17.

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Quel sabato sera, fortunatamente, non succede nulla fuori dalla norma se non qualche cliente che esagera con l'alcol, senza tuttavia disturbare Yerim o gli altri clienti in alcun modo. Non sa se sia per la presenza di Jun, ma si sente più tranquilla e a suo agio durante il turno, infatti lo ringrazia a fine serata per aver acconsentito a lavorare con loro "Grazie Jun, so quanto tu sia stanco dopo il turno la mattina presto, ma la tua presenza stasera è stata davvero d'aiuto".
Il ragazzo si toglie il grembiule e le sorride, spettinandole delicatamente i capelli con la mano "Figurati, è stato un turno movimentato perciò non ho avuto modo di annoiarmi".

Yerim sorride felice "Spero comunque che non ci sia bisogno del tuo aiuto per troppo tempo, non voglio che ti affatichi".
"Non ti preoccupare nanerottola, lo faccio con piacere" scherza il ragazzo, rivolgendole un sorriso scherzoso.
"Nanerottola?!" esclama lei in tono retorico, interdetta da quel soprannome. Arriva oltre alla spalla del ragazzo, un'altezza più che sufficiente per essere considerata più alta della media, eppure lui le ha affibbiato quel soprannome.
"Sì, nanerottola, e ora andiamo a dormire che è tardi" si affretta lui a dire, sperando di scappare dalla furia che sta per riversarsi su di lui, e infatti la ragazza esclama "Ya! Dove pensi di andare?! Non avevo ancora finito di parlare!" mentre lui si allontana ridendo.

Joshua osserva la scena da qualche metro di distanza. Non vede spesso Jun ridere, non così di gusto, gli era mancato il suono della sua risata spensierata. Sebbene gli spiaccia che sia frutto di una conversazione con la ragazza e non una qualunque altra situazione, non può negare a se stesso che quel suono è esattamente ciò per cui stanno lottando da anni, perciò ormai non ha più importanza ciò che gli da origine.
Se si tratta dei suoi fratelli, è disposto ad accettare tutto ciò che li può rendere felici.

Gli sfugge un sorriso e la supera, fermandosi davanti alla porta per chiederle "Non viene?" risvegliandola dai suoi pensieri. Yerim si guarda intorno un'ultima volta per accertarsi che sia tutto a posto, poi si volta verso di lui annuendo "Sì signore, arrivo" camminando verso di lui.
Spengono le luci e risalgono nell'appartamento, esausti e pronti a lasciarsi sprofondare nelle coperte.

"Un Rocket, grazie".
È quello il primo ordine di quella domenica pomeriggio.
"Certo signore, arriva subito" replica Yerim, battendo l'ordine alla cassa.
Il cliente ha una voce bassa, non troppo profonda, così calma da trasmetterle serenità. Nel ricevere i soldi, il suo sguardo scorre istintivamente sui vestiti che sta indossando, sono neutri, tali da renderlo irriconoscibile fra la folla. A primo azzardo direbbe che è uno studente considerando le poche caratteristiche a sua disposizione, e la sua teoria viene confermata nel momento in cui il suo capo si intromette fra di loro "Hey bro, how you doin'?"
Per sua fortuna, Yerim è diventata madre lingua inglese crescendo in America e non le sfugge quando Joshua chiede al ragazzo come stia procedendo la stesura della sua tesi di laurea.

I due devono essere amici stretti da come parlano, pensa Yerim, mentre il maggiore è alle prese con l'ordine dell'amico. Cerca di non dare ascolto alla loro conversazione, impegnandosi a rispettare la loro privacy, ma risulta più difficile di quanto pensasse dato che loro tre sono gli unici presenti al momento nel locale.
Continuano a parlare per qualche minuto, il ragazzo infatti si ferma al bancone dove sorseggia il suo Rocket, tenendolo con una mano che presenta un dettaglio fin troppo famigliare a Yerim: uno spesso anello al mignolo.

'Non può essere casuale' pensa la ragazza, ragionando su quanti anelli ha già notato nel corso della settimana, per non parlare del fatto che anche il suo capo e Jun ne hanno uno molto simile, se non identico. Inizialmente non ci aveva fatto caso, non aveva prestato attenzione ai dettagli degli anelli, considerandoli semplice bigiotteria, ma ora la somiglianza inizia a essere evidente, per non parlare della stessa posizione in cui viene portato.

' Dovrei chiederlo a Jun...' ragiona, consapevole che chiederlo al suo capo non sia un'opzione. Nonostante trascorrano insieme la maggior parte del tempo, le da ancora del lei dopo una settimana e non può nemmeno guardarlo negli occhi, tutti dettagli che non la fanno sentire del tutto a suo agio, a differenza di Jun che si sta rivelando un ragazzo introverso ma socievole, con il quale scherza e chiacchiera senza alcun problema.

