CAPITOLO 13.

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Una strana nebbia fitta accerchiava la mia povera testa dolorante. Una sensazione di silenzio padroneggiava sul mio corpo e sulla mia mente...sentivo solo un grande vuoto attorno a me.

Riuscivo a percepire strane voci ovattate e sensazioni diverse, ma nulla di concreto.

La mia vista diventò piano piano una luce bianca accecante, pensai di stare per morire ma dovetti ricredermi appena vidi mia madre...ma non era sola, con lei c'era una bambina...quella piccola bambina di 5 anni ero io.

{{ quante volte ti ho detto che non devi parlare con i tuoi professori di quello che succede a casa?! }} mi urlò contro con cattiveria. La piccola me strinse forte il suo peluche, un orsacchiotto di nome Bonny, forte a sé e strizzò gli occhi cercando di trattenere le lacrime.

{{ s-scusa...}} sussurrò la sua voce sottile e tremante.
Mi fece davvero pena...poverina. Mi avvicinai a lei ma appena poggiai la mia mano sulla sua spalla, la mia pelle divenne invisibile e un vuoto si posizionò sul mio petto.

{{ scusa un cazzo! Non devi dire che tuo padre ti picchia! Piccola mocciosa. }} tirò una sberla sulla sua guancia destra rigata da una lacrima solitaria. Avrei tanto voluto poterla abbracciare, perché, essendo che quella bambina ero io, sapevo quanto in quel preciso momento avrei avuto bisogno di un abbraccio...di un appoggio mai avuto in vita mia.

{{ smettila cazzo! }} urlai a mia madre ma proprio come la me bambina sembrò non sentirmi, era come se non ci fossi per loro. Era un ricordo creato dalla mia testa incasinata.

Chiusi gli occhi e rilasciai il fiato. Li riaprii e lo scenario davanti a me cambiò.

La me di 13 anni era davanti allo specchio con gli occhi arrossati e gonfi. Girò la testa verso la sua destra mettendo a fuoco la lametta accanto a lei, con la sua mano tremante la prese e cominciò a infliggersi un dolore piacevole che per lei era innocente...non sapeva che però quella sarebbe diventata una dipendenza che l'avrebbe quasi portata alla morte.

{{ smettila...}} sussurrai con voce spezzata alla ragazzina che avevo davanti. Sembrò non sentirmi e continuò a incidersi tagli verticali e orizzontali sul polso, facendo attenzione a non farli sopra le vene più evidenti.

{{ BASTA! }} urlai mettendo le mani in testa, che, in quel momento, sembrò esplodermi.

Appena riaprii gli occhi mi ritrovai in un altro scenario diverso...il momento più brutto della mia vita, lo stavo rivivendo...di nuovo.

Il mio corpo inerme era steso sul letto, i miei occhi semiaperti erano arrossati e le mie pupille coprivano interamente le mie iridi verde chiaro. Quella ragazzina di 15 anni stava morendo di overdose su un letto sporco e sotto un tetto dove veniva solo trattata con i piedi.

Il mio battito era quasi assente, il mio povero cuore batteva una volta al minuto, il mio respiro era lento...quasi impercettibile.

{{ non di nuovo ti prego....}} sussurrai avvicinandomi al corpo morente della me quindicenne. La scossi un po' ma sembrò ogni secondo sempre più morta.

All'improvviso in stanza entrò mia madre che chiamò subito l'ambulanza.

Chiusi gli occhi cercando di non vedere quell'orrida scena ma fu impossibile...li riaprii e trovai i medici cercare di animarmi sul pavimento della mia camera.

{{ libera! }} gridarono dando un'altra scarica. Il mio cuore aveva smesso di battere, forse era stata la troppa droga ingerita nel giro di un'ora, o forse ero solo io che cercavo di morire una volta per tutte.

{{ libera! }}
niente.

{{ libera ancora cazzo! }}
niente.

{{ CAZZO SVEGLIATI. }} urlai accovacciandomi al mio corpo pallido e freddo.  

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora