CAPITOLO 33.

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Rose strinse tra le sue mani il tessuto morbido del mio vestitino, strattonandomi verso di sé ormai senza controllo.

{{ andiamo a bere qualcosa? }} chiese urlando per sovrastare la musica. Annuii freneticamente accompagnando il tutto con una fragorosa risata priva di lucidità. Ormai nessuna delle due era sobria, tanto meno io, che con poco più di un drink, già vedevo gli unicorni.

Mi prese il polso tra la sua piccola mano tiepida e mi trascinò verso il bancone, dove trovammo tutto il nostro gruppo intento a bere e chiacchierare tra fragorose risate.

{{ Lexyyyy! Dove cazzo eri finita! }} Zoe mi saltò con le braccia al collo. La strinsi a me facendola dondolare da una parte all'altra, quasi cademmo per lo scarso equilibrio.

{{ ehm io...non lo so! }} le scoppiai a ridere in faccia dandole anche qualche schiaffetto giocoso sulle braccia scoperte.

{{ beviamo! }} esclamò la ragazza rimasta alle nostre spalle. Alzai il pugno in aria trattenendo un conato di vomito, avrei pensato la mattina seguente a quello.

{{ no, no e ancora no. }} Dylan spense tutto il mio entusiasmo con solo cinque parole. Il mio pugno ancora in alto si abbassò lentamente, ma prima che potesse arrivare all'altezza del mio fianco, Dylan prese il mio polso con delicatezza.

{{ perché nooo? }} chiesi disperata facendo il labbruccio come una bambina capricciosa.

{{ perché già hai bevuto abbastanza. }} rispose cauto e serio. A differenza mia lui era abituato all'alcol, per ubriacarsi servivano più di quattro drink.
Su una cosa però eravamo simili io e Dylan, ci piaceva avere il pieno controllo delle nostre azioni, per questo lui tendeva a non esagerare mai, doveva sapere cosa gli stesse succedendo attorno e pensare lucidamente per ogni evenienza. Solitamente anche io ero così, non mi lasciavo un attimo di pausa, ero sempre in allerta, ma quella sera volevo godermela per bene, non pensando al dopo.

{{ non è vero, ha bevuto pochissimo. Tieni Lexy! }} Rose mi passò un bicchiere riempito da uno strano liquido verdognolo. Mi si illuminarono gli occhi e feci per prenderlo, se non fosse stata per una grande mano venose che anticipò le mie mosse.

{{ ho detto no. }} guardò severamente la ragazza che sbuffò. Feci un lamento infastidito e lo guardai male, per quanto fosse possibile, probabilmente avevo soltanto la faccia di un pesce lesso.
{{ no. }} ripetè per l'ultima volta tornando agli sgabelli insieme ai suoi amici, già brilli.
L'unico sobrio era lui, sempre in agguato e attento a non lasciarsi andare troppo.

Sbuffai buttando pesantemente le braccia sui fianchi, per un momento mi venne l'idea di lanciarmi a terra ed urlare, come una bambina viziata che voleva a tutti costi il suo giocattolo.
Ma per quanto potessi essere ubriaca, non era ancora arrivata a tal punto, o almeno, non ancora.

Mi avvicinai svogliatamente al bancone, poggiando la testa sul ripiano freddo in marmo nero con venature dorate. Senza alzare lo sguardo, mi sedetti in modo impacciato sullo sgabello in pelle nera, sentii una piccola risata, ma non alzai il capo.

La testa cominciò a girarmi il doppio ma non per questo mi arresi, volevo solo che quella serata fosse la mia, quella che avrei ricordato per sempre, anche se per metà, viste le mie minuscole capacità di reagire probabilmente mi sarei ricordata poco o niente di quei momenti, ma volevo comunque godermeli e dire "cazzo, l'ho fatto."

Sentii uno strano fruscio sopra la mia testa, alzai lentamente gli occhi arrossati e vidi un bicchiere davanti al mio viso. Il barista mi fece un occhiolino per poi mormorare "bourbon".
Sorrisi a trentadue denti, accettando quel bicchiere come se fosse acqua, nemmeno pensai avesse potuto mettergli della droga dentro, non mi importava in realtà.

𝕀𝕝 𝕗𝕣𝕦𝕥𝕥𝕠 𝕕𝕖𝕝𝕝𝕒 𝕡𝕖𝕣𝕧𝕖𝕣𝕤𝕚𝕠𝕟𝕖 || D. O'. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora