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Joshua sospira, lasciandosi andare contro lo schienale del divano, e lei puntualizza subito "Non sei obbligato, è solo curiosità... voglio sapere cosa è successo a quelli che sono rimasti vittime di mio padre".
Lui mantiene un'espressione seria, concentra lo sguardo su una cornice posta di fronte a loro non molto lontana dal divano. È una foto qualunque, di una famiglia qualunque, che si è messa in posa per scattare una foto che sarebbe stata inserita nella cornice per venderla.
Joshua si alza e va a prenderla, tornando a sedersi vicino a lei, e la volta, iniziando ad aprire i gancetti per smontare la cornice. Yerim osserva ogni suo movimento senza proferire parola, seppur non stia capendo cosa stia facendo, ma presto realizza di cosa si tratta vedendo che la cornice nascondeva all'interno una vecchia foto consumata.

Joshua la prende con delicatezza, riponendo di lato la cornice contenente la foto promozionale, e osserva la foto che invece tiene fra le dita affermando "Il mio nome è Jisoo e questa è la mia famiglia". Yerim solleva le sopracciglia in segno di stupore, studiando con attenzione quell'immagine: si tratta di una vecchia foto di una coppia con un bambino di fronte a loro, non avrà più di sette anni.
Lui continua a spiegare "Qui eravamo in vacanza insieme, era una calda giornata d'estate, a Los Angeles le temperature sono sempre state folli come ben sai, e i miei genitori avevano deciso di portarmi al parco acquatico. Glielo avevo chiesto per così tanto tempo che non mi sembrava vero avessero finalmente acconsentito" sorridendo mentre guarda la foto con nostalgia "È l'ultimo ricordo felice che ho con loro. Quell'autunno l'azienda di mio padre ha chiuso per problemi economici e la mia famiglia ha dovuto affrontare dei problemi economici. Ricordo che mio padre ci disse di aver trovato un lavoro all'estero, in Corea del Sud, e che presto tutto si sarebbe risolto. La situazione è rimasta stabile per qualche mese, lui continuava a viaggiare per lavoro, io e la mamma non lo vedevamo spesso, finché un giorno non abbiamo più avuto sue notizie". Joshua si interrompe per qualche secondo, senza mai distogliere lo sguardo dall'immagine del padre.

"Non molto tempo dopo, ricordo di essere tornato a casa dopo scuola e non aver trovato mia madre in casa. C'era tutto a soqquadro e sangue sul pavimento, ma di lei nessuna traccia. L'ho cercata dovunque quel giorno, sperando che si fosse nascosta in casa, come mi aveva insegnato in caso di pericolo, ma non riuscii a trovarla. Dopo qualche ora, quando ormai non riuscivo a fare altro che piangere, sentii un rumore provenire dal piano di sotto e delle voci sconosciute, di due uomini. Mi nascosi sperando che non mi trovassero, ma presto vennero a prendermi e mi fecero uscire, ricordo ancora la paura con cui sono strisciato fuori da sotto al mio letto sperando che non mi facessero nulla" continua a raccontare il ragazzo, rivivendo ogni singolo momento come se fosse appena successo mentre guarda con dolcezza l'immagine della madre, affrontando ancora una volta quel trauma indelebile nella sua memoria.

"Per fortuna mi sbagliavo, quegli uomini non volevano prendermi, volevano salvarmi" ricorda, sorridendo debolmente.

"Erano due scagnozzi di Bumzu, l'uomo che ci ha salvati tutti e che ancora ci protegge da tuo padre. Stava tenendo sotto controllo l'organizzazione da mesi e sperava di riuscire a salvare chiunque rimanesse vittima di quella gente. Così quel giorno mi hanno spiegato che l'organizzazione era venuta a prendere mia madre, e che presto sarebbero venuti per me. So che potrò essere stato stupido, mi sono fidato di due sconosciuti, ma vedendo il sangue di mia madre sparso per casa non ho visto altre opzioni se non fidarmi, e si è rivelata la scelta giusta perché Bumzu mi ha fatto crescere nell'ombra della società, senza che l'organizzazione riuscisse a trovarmi, permettendomi di salvarmi" conclude così il suo racconto, riportando lo sguardo su Yerim che stavolta non è riuscita a trattenere le lacrime, due silenziose lacrime hanno solcato le sue guance mentre ascoltava il ragazzo senza nemmeno che se ne rendesse conto.

"Ehi ehi no, non piangere" esclama Joshua, rattristato dal vederla in quello stato per colpa sua, sapeva che parlarle del suo passato non avrebbe potuto farle bene. Appoggia la foto sul tavolino di fronte al divano e si volta verso di lei, che sta tentando di asciugarsi le lacrime invano, dato che presto altre lacrime le bagnano le guance "Scusa, n-non dovrei piangere... sei t-tu quello che ha sofferto, s-scusami".
"Yerim, guardami" le dice dolcemente Joshua, sperando che il suo tono possa in qualche modo infonderle un po' di pace, ma non ottiene il risultato sperato "Quello che è successo, fa parte del passato. Non possiamo fare nulla per cambiarlo, ma possiamo provare a fare in modo che nessun altro soffra in questo modo".