"Mi sembra che le acque si siano calmate dopo la scorsa mattina" commenta il cliente, e un pensiero di forma nella mente di Yerim 'Sbaglio o... si tratta dello stesso cliente che è intervenuto insieme a Jun la scorsa mattina per placare Joshua?'
Il capo però ha giusto il tempo da rispondergli velocemente perché  arriva un altro cliente, allora il ragazzo si allontana dal bancone e va a sedersi a un tavolino, sul quale poggia il computer per iniziare a lavorare a quella che Yerim immagina essere la tesi di cui parlavano poco prima.
Il pomeriggio prosegue monotono e il ragazzo non si allontana per un solo istante dal tavolino, ordinando un altro Rocket a metà pomeriggio, facendo sorridere Yerim per la dedizione con cui sta lavorando. Le ricorda la vita che lei potrebbe fare in questo momento se solo non avesse rinunciato alla sua vita in America, sarebbe stata al college e avrebbe vissuto nella comodità in cui è cresciuta, senza dover lavorare per avere un tetto sotto cui vivere.

"Yerim?"

La vita che aveva in America era ciò che ogni persona sana di mente vorrebbe, eppure vivere in quella teca di cristallo non l'aveva mai resa davvero felice, era una vita opprimente, quasi soffocante. Era intrappolata nel lusso, controllata a distanza da suo padre che la faceva vivere nell'illusione di una libertà che in realtà la privava dell'unica cosa che avrebbe voluto veramente: risposte. Le era concesso tutto, tutto ciò che però non includeva la verità su sua madre e quello che aveva reso suo padre un uomo così diverso da quello che era.
All'inizio era rimasto lo stesso padre amorevole che l'aveva cresciuta, che le leggeva le favole nel letto prima di dormire, che la accompagnava la mattina a scuola, che la portava in ospedale a visitare la mamma ogni volta che voleva a prescindere dall'orario, riuscendo sempre in qualche modo a convincere le infermiere a lasciarli passare.
Quel padre devoto alla famiglia però era lentamente scomparso, lasciando spazio ad un uomo freddo e privo di emozioni.
Da quando l'aveva obbligata a vivere in America, aveva iniziato a farle visita sempre più raramente ed era ormai diventato per lei uno sconosciuto. Non lo vedeva da anni, dal suo sedicesimo compleanno per la precisione, e già allora le sembrava un uomo diverso dal padre che lei tanto amava. Da quando anche i pochi rapporti che avevano erano sfumati, le era parso sempre più chiaro che l'unico interesse del padre era tenerla lontana dalla Corea del Sud, lontana dal ricordo di sua madre.

"Yerim, mi ha sentito?" la richiama ancora una volta la stessa voce di prima.

"Mh?" chiede lei distrattamente voltandosi verso il suo capo fino ad incontrare involontariamente il suo sguardo.
Spalanca leggermente gli occhi, rendendosi conto di ciò che ha appena fatto, non riuscendo tuttavia a distogliere immediatamente lo sguardo dal suo. Non vedeva i suoi occhi dal giorno del colloquio, quando nemmeno sapeva che sarebbe stato il primo e ultimo giorno in cui avrebbe potuto vederli. Rivederli è in qualche modo diverso, non sa se sia per la consapevolezza che potrebbe essere davvero l'ultima volta o perché questa volta a differenza della precedente sono particolarmente espressivi, ma non si lascia sfuggire la luce di quegli occhi, così grandi e marroni che le sembra quasi impossibile non averli notati prima.

" "Mh" ?" la imita Joshua, stupito da quella risposta così informale, per poi continuare "Le ho chiesto se mi stava ascoltando, ma direi proprio di no. Posso sapere cosa la tiene così occupata dal non ascoltarmi nemmeno?" senza smettere di guardarla negli occhi.
Non intendeva che suonasse come un rimprovero, eppure ha usato un tono più severo di quanto volesse, pentendosi subito del modo in cui le si è rivolto.
Lei si schiarisce la voce, riabbassando immediatamente lo sguardo "Mi scusi signore, non succederà più".
Joshua sbuffa prima di continuare "Stavo dicendo che il turno è finito e sicuramente Jun avrà già preparato la cena, poi può restare sopra. Di solito la domenica sera non ci sono tanti clienti, perciò non ho bisogno che mi aiuti".

Yerim annuisce sorridendo, sollevata che il suo capo non sia arrabbiato e felice di avere finalmente una serata libera in cui potrà andare a dormire presto per godersi a pieno quello che sarà il suo primo giorno libero.
Sistema il grembiule nel suo armadietto e sale le scale insieme a Joshua, raggiungendo l'amico per la cena,

Shadow • SVTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora