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Yerim si prepara ed esce di casa senza mangiare, l'ultima cosa che vuole è sentirsi male per via dell'ansia, dirigendosi al Pledis coffee. Digitandolo su internet non è riuscita a trovarlo, preoccupandosi dunque di trovarsi di fronte a una truffa, però fortunatamente al termine dell'e-mail era indicato come raggiungerlo.
Arriva in una via molto ampia al centro della città e svolta un'ultima volta, giungendo in una stradina molto meno trafficata. Non ci sono negozi o bar, se non un vistoso locale sulla destra dall'ampia vetrata che si affaccia sulla strada, contornata da decorazioni bianche e oro, vantando uno sfarzo che non passa inosservato in quel posto deserto.

Yerim si guarda intorno mentre si avvicina, cercando di mettere a fuoco il posto in cui si trova. Sembra un vicolo di periferia, nessuno direbbe mai che quella stradina si trova nel centro di Seoul, poi riporta lo sguardo sull'insegna del locale e legge 'Pledis coffee'.
Si ferma a qualche metro dall'ingresso e osserva il locale. Le mette i brividi quel posto, i rumori della città sono come ovattati e non c'è traccia di anima viva.

'Yerim, hai altre opzioni?' si chiede, cercando di infondersi la forza necessaria per entrare. Prende un bel respiro ed impugna la maniglia placata d'oro della porta d'ingresso, spingendola lentamente. Non si fa domande quando si accorge che è aperta, probabilmente perché stanno aspettando lei, ed entra.
Se prima il posto le sembrava sfarzoso, quello era niente in confronto all'interno del locale: è molto più ampio di quello che si potrebbe pensare dall'esterno, di fronte a lei al centro dell'ampio salone si trova un lungo bancone di marmo scuro lucido costeggiato da eleganti sgabelli di legno scuro, mentre ai lati vi sono delle poltroncine in velluto scuro e bassi tavolini di vetro.

Cammina a passo lento guardandosi intorno, i suoi passi sul pavimento di marmo bianco riecheggiano nella stanza, e si avvicina al bancone, provando un certo disagio in quel silenzio tombale, ma si fa coraggio chiedendo incerta "C'è qualcuno?"
Silenzio.
Nessuno accenna a comparire.
Riprova allora con più sicurezza "Scusate, c'è qualcuno?"

Questa volta sente dei passi farsi sempre più forti, qualcuno deve averla finalmente sentita e tutta la poca sicurezza che era riuscita a trovare sembra svanire appena compare una figura maschile alta e slanciata dalla porta oltre il bancone. Sebbene siano a pochi metri l'uno dall'altra, non riesce a vederlo bene. Il ragazzo indossa un cappellino con visiera nero e una mascherina dello stesso colore, la osserva attraverso la fessura lasciata libera per gli occhi. Gli unici dettagli che la ragazza riesce a scorgere sono i capelli biondo cenere, in contrasto con la sua figura scura, e uno spesso orologio a fasciargli il polso. Indossa una camicia nera con le maniche arrotolate a livello dell'avambraccio e dei pantaloni lisci scuri che gli fasciano perfettamente la vita stretta.

"Buongiorno, come posso aiutarla?" le chiede con estrema compostezza. Yerim riconosce quella voce, la stessa che le aveva risposto qualche giorno prima al telefono. Per qualche ragione l'aveva associata a un uomo più adulto, ma ora che la sente dal vivo o lo osserva, per quanto possibile, potrebbe dire che quel ragazzo ha giusto qualche anno più di lei. Ha una voce calda e a suo modo dolce, macchiata da un lieve accento che riconosce subito, lo stesso accento dei suoi amici coreani di Los Angeles, anche se nel suo caso sembra rendere le parole in qualche modo più armoniose.

"Buongiorno, il signor J. mi ha contattata per il colloquio dicendo di venire per le 2PM" spiega lei, sperando che il ragazzo si tolga la mascherina ora che lei si è presentata, ma così non è. La tiene, lasciando aleggiare un certo disagio fra di loro, o al,emo così è per Yerima, anche se compie un gesto che la stupisce.
Allunga il braccio oltre il bancone e le porge la mano, che lei prende incerta, e si presenta "Piacere, sono stato io a contattarla" stringendogliela delicatamente.
Lei ricambia la stretta "Il piacere è mio".

Le lascia la mano e la guida verso i tavolini a lato, dove si accomodano. Il ragazzo accavalla una gamba sull'altra e continua a guardarla nascondendo lo sguardo al di sotto della visiera del cappellino, constatando "Nel suo curriculum non ho letto alcuna esperienza lavorativa".
Lei si sforza di mantenere le mani sulle ginocchia e un timido sorriso, non volendo dare a vedere quanto sia nervosa, e annuisce "Esatto, ho da poco terminato di studiare negli Stati Uniti e non ho ancora trovato un lavoro, spero non sia un problema" cercando di mostrarsi sicura.

"Per lei lo è?" la prende in contropiede il ragazzo con voce sicura, facendole contrarre il viso in un'espressione seria "Assolutamente no, ho voglia di impegnarmi e darmi da fare".
"Perfetto, allora lasci che le illustri alcune regole per poter lavorare presso il locale" puntualizza il ragazzo, mantenendo lo sguardo fisso su di lei, e le ordina "Abbassi lo sguardo".

Yerim sgrana gli occhi e gli chiede "Mi scusi?" in tono retorico, convinta di aver sentito male.

"Le ho detto di abbassare lo sguardo" ripete lui stoico, con un tono di voce che la fa gelare sul posto. Yerim abbassa lo sguardo senza fare domande e lo ascolta "Bene. Abbiamo alcune regole qui, e mi aspetto che lei le rispetti nel caso decidesse di firmare il contratto".
Attende un cenno da parte della ragazza prima di continuare, la quale annuisce mantenendo la testa bassa, poi procede "Il nostro locale è frequentato da una clientela molto... variegata. Per questa ragione, dovrà tenere bene a mente ciò che le sto per dire".

Yerim annuisce nuovamente restando in silenzio, rivolgendo la sua completa attenzione al ragazzo, il quale espone la prima regola.

"Non le è concesso guardare i clienti negli occhi".

"Perché?" si lascia sfuggire Yerim, pentendosi di aver parlato nell'esatto momento in cui ha dato voce ai suoi pensieri.

"Non le è concesso saperlo" si limita a esporre il ragazzo.

Fra di loro cala il silenzio e lui, non ricevendo altre obiezioni, continua "Non le è concesso interagire con i clienti, a meno che non siano loro stessi a interpellarla".

La ragazza non replica, accenna solo a un movimento del capo, così lui procede "Non le è concesso chiedere ai clienti informazioni personali, a meno che non siano loro stessi a divulgarle".

Anche questa volta Yerim resta in silenzio, ripetendosi nella mente le regole che le sta esponendo il ragazzo, che continua "E, per ultima cosa, se qualcuno dovesse mai chiederle di servirle un BoomBoom, deve premere immediatamente il bottone che si trova al di sotto del bancone".

Shadow • SVTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora