Esco presto per andare a lezione. Mi gira la testa e sono ancora agitata per il sogno fatto. Ho bisogno solo di una giornata normale. Un folletto passeggia nell'aiuola coperta di fiori. Questo è abbastanza normale per me. Vado avanti. Stuart mi rimproverava sempre quando guardavo le creature magiche, insisteva che semplicemente dovevo ignorarle. Come se fosse facile!
Sono quasi arrivata quando lo vedo. Non l'ho mai visto prima. Se ne sta seduto scompostamente su un muretto davanti all'ingresso dell'edificio. Mi mordo le labbra e rallento, senza rendermene conto. Non appartiene al piccolo popolo, di questo sono certa. Sono abituata ad avere a che fare con folletti, fate o esseri simili. Hanno un'aura diversa. Non è neppure un fantasma. Potrebbe essere una visione? No, è troppo reale.
Il ragazzo è alto, slanciato, con capelli castano ramati che gli ricadono sul viso affilato. Indossa una felpa del campus e un paio di jeans. Ha una strano sorrisetto. Noto delle piccole cicatrici che quasi sembrano brillare sulle labbra carnose. So che non è umano. Ma allora cos'è?
L'unica possibilità è ignorarlo. Normalmente quando vengono ignorate le creature non ti danno fastidio. Inspiro a fondo e cammino senza fermarmi.
La creatura sembra intenta a leggere un libro. Lancio uno sguardo alle pagine. Con un groppo in gola mi rendo conto che sono bianche. Chi leggerebbe un libro senza parole? Non mi fermo. Aumento il passo. Il rumore dei miei anfibi contro il pavimento m'innervosisce. Devo solo rifugiarmi in aula, là sarò al sicuro. Nessun essere magico mi ha mai disturbata dentro un'aula. Sembra che ci sia un'assurda regola magica per cui gli esseri fatati non possano parlarti o aggrediti mentre segui una lezione. Forse sono allergici alle spiegazioni. L'aula è quasi vuota. Prendo posto e lascio cadere a terra la borsa. Nessuno mi ha seguita. Mi sfugge un sospiro di sollievo. È stato troppo semplice. Cerco di non pensarci. Non devo agitarmi, va tutto bene. Ovviamente mi sbaglio.
La lezione di questa mattina è su Eliot. Il professore sta citando la canzone d'amore di Prufrock."Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D'uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?...Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi"-Decisamente poco graffiante il nostro Prufrock- dice una voce alle mie spalle.
Un brivido mi percorre la schiena. So di chi è questa voce. L'ho sentita nel mio sogno. Non potrei mai sbagliarmi.
-So che non sei umana- continua in un sussurro. È dolce, sensuale, ma anche pericolosa. –Potresti voltarti, cara?-
-Non parlo con il piccolo popolo- mormoro, lo sguardo puntato sul mio quaderno. Continuo a scrivere, ma non sto più prendendo appunti. Stringo con forza la mia penna a forma di coniglio. Traccio ghirigori privi di senso. Ho il cuore in gola e la bocca secca. Sento uno strano calore a livello della nuca, dove, sono certa, lui sta puntando il suo sguardo.
STAI LEGGENDO
A Norse Myth: L'amore ingannevole
أدب الهواة(COMPLETA) Non gli dico nulla, non voglio rovinare questo momento. È malinconicamente perfetto. Ed è ingannevole. Fa quasi sperare che tra noi ci possa essere il lieto fine. ❤❤❤ Pearl è sempre stata una ragazza strana. Timida, malinconica, inquieta...