Lei ancora fatica a parlare con fermezza, la voce vacilla quando prova a rispondergli "C-come puoi dire che fa parte del p-passato?"
Sa benissimo che non dovrebbe essere lei a piangere fra i due, d'altronde è stato lui a soffrire in un modo che nemmeno pensava fosse possibile, ma l'immagine del piccolo Joshua che vaga in casa sua in cerca di sua madre, fra le pareti insanguinate, e tutto per colpa di suo padre, l'ha sopraffatta più di quanto pensasse. Quando gli aveva chiesto di raccontarle la sua storia, pensava che sarebbe stata in grado di affrontare qualunque cosa lui le farebbe raccontato, ma di certo non si aspettava questo, un bambino cresciuto senza genitori, strappatigli da suo padre per soldi, cresciuto nell'ombra, nella paura di essere trovato.

"I miei genitori sono qui con me, non mi hanno mai lasciato" spiega lui, portandosi una mano al petto "E l'unica cosa che posso fare per renderli fieri di me è vivere la vita che loro avrebbero voluto per me e essere felice".
Lei ricambia il suo sguardo e gli chiede "E pensi di esserci riuscito?" scrutandolo nel profondo, in cerca di una risposta sincera, risposta che però non arriva e lascia solo spazio a un sorriso amaro.

Yerim sente di nuovo gli occhi farsi umidi, le lacrime non accennano a smettere.
Che domanda stupida, ovvio che non ci è riuscito.
Come avrebbero mai potuto volere i suoi genitori che vivesse nell'ombra, senza poter essere un ragazzo felice e spensierato come tutti, nella costante paura di essere trovato da quelle bestie.
Nessun genitore vorrebbe questo per il proprio figlio, è ovvio.

Joshua non sa come calmarla, si sente impotente di fronte alla figura in lacrime della ragazza, perciò fa l'unica cosa che gli viene in mente e ripete ciò che aveva fatto quando le era venuto un attacco di panico. Si siede più vicino a lei e la avvolge fra le sue braccia, portandosela al petto con quanta più delicatezza possibile.
La sente singhiozzare contro di lui mentre cerca di trattenere le lacrime, così prova a calmarla accarezzandole la schiena, e piano piano lei si rilassa fra le sue braccia respirando come lui le aveva mostrato poco prima.

Quando gli sembra che lei sia tornata in sé, senza smettere di accarezzarle la schiena, le sussurra "Potrà non essere la vita che i miei genitori volevano per me, ma ti assicuro che sono felice... ora però che la mia felicità è di nuovo in pericolo, non lascerò che tuo padre me la porti via. Prima ero un bambino impotente, ignaro di tutto, adesso invece so con chi ho a che fare, lo sappiamo tutti, e faremo di tutto per liberarci di lui". Non avrebbe voluto terminare quella conversazione con tutta quella cattiveria, d'altronde si tratta del padre della ragazza, ma non è riuscito a trattenersi.
Lei tuttavia capisce benissimo cosa intende e chiede insicura "Questo... significa che siete di nuovo in pericolo? Per colpa mia?"

Lui esita per un istante nel trovare la parole, ma le risponde "Prima o poi lo saremmo stati in ogni caso, non avremmo potuto continuare a vivere nell'ombra in eterno, sapevamo che era questione di tempo prima che ci trovasse. Ora che lo ha fatto, avremo finalmente modo di attuare la nostra vendetta e riprenderci le nostre vite".

Yerim non risponde, non sa cosa dire.
Non li biasima, è più che comprensibile che vogliamo vendetta, ma allo stesso tempo la preoccupa il pensiero di riavere di nuovo di fronte suo padre. Ora che ha capito che uomo lui sia, delle forze di cui dispone e di quanto sia spietato, rabbrividisce al solo pensiero di avere a che fare con lui e non riesce a capire come Joshua possa essere così sicuro che riusciranno ad avere la meglio su di lui e su un'organizzazione così potente.
"Sei sicuro che ce la farete? Io... non hai paura di quello che potrebbe succedere?"

"Yerim, ho avuto paura per così tanto tempo che ormai è diventata parte di me, di noi. Non le permetto più di dominarmi, può solo spronarmi a liberarmi di lui, e ti assicuro che faremo tutto ciò che è in nostro potere per riavere le nostre vite e uscire dall'ombra in cui ci ha rilegati tuo padre" afferma con decisione, sentendola allontanarsi da lui. Lascia andare la presa e la osserva, è visibilmente più calma e riesce finalmente a rispondergli con fermezza "Allora vi aiuterò".

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 01, 2023 ⏰

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