoiandola, sentì la gola andare in fiamme, sputando l'acqua restante nel lavandino; tossì, come se l'acqua fosse diventata di punto in bianco veleno per il suo corpo e si accasciò a terra, stringendosi fra le sue braccia, singhiozzando.

Non poteva essere successo seriamente, non poteva essere quella la sua nuova realtà, eppure mentre singhiozzava inutilmente su pavimento della cucina del suo migliore amico d'infanzia si chiese perchè proprio lei.

Si strinse la testa fra le mani quando non riuscì a trovare conforto nel suo tentativo di piangere, era come se non riuscisse ad esprimere le sue emozioni; voleva distruggere tutto, radere al suolo quella casa piena di ricordi giusto per sentire qualcosa, qualsiasi cosa, perchè in quel momento si sentiva più vuota che mai.

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