27.

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Yerim apre lentamente gli occhi, li sente pesanti ma la luce che filtra, probabilmente da una finestra, è tanto forte da disturbarla. Si sveglia e lentamente si mette a sedere, gli occhi ancora socchiusi mentre si porta una mano alla testa per via di un dolore lancinante. Non ricorda cosa sia successo, ma non appena apre gli occhi si accorge di dove si trova: si tratta della sua vecchia stanza.
I ricordi della sua infanzia sono ancora impressi nella sua mente, vividi come se non l'avesse mai lasciata.

Sbatte le palpebre un paio di volte, assicurandosi di essere sveglia e che non sia semplicemente un sogno.
Si trova ancora lì, circondata da peluche rosa e bambole dai vestitini colorati.
Quanto sono cambiate le cose da allora.

Si alza lentamente dal letto, per qualche ragione si sente ancora debole, e improvvisamente inizia a collegare gli avvenimenti delle ultime ore.
Ricorda le sagome dei due clienti, il loro ordine sospetto, poi un forte odore pungente e tutto farsi scuro mentre un uomo la teneva ferma.
Rabbrividisce al ricordo 'Quella persona è stata mandata da mio padre?!'
Non riesce a credere che il suo stesso padre, quello che le leggeva le favole la sera in quello stesso letto rosa, sia lo stesso che ora ha mandato qualcuno a prenderla dopo averla stordita fino a perdere i sensi.

Si fa coraggio e si avvicina la porta, abbassando la maniglia nel modo più silenzioso possibile, e si affaccia cautamente con la testa fuori dalla stanza. Il corridoio è deserto, si sentono solo delle voci provenire probabilmente dal piano inferiore, perciò esce lentamente dalla stanza per osservarsi intorno: è ancora tutto come se lo ricordava, gli stessi quadri, la stessa carta da parati color zucchero, la stessa mobilia. Molte porte si affacciano sul corridoio e non riesce a ricordarsi ognuna di esse a cosa porti, si limita a seguire il corridoio fino alle scale, d'altronde si trova a casa sua... non dovrebbe avere paura, o forse sì?

Scende la scalinata di marmo bianco, guardando con curiosità l'ambiente circostante. Le sembra incredibile come quella casa possa essere rimasta così simile a com'era quando lei era piccola, eppure è tutto pressoché identico a come se lo ricordava, come se il tempo si fosse fermato mentre lei era via.
Non si rende nemmeno conto di essere ormai al piano terra, che un domestico la accoglie "Ben svegliata signorina Byun, spero si sia riposata. È un piacere riaverla in casa, posso accompagnarla alla sala da pranzo o preferisce attendere qui per il momento?"
Yerim sgrana gli occhi, quell'uomo ha un aspetto estremamente famigliare nonostante qualche ruga a solcargli il volto, inoltre quella voce inconfondibile conferma i suoi sospetti e esclama "Signor Lim!" non nascondendo la gioia nel rivederlo.
L'uomo lavorava nella casa da prima ancora che lei nascesse ed era stato lui a prendersi cura di lei quando i suoi genitori non c'erano. L'aveva accompagnata a scuola, a lezione di danza, l'aveva aiutata a imparare le tabelline e si era preso cura di lei, rivederlo di fronte a lei con i capelli ingrigiti dal tempo, le rughe a contornargli gli occhi e un paio di occhiali tondi sul naso è solo la prova che il tempo non si è fermato in quella casa, non sarebbe altro che un'illusione.
L'uomo le sorride "È passato tanto tempo, è cresciuta. È diventata davvero una bella donna... assomiglia così tanto a sua madre".

Yerim gli sorride a sua volta "Grazie..." cercando di non soffermarsi troppo sull'argomento "Mi stava dicendo che devo andare in sala da pranzo, giusto? Perché? Che ore sono?", il signor Lim controlla sull'orologio da polso e risponde "Le 12:24, il Signore starà per arrivare e gradirebbe che lei pranzasse con lui".
Yerim sente una morsa stringerle lo stomaco, non pensava che sarebbe stata quella la prima sensazione che avrebbe provato al pensiero di rivedere suo padre e pranzarci insieme, ma non può evitarlo sapendo ciò che ha scoperto su sua madre.
Ancora fatica a credere che suo padre possa essere coinvolto in qualcosa del genere, eppure per ogni spiegazione che ha provato a darsi non le tornano mai i conti, c'è sempre qualcosa che non la convince.

"A dire il vero non ho molta fame..." cerca di scusarsi la ragazza, ma l'uomo la anticipa "È un ordine del Signore, spero capirà" facendo intendere che alla ragazza non resta scelta se non accettare l'invito a pranzo, così gli sorride debolmente nella speranza di non dare a vedere la sua preoccupazione "Capisco, allora per il momento preferisco aspettare qui, lo raggiungerò fra poco".
Il domestico si congeda allora per tornare ai preparativi del pranzo insieme al resto del personale della casa, lasciando Yerim da sola nell'ampio salone. È illuminato dalla luce esterna grazie alle ampie finestre, eppure le sembra così asettico, probabilmente per colpa di tutti quegli arredi ormai démodé e quelle vecchie foto. Si avvicina a una delle cornici su un tavolino e la prende: è una foto dei suoi genitori, sono giovani, avranno poco più di vent'anni e sembrano così felici.
Lei non ha ricordi di loro due così spensierati e felici.

Posa la cornice nello stesso punto in cui l'ha trovata e si guarda intorno, cercando di non farsi travolgere dalle emozioni. Il pensiero che un uomo così felice e innamorato possa essersi immischiato in qualcosa di così orribile le sembra impossibile.

Yerim nota diverse porte lungo il perimetro della stanza, tutte in legno pregiato e con dettagli incisi, ma una in particolare attira la sua attenzione. Si tratta di una porta in metallo, dipinta nel tentativo di farla sembrare di legno, nascosta per una buona metà dietro una tenda. È situata in un angolo, ma questo non basta per passare inosservata, e la ragazza non riesce a trattenersi dall'avvicinarsi, guidata dalla curiosità.
Si avvicina cautamente, non c'è nessuno attorno a lei eppure sente che sta facendo qualcosa che non dovrebbe, si sente osservata, ma questo non basta a fermarla dall'avanzare verso la porta.
Arriva a poco meno di un metro e, nel silenzio del salone, rimbomba quello che sembrerebbe essere un lamento disperato proveniente proprio dalla porta che ha di fronte.

Yerim si gela sul posto, non riesce più a compiere nessun movimento, quel suono sembra come rimbombarle nella testa, appesantendole il petto.
Non può essere stato un lamento. Perché mai ci dovrebbe essere qualcuno in casa così disperato da urlare in un modo così straziante.

Un altro lamento.

No, non si era sbagliata.
Quel suono lo aveva sentito davvero.

Cerca con tutta la sua forza di fare un passo, poi un altro, ed infine arriva di fronte alla porta.
Non ha una maniglia, ma dietro alla tende si nasconde una tastiera per comporre un codice per aprirla, o così deduce Yerim. Sposta la tenda per osservare meglio quella tastiera, nel tentativo di capire se in qualche modo può capire qual è il codice, ma una mano le si posa sulla spalla cogliendola di soprassalto.

Shadow • SVTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora